Cass. civ. Sez. II, Sent., 17-01-2012, n. 620 Testamento olografo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

S.R.M. citò, con atto notificato il 30 novembre 1992, innanzi al Tribunale di Trani, il padre A. ed il fratello S., per sentir dichiarare la falsità del testamento olografo, pubblicato il 10 febbraio 1982, con il quale la madre S.G. aveva diviso le proprie sostanze tra il marito – al quale era andato l’usufrutto della casa coniugale – ed i figli:

tutti i nominati nel testamento erano stati immessi nel possesso delle distinte quote; chiese di conseguenza che fosse dichiarata l’indegnità a succedere dei congiunti; in subordine chiese che fosse dichiarata aperta la successione legittima.

I convenuti si costituirono, resistendo alla domanda, sia eccependo lo spirare del termine di prescrizione della domanda di indegnità sia deducendo l’infondatezza delle affermazioni del congiunto in merito alla eterografia dell’olografo; il solo S.A. chiese la condanna dell’attore al pagamento dei canoni di locazione dell’appartamento rimasto nella disponibilità dell’attore.

Con sentenza del 5 febbraio 2002 il Tribunale dichiarò la falsità della scheda testamentaria e la conseguente apertura della successione legittima ma respinse la richiesta di declaratoria dell’indegnità dei convenuti, ritenendo maturato il termine di prescrizione decennale, fatto decorrere dall’apertura della successione; assegnò le quote di spettanza ai condividenti, condannò altresì l’attore al pagamento di somma per l’illegittima occupazione dell’appartamento.

La Corte di Appello di Bari, pronunziando sentenza n. 1059/2005, confermò la decisione di primo grado, riducendo però la misura dell’indennizzo per illegittima occupazione.

La Corte barese pervenne a tale decisione osservando – per quello che ancora conserva interesse in questa sede: a – che il capo di sentenza relativo alla falsità dell’olografo era ormai coperto da giudicato;

b – che correttamente era stata dichiarata prescritta l’azione di indegnità, proposta à sensi dell’art. 463 c.c., n. 6, decorrendo il relativo termine dall’apertura della successione e non già dalla scoperta del falso; c – che S.A. non aveva l’onere di accettare l’eredità in quanto non risultava nominato erede nel testamento poi risultato falso, risultando al contrario chiamato all’eredità solo a seguito dell’apertura della successione legittima.

Contro tale sentenza ha proposto ricorso S.R.M., sulla base di un unico – pur se variamente articolato – motivo; si è costituito S.S. con controricorso, illustrato da memoria.

Motivi della decisione

1 – Va esaminata in via prioritaria l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dal controricorrente per nullità della notifica agli "eredi di S.A." non già nell’ultimo domicilio del defunto, sibbene presso il difensore domiciliatario nominato nel giudizio di appello, sottolineandosi la conoscenza dell’evento da parte del germano R., avendo costui inviato, a distanza di cinque giorni dal decesso del padre, missiva indirizzata al contro ricorrente, con la quale si facevano valere i diritti derivanti dalla successione del genitore.

1/a – Ritiene la Corte che il rilievo, di per sè in linea con l’autorevole arresto delle Sezioni Unite di questa Corte espresso, al fine di dirimere un contrasto interpretativo, nella sentenza n. 14699/2010, non sia decisivo nella soluzione della controversia atteso che, come non si dubitava che il decesso della genitrice S.G. – della cui successione si controverte – avesse determinato la chiamata all’eredità solo delle originarie parti ( R., A. e S.S.), così il decesso del marito di costei non poteva determinare l’effetto di estendere la materia controversa a soggetti diversi dai due fratelli S.: in particolare, essendosi costituito anche in questo giudizio S. S., l’eccezione di cui trattasi ne viene ad essere sanata (cfr. Cass. S.U. 14699/2010 sopra citata); nè, va aggiunto, l’eccipiente S.S. ha sostenuto che vi fossero altri chiamati all’eredità di S.A. che avrebbero avuto diritto di partecipare al giudizio in luogo del predetto, oltre al fratello R.M. ed a se stesso, parti qui costituite.

2 – S.R. sostiene, nell’unico motivo, che la Corte del merito sarebbe incorsa nella violazione o falsa applicazione delle norme sull’apertura, la delazione, l’accettazione – espressa o tacita – dell’eredità e sulla prescrizione del diritto di accettare la stessa ( artt. 456, 457, 459, 474, 475, 476 e 480 cod. civ.); assume altresì che nella decisione sarebbe mancata una compiuta analisi della richiesta di escludere – per prescrizione del relativo diritto – S.A. dall’eredità di S.G..

2/a – Assume in proposito il ricorrente che erroneamente la Corte barese avrebbe ritenuto, da un lato, che S.A. non avesse l’onere di accettare l’eredità della defunta consorte, non essendo stato chiamato alla stessa (essendo stato riscontrato falso il testamento asseritamente redatto dalla moglie) e, dall’altro, che lo stesso, pendente il giudizio, sarebbe stato tuttora legittimato ad accettare l’eredità, in quanto originata da una successione legittima, oggetto di accertamento ancora non definitivo.

2/b – Contesta altresì il ricorrente il presupposto di tale argomentazione, che cioè il dies a quo della decorrenza del termine decennale per l’accettazione dell’eredità si ponga al momento della dichiarazione (giudiziale) dell’apertura della successione legittima e non già al momento della morte del de cujus, secondo quanto dispone l’art. 480 c.c., comma 2, in relazione all’art. 456 cod. civ., osservando che l’unica eccezione a tale principio sarebbe espressamente contemplata dal terzo comma dell’art. 480 cod. civ., nell’ipotesi del venir meno della dichiarazione di acquisto dei chiamati precedenti, rispetto al diritto di accettare dei chiamati ulteriori – per rappresentazione.

3 – Il motivo è infondato.

3/a – Occorre innanzi tutto premettere che non è stato proposto ricorso avverso la declaratoria di prescrizione del diritto di far dichiarare l’indegnità a succedere nei confronti sia del controricorrente sia del defunto S.A.; in secondo luogo il motivo di ricorso in esame si pone in una prospettiva "rescindente" del giudizio di legittimità, senza dunque che debbano essere in questa sede riproposte le domande che, sul presupposto della esclusione di S.A. dalla successione della consorte, erano state avanzate ed erano direttamente dipendenti da quell’accertamento – quelle cioè relative alla rideterminazione delle quote di spettanza dei soli figli: punto 3 dei motivi dell’appello, riportati nella sentenza della Corte barese; – debbono invece essere considerate oramai coperte da giudicato le domande non riconducibili alla materia controversa in questa sede, vale a dire:

quella relativa all’usucapione di metà della casa abitata dal ricorrente – punto 4 dell’appello -; quella attinente alla lamentata erronea quantificazione del valore delle singole quote – punto 6 dell’appello -; quella attinente alla rideterminazione dei conguagli derivanti dalle rendite percepite dai singoli eredi nel possesso dei beni caduti in successione, dal momento del decesso della de cujus al momento della concreta attribuzione, in esecuzione del progetto divisionale elaborato dal Tribunale di Trani – punto 5 dell’appello.

3/b – Va altresì rilevato che, come anche il contro ricorrente riconosce, la domanda di prescrizione del diritto di accettare era stata proposta dall’odierno ricorrente in sede di appello: essendo la causa iniziata prima della modifica dell’art. 345 c.p.c. ad opera della L. n. 353 del 1990 – e successive modificazioni – la relativa eccezione era proponibile benchè "nuova". 3/c – Ai fini poi della risoluzione della questione di diritto sopra delineata non possono essere delibate le circostanze di fatto enunciate – a quanto appare dalla lettura degli atti consentita in questa sede – per la prima volta nel controricorso (e comunque neppure documentate in tale atto), attinenti: a – all’accettazione, da parte di S.A., con scrittura privata autenticata successivamente alla pronunzia di primo grado – dei conguagli dovutigli a seguito della decisione del Tribunale di Trani; b – all’immissione in possesso dei beni ereditari.

3/d – Premesso quanto precede, giudica la Corte che la problematica che ne occupa sia inevitabilmente influenzata dal modo in cui si è aperta la successione legittima: la stessa, nella concreta fattispecie, trae origine da un dictum giudiziale che, dichiarando la falsità del testamento olografo della de cujus, ha posto in essere le condizioni per l’apertura di una successione ab intestato:

all’epoca dell’appello, poi, il relativo capo di decisione era oramai passato in giudicato.

3/e – Tale articolata situazione ha comportato che: a – S. A. era legittimato alla partecipazione del giudizio di primo grado in quanto si controverteva della nullità di un testamento che pur non nominandolo erede, tuttavia gli riconosceva un diritto reale su un bene ereditario; b – che il termine prescrizionale del diritto dello stesso S.A. – per gli altri chiamati la questione non è stata posta – di accettare l’eredità, era iniziato a decorrere dal passaggio in giudicato del capo di decisione sull’apertura della successione legittima – un anno e 46 giorni dopo la sentenza del 2002 del Tribunale di Trani – e non era ancora trascorso al momento del decesso del predetto – aprile 2006; e – che per partecipare alla divisione derivante dall’apertura della successione legittima, era necessaria una specifica accettazione dell’eredità – espressa operfacta concludentia – (sul punto vedi Cass. n. 10525/2010; Cass. n. 3696/2003 – sentenza quest’ultima che contrasta l’affermazione del controricorrente – che pure la allega a sostegno della propria tesi circa la non necessità di accettazione dell’eredità legittima – atteso che l’accettazione ex lege dell’eredità è determinata da tre fattori concorrenti:

dall’apertura della successione; dalla delazione ereditaria; dal possesso dei beni e dalla mancata tempestiva redazione dell’inventario-;) che come visto, non v’è prova che si sia verificata-. 4 – Ferma la validità teorica di tali argomentazioni, le stesse devono cedere all’assorbente considerazione che S.R. non ha uno specifico interesse a far escludere il defunto genitore dalla successione della madre dal momento che, come visto in tema di sanatoria della irrituale notifica del ricorso, continuano a stare in giudizio gli unici chiamati all’eredità di entrambi i genitori, con la conseguenza che, anche nell’ipotesi di eliminazione del padre dalla successione della madre, la quota del primo avrebbe accresciuto quelle di entrambi i figli, suoi successori, essendo prescritta l’azione di indegnità nei confronti del fratello S., oggi contro ricorrente.

5 – Il ricorso va dunque respinto e il ricorrente va condannato al pagamento delle spese, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese che liquida in Euro 4.000,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre IVA, CAP e spese generali come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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