Cass. civ. Sez. II, Sent., 17-01-2012, n. 619 Esecuzione specifica dell’obbligo di concludere il contratto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

B.S. citò R.M. innanzi al Tribunale di Ferrara al fine di ottenere sentenza che tenesse luogo del contratto di compravendita non concluso, agendo in forza di un preliminare sottoscritto il 5 marzo 1991, avente ad oggetto una unità abitativa con annessa autorimessa, locale di sgombero e corte comune, sita in (OMISSIS). A sostegno della domanda ed a riprova di aver pagato l’intero prezzo pattuito in lire 167 milioni, produsse:

il detto preliminare, portante la ricevuta di lire 15 milioni; una ricevuta di lire 45 milioni (con tre assegni di lire 15 milioni ciascuno) a firma del M. in data 10 agosto 1991; altri documenti di incasso di ulteriori acconti di lire 29 milioni e di lire 70 milioni; dedusse infine che in data 16 luglio 1992, nell’ambito di una più ampia pattuizione interessante anche altri rapporti tra le parti, era stato pattuito uno sconto di lire 23 milioni. Avanzò altresì domanda perchè fosse ordinato al convenuto di provvedere alla cancellazione delle ipoteche gravanti sull’immobile Il R., costituendosi, contestò l’autenticità delle proprie sottoscrizioni in calce alle ricevute per lire 29 milioni e per lire 70 milioni nonchè alla clausola di preteso "sconto" per lire 23 milioni. Verificata a mezzo CTU l’autenticità delle scritture contestate, venne ammesso e prestato dal B. giuramento decisorio sulla ricezione della somma di lire 70 milioni in contanti.

A seguito di tale istruttoria venne emessa sentenza ex art. 2932 cod. civ.; il convenuto fu altresì condannato a procurare la cancellazione delle ipoteche gravanti sugli immobili venduti.

Appellata tale decisione dal R., la Corte di Appello di Bologna, pronunziando sentenza n. 1067/2005, respinse il gravame e regolò le spese del giudizio; il giudice dell’impugnazione pervenne a tale decisione osservando – per quello che ancora conserva interesse nella presente sede di legittimità- a – che sarebbe stata tardiva – e quindi inammissibile – la censura di omessa valutazione del valore dei miglioramenti all’immobile compravenduto, contemplati nella scrittura del 16 luglio 1992 (in cui era previsto tra l’altro il pur applicato sconto di lire 23 milioni) al fine di valutare l’adempimento del promissario acquirente di offrire il pagamento dell’intero prezzo; in più l’intera ed articolata pattuizione sarebbe stata di difficile interpretazione; b – che correttamente si sarebbe condannato l’appellante a procurare la cancellazione delle ipoteche, non vertendosi in ipotesi di un facere infungibile, sibbene di un obbligo di condotta propria, diretta ad ottenere un risultato finale da parte di terzi; c – che il mancato accertamento della conformità dell’immobile alle leggi urbanistiche vigenti al momento della pronunzia – attese le variazioni eseguite sull’immobile dal R. – costituiva domanda del tutto nuova eppertanto inammissibile, non essendo stato neppure allegato in cosa tali opere sarebbero consistite e soprattutto se le stesse, se realizzate, avessero necessitato di una nuova concessione edilizia.

Per la cassazione di tale decisione ha proposto ricorso il R., affidandolo a due motivi; il B. non ha svolto difese.

Motivi della decisione

1 – Con il primo motivo viene fatta valere la violazione degli artt. 1362, 1363, 1364, 1366, 1367, 1368, 1369 e 1371 cod. civ., in relazione all’art. 2932 c.c., comma 2, sostenendo il ricorrente che con la scrittura privata del 16 luglio 1992 sarebbe stato modificato il contenuto delle obbligazioni del preliminare, senza che la Corte territoriale avesse delibato tale circostanza, prendendo in esame solo la parte dell’articolata pattuizione in cui veniva prevista l’applicazione di uno sconto di lire 23 milioni; in particolare si duole il ricorrente della violazione delle norme di ermeneutica che devono soccorrere in caso di clausole oscure o ambigue, al fine del riscontro della possibile loro interpretazione, quale quella che si dice suggerita nell’atto di appello.

2 – Con il logicamente connesso secondo motivo viene dedotta la contraddittorietà nella motivazione della Corte di Appello laddove, pur traendo spunto dalla presenza di una pattuizione "di sconto" prevista nella convenzione successiva, non avrebbe però ritenuto applicabili – quali parametri di riferimento della condotta adempiente del promissario acquirente- le altre, relative alla rivalutazione del 6% del valore della abitazione dal momento in cui la stessa era stata occupata (punto 4 della scrittura, riportata in ricorso); agli interessi del 12% al momento dell’acconto (punto 5 ibidem); agli interessi dal momento dell’acconto al saldo alla stipula del definitivo (punto 6 ibidem), con l’ulteriore conseguenza di escludere immotivatamente l’adempimento – o l’offerta di adempimento – di tali obbligazioni contrattuali al fine di ottenere la sentenza costitutiva ex art. 2932 cod. civ..

3 – Nessuna delle due censure merita accoglimento.

3/a – La Corte territoriale ha dato conto della impossibilità di ricostruire la reale direzione della volontà espressa nell’accordo del luglio 1992 per la particolare struttura dello stesso in cui più che di compiute espressioni di volontà, autosufficienti dal punto di vista logico, si sarebbe dovuto parlare dell’esposizione dell’esito finale di precedenti accordi negoziali, rimasti inespressi quanto a contenuto e quindi tali da non consentire l’integrazione con l’oggetto del preliminare o, comunque, espressi in maniera talmente sintetica da non permettere la definizione del loro oggetto; conferma la correttezza di tale approccio delibativo anche il fatto che lo stesso ricorrente afferma di aver suggerito nell’appello una possibile interpretazione degli stessi, senza peraltro esplicitarla nel ricorso, così venendo meno al limite della specificità del motivo imposto dall’art. 366 c.p.c., n. 4. 3/b – Appare dunque chiaro che, riscontrata come coerentemente motivata la impossibilità di dare alle pattuizioni ulteriori rispetto allo "sconto", uno svolgimento causale e logico, non potevano soccorrere le invocate norme ermeneutiche sussidiarie che, pur sempre, presuppongono una base espositiva sufficiente – come pure, un’adeguata allegazione del possibile contenuto da ricercare al di là dell’oscurità dell’esposizione – al fine di consentire a questa Corte un compiuto controllo in ordine all’esercizio del potere ermeneutico da parte del giudice dell’impugnazione.

4 – Il non soddisfatto onere di allegazione del contenuto "integrato" del preliminare priva di presupposto la censura – peraltro non compiutamente articolata – di violazione del potere-dovere del giudicante di verificare la sussistenza degli elementi costitutivi per l’accoglimento della domanda ex art. 2932 cod. civ.: invero l’eccezione di inadempimento avanzata dal R., se comportava un onere della controparte di dimostrare di aver adempiuto, prima ancora doveva trovare il suo presupposto logico nella specifica indicazione – da parte del preteso creditore – del contenuto del titolo complesso – preliminare e convenzione del luglio 1992, applicabile in parte qua – rispetto al quale si adduceva l’inadempimento.

4/a – Appare infine chiaro che a fronte di un’allegazione, che si assume contenuta nell’atto di appello, di un certo contenuto negoziale, controparte non era onerata dal difendersi contrastando l’interpretazione che la parte dava degli accordi aggiuntivi, dal momento che l’onere della dimostrazione dell’oggetto della prestazione, diversa da quella accertata dal Tribunale prima e dalla Corte di Appello poi, restava a carico del promittente venditore.

5 – Il rigetto del ricorso non comporta alcun onere di spese, non avendo parte intimata svolto difese.

P.Q.M.

La Corte Rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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