Cass. civ., sez. I 10-08-2006, n. 18113 ADOZIONE (DEI MINORI D’ETÀ) – ADOTTANDI – ADOTTABILITÀ – DICHIARAZIONE – MINORI CON GENITORI O PARENTI ESISTENTI- Diritto del minore ad essere educato nella propria famiglia

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con decreto in data 1.6.2004, il Tribunale per i minorenni di Torino, disponendo in via d’urgenza, confermava il provvedimento adottato ai sensi dell’art. 403 c.c., dai Carabinieri di Gavi mediante il quale la minore P.M., figlia di P.E. e di A. A., era stata sottratta alla famiglia ed inserita in una comunità e, rilevata la gravità della situazione, ordinava l’immediata apertura del procedimento per la dichiarazione della minore stessa in stato di adottabilità, il quale, all’esito della successiva istruttoria, veniva appunto dichiarato dal medesimo Giudice con provvedimento del 5.10.2004, unitamente al contestuale inserimento di detta minore in una famiglia provvista dei requisiti per la sua eventuale adozione.

Assumeva il sopraindicato Tribunale:

a) che esistesse un quadro indiziario tale da poter affermare la totale inadeguatezza del padre come genitore;

b) che la madre risultasse parimenti inadeguata;

c) che la minore apparisse soggetta al rischio di subire pesanti danni psicoevolutivi quand’anche fosse stata affidata ai nonni materni, A.P. e R.S., i quali non avevano instaurato con la nipote alcuna relazione significativa tenendo un comportamento rinunciatario ed omissivo.

Avverso la decisione, proponevano opposizione la madre ed i nonni anzidetti.

Il medesimo Tribunale, con sentenza dell’11/22.3.2005, respingeva le opposizioni e confermava lo stato di adottabilità della minore.

Avverso tale pronuncia, spiegavano appello tutti i menzionati opponenti.

La Corte Territoriale di Torino, nella sua specializzata composizione per i minorenni, mediante sentenza in data 12/19.7.2005, respingeva gli appelli, assumendo:

a) che quanto accaduto alla piccola P.M. risultasse gravissimo;

b) che principale responsabile di ciò fosse il padre, attualmente ristretto in carcere;

c) che altra responsabile fosse indubbiamente la madre, gravemente ed irrimediabilmente inadeguata alla funzione genitoriale;

d) che i nonni paterni avessero lasciato la bambina al suo destino adottivo, consapevoli di non poterla aiutare;

e) che i nonni materni, attraverso la loro presa di posizione "espulsiva" nei confronti della figlia, avessero trascurato l’esistenza di M., ovvero dell’unico soggetto realmente danneggiato, ben poco consapevoli delle sofferenze di questa e di ciò che la medesima aveva subito, laddove, del resto, se fosse vissuta con loro, la minore non sarebbe stata in grado di svincolarsi dal suo passato e dalle sue origini e si sarebbe trovata in un contesto familiare e sociale non favorevole se non addirittura ostile, vista la particolarità della situazione;

f) che, per poter recuperare il danno psicoevolutivo subito e per poter evolvere correttamente, la minore stessa dovesse proseguire il percorso di crescita avviato con buoni risultati nella famiglia affidataria.

Avverso detta sentenza, propongono distinti ricorsi per Cassazione A.A., deducendo un solo motivo di gravame, cui non resistono il curatore speciale della minore (in persona dell’Avv. Vitale Alida) ed il tutore di questa (in persona del Presidente del Consorzio Intercomunale dei Servizi del Novese), nonché A. P. e R.S., deducendo due motivi di gravame; cui non resistono il sopraindicato curatore speciale e la madre della minore.

Motivi della decisione

Deve, innanzi tutto, essere ordinata, ai sensi del combinato disposto degli artt. 333 e 335 c.p.c., la riunione di entrambi i ricorsi, relativi ad altrettante impugnazioni separatamente proposte contro la medesima sentenza, del cui esame congiunto si palesa l’opportunità involgendo essi la trattazione di questioni strettamente connesse.

Con l’unico motivo di gravame, dunque, lamenta la ricorrente principale ( A.A.) violazione della L. n. 184 del 1983, artt. 1, 6, 8 e 14, nonché motivazione insufficiente, inesistente e/o meramente apparente, assumendo:

a) che la Corte Territoriale, interpretando erroneamente gli atti emersi ed acquisiti nel procedimento, ha desunto lo stato di abbandono della piccola M. dalla ritenuta inadeguatezza della personalità della madre, superficialmente valutata all’origine del giudizio e mai più verificata;

b) che punto di partenza di tale iniziale decisione è la convinzione, totalmente infondata, secondo cui la A. doveva essere indagata per concorso nelle condotte del marito, senza, peraltro, considerare che la predetta era ed è, a sua volta, persona offesa dal reato;

c) che la Corte Territoriale si è limitata ad un apprezzamento negativo della personalità della madre della minore basandosi non su risultanze istruttorie emerse nel corso del presente procedimento, ma sulla semplice lettura dell’ordinanza di custodia cautelare del padre della stessa minore;

d) che tale Giudice non ha svolto un’istruttoria per valutare, con apprezzamento diagnostico, l’effettiva capacità genitoriale dell’odierna ricorrente, laddove la motivazione dell’impugnata sentenza si fonda su meri indizi, non riscontrati, palesandosi, pertanto, inesistente e, comunque, insufficiente.

Con il primo motivo di impugnazione, quindi, lamentano i ricorrenti incidentali ( A.P. e R.S.) violazione e/o falsa applicazione della L. n. 184 del 1983, artt. 1 e 8, deducendo:

a) che la Corte territoriale non ha colto la portata della normativa sopra richiamata, essendole sfuggito il carattere di preminenza e di assoluta priorità che ha il diritto del minore a crescere presso la famiglia di origine e che può cedere soltanto quando si verifichino le particolari condizioni dettate dalla normativa anzidetta;

b) che, nella specie, affidare la piccola M. ai nonni materni non farebbe che dare concreta applicazione ai principi che la L. n. 184 del 1983, intende perseguire;

c) che, infatti, l’inidoneità degli stessi nonni a vedersi affidata la minore è stata valutata dal Giudice del merito solo sulla base dei pregressi rapporti tra questi ultimi e la nipote, senza avere riguardo alla circostanza che il legislatore ha inteso favorire, ove possibile, l’inserimento del minore all’interno della propria famiglia di origine, indipendentemente dai pregressi rapporti fra l’adottando ed i prossimi congiunti, se vi è anche una sola possibilità che l’uno venga convenientemente accolto dagli altri;

d) che, nel caso in esame, i ricorrenti incidentali, non appena si sono resi conto della reale situazione della piccola M., hanno immediatamente offerto la propria disponibilità ad accoglierla tra loro, mentre la Corte territoriale si è limitata ad effettuare una mera constatazione circa i rapporti intercorsi in passato tra la minore ed i nonni.

Con il secondo motivo di impugnazione, poi, lamentano i ricorrenti incidentali contraddittorietà ed illogicità della motivazione su un punto decisivo della controversia, deducendo come la Corte Territoriale non abbia considerato con sufficiente attenzione la circostanza che, sebbene i rapporti tra i nonni materni e la nipote siano stati caratterizzati da una scarsa frequentazione, ciò è dipeso vuoi dalla lontananza delle rispettive città di residenza vuoi dal fatto che i medesimi ricorrenti non erano consapevoli della reale situazione determinatasi con il padre, laddove i predetti, appena raggiunta tale consapevolezza, si sono immediatamente offerti di accogliere la minore tra loro, senza che, del resto, il suindicato Giudice abbia sufficientemente motivato circa la ritenuta inidoneità "futura" degli stessi nonni, fondando il proprio convincimento sull’ostilità con cui il paese di questi ultimi avrebbe accolto l’arrivo della nipote. carattere di preminenza e di assoluta priorità che ha il diritto del minore a crescere presso la famiglia di origine L’unico motivo del ricorso principale ed il secondo motivo del ricorso incidentale non sono ammissibili. carattere di preminenza e di assoluta priorità che ha il diritto del minore a crescere presso la famiglia di origine Giova, al riguardo, premettere: carattere di preminenza e di assoluta priorità che ha il diritto del minore a crescere presso la famiglia di origine a) che, avverso le sentenze sullo stato di adottabilità pronunciate dalla sezione per i minorenni della Corte di Appello, il ricorso per Cassazione continua ad essere ammesso esclusivamente per violazione di legge, secondo la disciplina contenuta nel testo originario della L. 4 maggio 1983, n. 184, art. 17, giacché l’entrata in vigore della nuova normativa processuale (L. 28 marzo 2001, n. 149, art. 16 sostitutivo del richiamato art. 17) la quale ha esteso l’ambito dei motivi di ricorso per Cassazione avverso le dette sentenze, comprendendovi anche il vizio di motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, comma 1, è rimasta sospesa in forza della disposizione transitoria di cui al D.L. 24 aprile 2001, n. 150, art. 1, convertito, con modificazioni, nella L. 23 giugno 2001, n. 240, il cui termine di efficacia, dapprima fissato al 30 giugno 2002, è stato ripetutamente prorogato (al 30 giugno 2003, in forza del D.L. 1 luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, nella L. 2 agosto 2002, n. 175; al 30 giugno 2004, in forza del D.L. 24 giugno 2003, n. 147, convertito, con modificazioni, nella L. 1 agosto 2003, n. 200; al 30 giugno 2005, in forza del D.L. 24 giugno 2004, n. 158, convertito, con modificazioni, nella L. 27 luglio 2004, n. 188; al 30 giugno 2006, in forza del D.L. 30 giugno 2005, n. 115, convertito, con modificazioni, nella L. 17 agosto 2005, n. 168; al 30 giugno 2007, da ultimo, in forza della sopravvenuta L. 12 luglio 2006, n. 228, là dove questa, in sede di conversione del D.L. 12 maggio 2006, n. 173, all’art. 1, comma 2, ha espressamente statuito che "continuano ad applicarsi" fino al 30 giugno 2007 appunto le disposizioni di cui al D.L. n. 115 del 2005, art. 8, comma 2, e relativa Legge di Conversione n. 168 del 2005: Cass. 6 marzo 2003, n. 3333; Cass. 21 marzo 2003, n. 4124; Cass. 23 novembre 2003, n. 19862; Cass. 4 dicembre 2003, n. 18512; Cass. 3 giugno 2004, n. 10570; Cass. 2 novembre 2004, n. 21054; Cass. 12 aprile 2006, n. 8527), senza che, del resto, la persistente applicabilità della disciplina limitativa dei motivi deducibili con il ricorso per Cassazione possa venire esclusa dall’entrata in vigore del nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., come sostituito dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 2, applicabile a tutte (e sole) le sentenze pronunciate in grado di appello "successivamente al 2 marzo 2006", né si ponga in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., poiché, da un lato, rientra nella discrezionalità del legislatore stabilire, rispetto a tutti i destinatari che versino in una certa situazione, la decorrenza della data di applicazione di una nuova disposizione di legge ed anche differirne l’entrata in vigore per esigenze di ordine generale, laddove, dall’altro lato, la garanzia costituzionale del diritto di difesa si attua nelle forme e nei limiti stabiliti dall’ordinamento processuale, salva l’esigenza – nella specie rispettata – di garantire effettività a tale tutela (Cass. n. 3333/2003, cit.; Cass. n. 19862/2003, cit; Cass. n. 21054/2004, cit.);

b) che, infatti, ai sensi dell’art. 17, u.c., della già menzionata L. n. 184 del 1983, il ricorso per Cassazione avverso le sentenze rese in tema di declaratoria dello stato di adottabilità dei minori non soltanto è soggetto ad un termine dimidiato rispetto a quello ordinario, il quale decorre dalla notificazione di ufficio della sentenza medesima (Cass. 8 giugno 2000, n. 7848; Cass. 1 febbraio 2000, n. 1100; Cass. 26 gennaio 1995, n. 961), ma si inserisce in uno speciale procedimento, modellato sulle peculiarità della situazione sostanziale oggetto del giudizio che ne limitano l’ammissibilità, per espressa previsione della norma sopra citata (la cui questione di legittimità costituzionale, con riferimento agli artt. 3 e 111 Cost., è stata ritenuta manifestamente infondata, avuto riguardo appunto alla particolare natura della situazione giuridica dedotta,costituita dal diritto fondamentale del minore a crescere in maniera sana ed equilibrata, la quale richiede una rapida definizione di tale giudizio, nonché alla necessità della corrispondente differenziazione delle forme e dei modi della relativa tutela giurisdizionale: Cass. 23 dicembre 1995, n. 13100), ai soli casi di violazione di legge appunto, essendo poi siffatta locuzione da intendere nel senso che questa è inidonea a comprendere i vizi, contemplati dall’art. 360 c.p.c., n. 5, riguardanti la sufficienza e la razionalità della motivazione su questioni di fatto, implicando un raffronto tra le ragioni del decidere e le risultanze del materiale probatorio, mentre, per contro, integra gli estremi della violazione di legge in parola (ed è perciò suscettibile di venire denunziato con il ricorso de qua) esclusivamente il caso della mancanza assoluta della stessa motivazione, la quale si verifica, oltre che nell’ipotesi di sua totale omissione, là dove la medesima si dipani secondo argomentazioni del tutto inidonee a sorreggere la ratio decidendi (c.d. motivazione fittizia o apparente), ovvero logicamente inconciliabili tra loro, o perplesse, o, ancora, obiettivamente incomprensibili (Cass. 27 gennaio 1995, n. 1006; Cass. 19 aprile 1995, n. 4388; Cass. 5 agosto 1996, n. 7139; Cass. 24 marzo 1998, n. 3101; Cass. 26 aprile 1999, n. 4139; Cass. 18 dicembre 1999, n. 13419; Cass. 14 novembre 2003, n. 17291; Cass. 20 dicembre 2003, n. 19585; Cass. n. 19862/2003, cit.).

Facendo, quindi, esplicito richiamo alle considerazioni anzidette, in ordine ai limiti del sindacato di legittimità demandato a questa Corte in materia, risulta innanzi tutto evidente come, nella specie, l’odierna ricorrente principale, malgrado i riferimenti contenuti tanto nella rubrica ("Violazione della L. n. 184 del 1983, art. 1, 6, 8 e 14") quanto nell’esposizione ("La Corte d’Appello ? ha, sul punto, errato nell’interpretare la legge") del motivo in esame, abbia, in realtà, inteso censurare la stessa ricostruzione della fattispecie ad opera della Corte Territoriale per quanto concerne la sussistenza dello stato di abbandono, onde appare indubitabile che le relative doglianze, siccome attinenti, da un lato, al riconoscimento di tale sussistenza (alla quale, come noto, resta subordinata la dichiarazione in stato di adottabilità e la cui valutazione costituisce apprezzamento di fatto riservato al Giudice del merito nel senso esattamente che l’indagine sull’esistenza o meno, nel caso concreto, dei presupposti della suindicata dichiarazione, risolvendosi nell’accertamento di realtà storiche, rimane preclusa in sede di legittimità), nonché, dall’altro lato (e più specificatamente), all’omessa o erronea valutazione di circostanze o (al più) di risultanze probatorie, ovvero ancora al mancato espletamento di mezzi istruttori, sottendano la denunzia di vizi dell’impugnata sentenza inerenti alla motivazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, i quali, come accennato, non sono tuttavia suscettibili di venire dedotti con il ricorso per Cassazione, mentre, del resto, la motivazione anzidetta non risulta affatto inesistente o semplicemente apparente, avendo la Corte Territoriale, all’opposto, secondo quanto traspare dall’illustrazione dell’impugnata sentenza riportata nella narrativa della presente decisione, dato compiuto ed esauriente conto del proprio convincimento.

Del pari, per quanto attiene al secondo motivo del gravame incidentale, è dato di ricavare dalla stessa prospettazione dei ricorrenti come questi ultimi abbiano, in effetti, sotto i profili meglio sopra riportati, lamentato "contraddittorietà ed illogicità", nonchè "insufficienza", della motivazione su un punto decisivo della controversia, ovvero "in relazione alla dichiarazione di non idoneità dei nonni materni ad accogliere presso di loro la piccola M.", così palesando, di nuovo, la deduzione di censure che, per le ragioni illustrate all’inizio, non sono ammissibili in questa sede.

Circa, infine, il primo motivo del ricorso incidentale, si osserva che il principio ispiratore della disciplina dell’adozione, secondo cui il minore ha diritto ad essere educato nella propria famiglia di origine, incontra i suoi limiti là dove questa non sia in grado di prestare, in via non transitoria, le cure necessaire, né di assicurare l’adempimento dell’obbligo di mantenere, educare ed istruire la prole, che, quindi, viene a trovarsi in stato di abbandono, il quale non viene meno per il solo fatto che al minore stesso vengano prestate le cure materiali essenziali da parte dei genitori o di taluno dei parenti entro il quarto grado, risultando necessario, in tal caso, accertare che l’ambiente domestico sia in grado di garantire un equilibrato ed armonioso sviluppo della personalità del minore, senza che, in particolare, la valutazione di idoneità dei medesimi parenti alla di lui assistenza possa prescindere dalla considerazione della pregressa condotta degli uni in relazione all’altro, come evidenziato dalla L. n. 183 del 1984, art. 12, che espressamente richiede il mantenimento di rapporti significativi con il minore (Cass. 9 luglio 2004, n. 12662).

In tema di dichiarazione di adottabilità, cioè, qualora sì manifesti, da parte di figure parentali sostitutive, la disponibilità a prestare assistenza e cure al minore, essenziale presupposto giuridico per escludere lo stato di abbandono è la presenza di siffatti rapporti dello stesso con dette persone, giacché alla parentela la L. n. 184 del 1983, attribuisce appunto rilievo, ai fini della sopraindicata esclusione, solo se accompagnata dalle relazioni psicologiche ed affettive che normalmente la caratterizzano, a maggior ragione dopo le modifiche introdotte alla richiamata L. n. 184 del 1983, dalla L. 28 marzo 2001, n. 149, il cui art. 11, nel condizionare espressamente, in caso di decesso dei genitori, all’inesistenza di simili rapporti tra il minore ed i parenti entro il quarto grado la declaratoria di adottabilità, rende irragionevole una diversa disciplina con riferimento all’ipotesi di inidoneità dei genitori (Cass. 8 agosto 2002, n. 11993).

Nella specie, quindi, avendo la Corte territoriale, sulla base di un apprezzamento di fatto incensurate in questa sede per le ragioni meglio sopra illustrate, espressamente riconosciuto l’irrilevanza dell’offerta, da parte dei nonni materni, della loro disponibilità ad accogliere la minore "in relazione (alla) mancanza di un pregresso rapporto significativo instaurato con la nipotina", appare palese come, pur sotto le specie della falsa applicazione di legge, le doglianze dedotte dagli odierni ricorrenti incidentali con il motivo in esame, ancorché ammissibili, siano da ritenere comunque infondate.

Deve, pertanto, essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso proposto da A.A., mentre va (complessivamente) rigettato quello proposto da A.P. e da R.S..

Nulla è a pronunciare circa la sorte delle spese del giudizio di Cassazione, non avendo, in questa sede, alcuno degli intimati resistito o, comunque, svolto attività difensiva di sorta.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, dichiara l’inammissibilità del ricorso proposto da A.A. e rigetta quello proposto da A. P. e da R.S..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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