Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 06-06-2011) 15-09-2011, n. 34122

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con la ordinanza in epigrafe, il Tribunale di Catanzaro, adito ex art. 309 c.p.p., confermava l’ordinanza in data 3 novembre 2010 del Giudice per le indagini preliminari in sede con la quale era stata applicata la misura della custodia in carcere a B.S., in ordine ai reati di usura e tentata estorsione, aggravata ex D.L. n. 152 del 1991, art. 7, commessi in concorso con C.G. in danno di Ce.Da., cui, a fronte di un prestito di Euro 2.800, avvenuto nell’ottobre del (OMISSIS), da parte del B., era stato imposto di corrispondere a titolo di interessi entro il gennaio 2009 la somma di Euro 1.200, pari a circa il 257 per cento annuo, ed al quale venivano rivolte pesanti minacce, tramite il coindagato C.G., che facevano anche riferimento alla necessità del B. di sovvenire alle spese legali dei fratelli detenuti per fatti di tipo mafioso.

2. Osservava il Tribunale che gravi indizi di colpevolezza a carico del B. si ricavavano dalle dichiarazioni della persona offesa e della compagna di questo I.L., giudicate attendibili, dal contenuto di conversazioni intercettate intercorse tra la vittima e i correi o tra questi ultimi, nonchè dalla documentazione riguardanti titoli cambiari emessi a favore del C., sia pure riguardanti fatti non specificamente contestati al B..

Era configurabile quanto alla tentata estorsione l’aggravante del metodo mafioso, dato che il B. aveva esercitato una forza di intimidazione correlata a legami familiari e criminali con la omonima cosca, dominante in (OMISSIS), tra l’altro precisando che le somme di cui pretendeva il pagamento erano destinate alle spese legali che dovevano essere sopportate dai fratelli detenuti.

Sussistevano poi esigenze cautelari, connesse al pericolo di inquinamento probatorio e di reiterazione di analoghe condotte criminose che rendevano necessaria la misura carceraria.

3. Ricorre per cassazione l’indagato, a mezzo dei difensori, avvocati Nicola Cantafora e Francesco Muzzopappa.

3.1, Con un primo motivo, contestano la coerenza della valutazione dei gravi indizi di colpevolezza, deducendo che le dichiarazioni della persona offesa non erano state sottoposte a un serio vaglio di attendibilità, alla luce dei risultati delle investigazioni difensive, che avevano evidenziato come alla base delle pretese economiche del B. nei confronti del Ce. non ci fosse alcun prestito con tassi usurari ma solo la cessione di un’attività relativa a un bar e a un annesso ristorante, per il quale il B. doveva ricevere la convenuta somma di Euro 12.000, parte della quale destinata al precedente cogestore dell’esercizio commerciale L.G.. D’altro canto, nessuna minaccia estorsiva risulta dai colloqui intercettati, dai quali si ricava solo la giusta preoccupazione del B. di ottenere la somma pattuita per la cessione dell’esercizio. Quanto alla documentazione acquisita, essa riguardava tutt’altra vicenda, relativa a rapporti economici tra il Ce. e il C..

3.2. Con un secondo motivo, si denuncia la violazione del D.L. n. 152 del 1991, art. 7, dato che la circostanza aggravante è stata basata solo sul rilievo che il B. era legato per ragioni di parentela ad appartenenti al presunto omonimo clan mafioso operante in (OMISSIS), senza indicazione dell’uso di un concreto metodo mafioso.

Motivi della decisione

1. Il primo motivo di ricorso, che attinge profili di inammissibilità, appare infondato.

2. Il Tribunale, contrariamente a quanto dedotto, ha specificamente motivato circa l’attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa, osservando che non sussisteva alcun elemento dal quale desumere che il Ce. fosse mosso da malanimo o avesse intenti diffamatori nei confronti del B., essendosi egli limitato a dare conferma degli elementi scaturenti dalle intercettazioni e per di più ciò facendo dopo una iniziale reticenza e dopo essere scoppiato in lacrime una volta messo di fronte alle evidenze indiziarie.

Le sue dichiarazioni, dettagliate e univoche, sono state correttamente valutate come collimanti con il contenuto dei colloqui intercettati e delle concordi dichiarazioni della sua compagna I. L..

Il materiale indiziario, come esposto nell’ordinanza impugnata, offre con chiarezza la indicazione dell’uso di reiterate e gravi minacce espresse dal B. nei confronti del Ce. al fine dell’ottenimento del pagamento di somme di denaro dal primo reclamate.

Quanto alla causale di tale pretese, connessa a prestiti usurari, il Tribunale ha osservato che le dichiarazioni del Ce. e della I. trovavano pieno riscontro in riscontri documentali (una scrittura privata "liberatoria" e fotocopie di cambiali), che, contrariamente da quanto dedotto nel ricorso, sono stati puntualmente collegati ai prestiti effettuati dal B., nulla rilevando che nei rapporti tra le parti possa essere collocato anche un ulteriore titolo di debito riguardante, come asserito, la cessione di un esercizio commerciale.

3. Merita invece un ulteriore verifica da parte del Tribunale la ritenuta sussistenza dell’aggravante ex D.L. n. 152 del 1991, art. 7.

Il fatto che il B., nel contesto della condotta minatoria, abbia comunicato al Ce. che il denaro che reclamava avrebbe dovuto essere destinato a far fronte alle spese legali gravanti sui fratelli detenuti, non è indice, di per sè, di un "metodo mafioso".

Neppure il fatto che il B. fosse fratello di un soggetto condannato per associazione mafiosa, o il fatto della sua presunta vicinanza alla omonima cosca mafiosa dominante in (OMISSIS), può assumere un tale rilievo, a meno che un simile collegamento non fosse stato da lui esplicitato a rafforzamento delle sue minacce, come segnale di contiguità all’ambiente mafioso; aspetto decisivo che però non risulta puntualizzato con chiarezza nella ordinanza impugnata.

4. L’ordinanza impugnata va pertanto annullata limitatamente alla ritenuta aggravante di cui al D.L. n. 152 del 1991, art. 7, con rinvio per nuovo esame sul punto del Tribunale di Catanzaro.

La Cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alla ritenuta aggravante di cui al D.L. n. 152 del 1991, art. 7 e rinvia per nuovo esame sul punto al Tribunale di Catanzaro.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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