Cass. civ., sez. II 19-07-2006, n. 16573 CIRCOLAZIONE STRADALE – SANZIONI – Autostrade – Aree circostanti i caselli

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso al Giudice di pace di Rapallo depositato il l3 marzo 2003 R. T. proponeva opposizione avverso il ver­bale n° 1664Z dell’8 marzo 2003 redatto da una pat­tuglia della polizia stradale, da cui era stato fermato di notte presso il casello di quel Comune dell’ Autostrada A/12, per avere circolato contromano alla guida dell’auto Porche 996 GT3 targ. BK 304 YN, dopo avere superato il casello per immettersi in quell’arte­ria; avere attraversato la doppia linea continua di mez­zeria, e invaso la corsia di marcia opposta. L’opponente deduceva che un’autovettura che lo precedeva si era bruscamente fermata, e pertanto era stato costretto a deviare a sinistra, onde evitarne l’im­patto. Pertanto chiedeva l’annullamento del verbale stesso, anche perché la velocità non era sostenuta, e inoltre quel tratto di arteria non poteva essere ritenuto con carattere di autostrada. L’ufficio territoriale del governo di Genova si co­stituiva con memoria difensiva, con cui chiedeva il ri­getto dell’ opposizione, siccome infondata. Con sentenza del 18 giugno 2003 il giudice riget­tava l’opposizione, osservando che dalla documenta­zione prodotta, e segnatamente dal verbale redatto da­gli agenti, emergeva chiaramente che il comportamento del conducente era stato improntato a palese violazione della relativa normativa, e compen­sava le spese.

Avverso questa sentenza T. ha proposto ricorso per cassazione, affidandolo a tre motivi. La Prefettura di Genova ha resistito con controri­corso. Il ricorrente ha depositato memoria.

Motivi della decisione

Per prima va esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso proposta dall’ufficio controricorrente, atteso che essa ha carattere pregiudiziale. Con la medesima la Prefettura di Genova deduce che era stato notificato all’Avvocatura distrettuale dello Stato, la quale era del tutto all’oscuro di questa vicenda, mentre invece il ricorso stesso doveva essere notificato all’ufficio territoriale del governo di quella città, che già aveva partecipato al giudizio di merito. Pertanto la notifica dovrebbe essere ritenuta insussi­stente, o quanto meno nulla, con la conseguente decla­ratoria di inammissibilità dell’impugnazione, ovvero col suo rigetto. La questione non è fondata. In materia di notificazioni, la nullità è da conside­rare sanabile qualora, sebbene la notifica sia stata ese­guita in luoghi o a persone diversi da quelli previsti dalla legge, sussista tra il destinatario della notifica e la persona cui la copia è stata consegnata una relazione per effetto della quale si ha la normale conoscenza dell’atto da parte del destinatario. Pertanto, poiché la funzione istituzionale di difensore dell’ amministra­zione dell’ Avvocatura dello Stato fa ritenere normale, anche se non certo, che la medesima informi l’ammi­nistrazione degli atti a questa indirizzati ma da essa ri­cevuti, in caso di ricorso per cassazione avverso la sen­tenza resa in sede di opposizione a ordinanza­ingiunzione, la notificazione del medesimo presso l’Avvocatura dello Stato anziché nella sede dell’amministrazione, costituita nel giudizio di merito per mezzo di un suo funzionario, dà luogo a nullità sana­bile e alla dichiarazione di nullità deve seguire l’ordine di rinnovazione della notifica (v. anche massime n. 8804 del 1997 Rv. 507733; n. 4573 del 1998 Rv. 515156; sentenza n. 15747 del 13 dicembre 2000; mas­sime precedenti vedi Sez. un. n. 9859 del 1997 Rv. 508720). Tuttavia, tale rinnovazione non va ordinata tutte le volte in cui la notificazione venga eseguita presso l’Avvocatura dello Stato come nel caso di specie, at­teso che essa non determina l’inesistenza della notifi­cazione stessa, ma la semplice nullità, sicché resta sa­nata dalla costituzione dell’intimata (cfr. massime: n. 2338 del 1990 Rv. 466099; conformi Sez. un. n. 6254 del 1988 Rv. 460597). Del resto è noto che in materia di notificazioni, la nullità è da considerare sanabile qualora, sebbene la notifica sia stata eseguita in luoghi o a persone diversi da quelli previsti dalla legge, sussista tra il destinatario della notifica e la persona cui la copia è stata conse­gnata una relazione, per effetto della quale si ha la nor­male conoscenza dell’atto da parte del destinatario. Pertanto, poiché la funzione istituzionale di difensore dell’amministrazione dell’Avvocatura dello Stato fa ritenere normale, anche se non certo, che la medesima informi l’amministrazione degli atti a questa indiriz­zati ma da essa ricevuti, la costituzione della prima sana la suindicata nullità (v. pure Cass. n. 10959 del 1995 Rv. 494318, n. 2757 del 1996 Rv. 496625, n. 10457 del 1996; sentenza n. 15747 del 13 dicembre 2000). Tale eccezione dell’ufficio territoriale del Governo perciò va disattesa.

l) Col primo motivo il ricorrente deduce contrad­dittoria motivazione circa un punto decisivo della con­troversia, con riferimento all’art. 360, n. 5 del codice di rito, in quanto il giudice non avrebbe considerato che egli aveva chiesto di provare con i testimoni in­dicati che la manovra compiuta era stata imposta dalla necessità di evitare di andare ad urtare contro altra au­tovettura che precedeva, e che si era improvvisamente fermata. Il motivo è infondato. Il giudice ha osservato specificamente che la prova della colpevolezza del ricorrente era costituita dal cir­costanziato verbale redatto dagli agenti della polstrada, che avevano assistito all’infrazione com­messa dall’interessato. D’altronde quell’atto faceva piena prova di quanto asserito dai verbalizzanti come avvenuto sotto i loro occhi. Si tratta, come è agevole notare, di considerazioni corrette sul piano della logicità. Invero la posizione addotta dallo stesso opponente, ancorché fosse corrispondente al vero, tuttavia non eli­minerebbe ugualmente il disvalore sociale della sua condotta, atteso che sarebbe stato sufficiente che egli avesse moderato la velocità, e soprattutto che avesse mantenuto la prescritta distanza di sicurezza del vei­colo antecedente, senza bisogno perciò di attraversare la doppia linea continua di mezzeria e invadere la cor­sia opposta di marcia. Né è possibile in sede di legittimità prospettare un vaglio alternativo degli elementi acquisiti dal giudice di merito, il quale ben può fondare il suo convinci­mento attraverso l’analisi degli elementi di cui di­spone, purché vagliati con criteri di logicità e coe­renza, come nel caso di specie. Al riguardo infatti la giurisprudenza insegna che la valutazione degli elementi probatori è attività istitu­zionalmente riservata al giudice di merito, non sin­dacabile in Cassazione se non sotto il profilo della congruità della motivazione del relativo apprezza­mento (v. anche sent. 00322 del 13 gennaio 2003).

2) Col secondo motivo il ricorrente denunzia falsa applicazione dell’art. 2700 c.c., in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c., giacché il giudice di pace non poteva ritenere come un dato di fatto incontrovertibile quanto affermato dai verbalizzanti nell’atto da loro redatto, ben potendo invece darsi la prova anche orale in or­dine alla ricostruzione della dinamica di un fatto atti­nente la circolazione stradale, allo scopo di contestare la versione fornita dai verbalizzanti. La censura non ha pregio. A parte il fatto che essa rimane parzialmente assorbita dal motivo testè esaminato, va osservato che sulla scorta delle attestazioni ben chiare dei verbalizzanti, pubblici ufficiali, le eventuali affermazioni dei testimoni indicati non avrebbero potuto indurre il giudice a un giudizio dif­ferente da quello espresso nella sentenza impugnata. Il giudice di merito al riguardo ha osservato che, ­quanto riferito dagli agenti della stradale, e cioè che T. aveva oltrepassato la doppia linea di mezzeria e invaso la corsia di marcia opposta, era stato riportato nel verbale, che perciò, quale atto pubblico era assi­stito da pubblica fede, e cioè costituiva piena prova sino a querela di falso ai sensi dell’art. 2700 c.c. L’assunto è esatto. Invero non v’ha dubbio che, con riferimento al ver­bale di accertamento di una violazione del codice della strada, ad esso deve riconoscersi l’efficacia di piena prova fino a querela di falso, – ex art. 2700 c.c., in dipendenza della sua natura di atto pubblico – oltre che quanto alla provenienza dell’atto ed alle dichiarazioni rese dalle parti, anche relativamente «agli altri fatti che il pubblico ufficiale che lo redige attesta essere av­venuti in sua presenza o da lui compiuti». Essa invece non sussiste né con riguardo ai giudizi valutativi che il pubblico ufficiale esprima, né con riguardo alla menzione di quelle circostanze relative a fatti i quali, in ragione delle loro modalità di accadimento repen­tino, non si siano potuti verificare e controllare se­condo un metro sufficientemente obiettivo, ed abbiano pertanto potuto dare luogo ad una percezione senso­riale implicante margini di apprezzamento, come nell’ipotesi in cui quanto attestato dal pubblico uffi­ciale concerna non la percezione di una realtà statica (come la descrizione dello stato dei luoghi, senza og­getti in movimento), bensì l’indicazione di un corpo o di un oggetto in movimento, con riguardo allo spazio che cade sotto la percezione visiva del verbalizzante (cfr. anche massime: n. 3522 del 1999 Rv. 525182; n. 11751 del 2004 Rv. 573888; n. 8232 del 2005 Rv. 581274; sentenza n. 14038 dell’ l luglio 2005). Sul punto perciò la sentenza impugnata risulta mo­tivata in modo giuridicamente corretto.

3) Col terzo motivo il ricorrente lamenta falsa appli­cazione dell’art. 176 del codice della strada, oltre che omessa motivazione circa un punto decisivo della con­troversia, poiché il giudice non ha indicato sufficiente­mente le ragioni, in virtù delle quali ha ritenuto che la zona vicina allo svincolo facesse parte dell’ area autostra­dale. La doglianza non ha fondamento. Il decidente ha messo in rilievo che lo spazio suc­cessivo al casello superato costituiva spazio facente parte dell’ autostrada. L’assunto è esatto. Invero, a parte che la norma in questione riguarda non solo le autostrade, ma anche le strade extraurbane, va osservato che tutto lo spazio adiacente a un casello, e perciò quello anteriore e posteriore ad esso costitu­isce zona strettamente pertinente all’autostrada, e per­tanto va applicata la disciplina relativa ad essa. Infatti la giurisprudenza insegna che in tema di cir­colazione stradale, il divieto di inversione di marcia e di attraversamento dello spartitraffico posto dall’art. 176, comma l, lettera a), c.s. non riguarda soltanto le manovre compiute «sulle carreggiate, sulle rampe e sugli svincoli delle strade di cui all’ art. 175, comma l», ma «anche all’altezza dei varchi», zone queste ul­time fra le quali sono comprese le aree immediata­mente circostanti i caselli autostradali – nella fattispe­cie, all’interno di un’autostrada, e cioè oltre il casello di ingresso nella stessa -, in quanto il conducente che inverta il senso di marcia in dette aree provoca grave turbamento alla circolazione, ove si consideri che gli altri utenti, percorrendo una zona utilizzabile esclusi­vamente al fine di uscire o entrare in autostrada, non si attendono la presenza di autoveicoli che non ten­gano un assetto di marcia conforme a quello da loro stessi tenuto (cfr. anche Cass., sentenza n. 3446 del 9 marzo 2001; sentenza n. 17037 del 19 agosto 2005). Ne deriva perciò che il ricorso va rigettato. Quanto alle spese del giudizio, esse seguono la soccombenza, e si liquidano come da dispositivo. (Omisis).

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