Cass. civ. Sez. III, Sent., 18-01-2012, n. 691 Atto introduttivo del giudizio

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

I fatti di causa possono così ricostruirsi sulla base della sentenza impugnata.

Con citazione notificata nel gennaio 2003 D.R.L. propose opposizione al decreto di trasferimento dell’intero immobile emesso nell’ambito della procedura esecutiva n. 290/1992, intrapresa da B.A. nei confronti di C.N., coniuge dell’opponente e comproprietario del bene staggito. Chiese la declaratoria di inefficacia del predetto atto nonchè la condanna del creditore procedente, del notaio delegato alla vendita, S. V.M.A., e dell’aggiudicataria dell’immobile, Aurora s.r.l., al risarcimento dei danni. A tale giudizio vennero riunite altre due opposizioni inerenti la medesima esecuzione immobiliare, proposte con ricorsi, depositati entrambi il 19 aprile 2004: l’uno, a iniziativa della D.R., al fine di ottenere la declaratoria di nullità del pignoramento eseguito in suo danno con atto notificato il 23 settembre 1999, su istanza del Banco di Roma;

l’altro, a iniziativa del C., per sentir dichiarare la nullità del pignoramento a lui notificato il 13 aprile 1992:

pignoramenti aventi ad oggetto la quota indivisa del medesimo immobile, di proprietà, rispettivamente, dell’uno e dell’altro opponente. La richiesta di declaratoria di nullità era estesa a tutti gli atti conseguenti al pignoramento, ivi compreso il decreto di trasferimento in favore di Aurora s.r.l.. Sia la D.R. che il C. avevano poi domandato la condanna del Banco di Roma al risarcimento dei danni conseguenti alla ingiustificata prosecuzione dell’esecuzione, pur dopo l’integrale soddisfacimento del credito, danni da liquidarsi anche in separata sede. Con sentenza depositata il 3 luglio 2008 il Tribunale di Bari ha dichiarato la sopravvenuta carenza di interesse ad agire degli opponenti, con riferimento alle opposizioni all’esecuzione proposte; ha rigettato le domande risarcitorie; ha compensato integralmente tra le parti le spese.

Così ha motivato la sua decisione.

Il decreto di trasferimento dell’immobile di cui erano comproprietari, in regime di comunione legale, C.N. e D.R.L., era stato emesso nell’ambito del procedimento esecutivo n. 290/1992, originato dal pignoramento eseguito da B.A. in danno del C., procedimento al quale era stato riunito quello, proposto in danno della D.R.. Il cespite era stato venduto all’incanto e trasferito all’aggiudicataria Aurora s.r.l., nel dicembre 2003.

Con sentenza del 9 luglio 2004, n. 1318, il Tribunale di Bari, pronunciando su altra e differente opposizione proposta dal C., ex art. 615 c.p.c., comma 2, con ricorso depositato il 22 novembre 1999, aveva dichiarato l’insussistenza del diritto di B.A. a procedere ad esecuzione forzata nei confronti dell’opponente e la conseguente inefficacia del pignoramento della metà indivisa dell’immobile. Passata in giudicato tale decisione, il giudice dell’esecuzione aveva pertanto, a sua volta, revocato il decreto di trasferimento emesso in favore dell’aggiudicataria. E la revoca comportava la sopravvenuta carenza di interesse degli esecutati ad ottenere la pronuncia richiesta. Quanto alla identica pretesa avanzata dagli opponenti, al fine di sentir condannare la banca al risarcimento conseguente all’aver proseguito l’attività esecutiva nei (loro) confronti, da liquidarsi in questa o in separata sede, ha rilevato il Tribunale che la domanda non era stata oggetto di precisazione o modifica in sede di trattazione, perchè solo con la memoria depositata nel termine di cui all’art. 184 c.p.c., (nella formulazione antecedente alla entrata in vigore della L. n. 80 del 2005), gli istanti avevano allegato un danno non patrimoniale, biologico ed esistenziale, in rapporto causale con l’ingiusta esecuzione subita. E tale allegazione, intervenuta dopo la definitiva cristallizzazione del thema decidendum, doveva ritenersi tardiva.

Ha aggiunto che il danno lamentato, peraltro in termini del tutto generici, negli atti introduttivi, aveva una connotazione esclusivamente patrimoniale, posto che era collegato al trasferimento coattivo della proprietà dell’immobile, e quindi al depauperamento connesso alla perdita del cespite, di talchè la successiva dichiarazione di inefficacia del decreto di trasferimento, e la conseguente riacquisizione della proprietà e del possesso perduti, in capo agli opponenti, aveva privato di ogni consistenza la pretesa risarcitoria fatta valere. Per la cassazione di detta pronuncia ricorrono a questa Corte D.R.L. e C.N..

Formulano cinque motivi, illustrati anche da memoria.

Resiste con controricorso Unicredit s.p.a., incorporante di Capitalia s.p.a..

Motivi della decisione

1 Con il primo motivo gli impugnanti denunciano, ex art. 360 c.p.c., n. 4, violazione dell’art. 112 c.p.c., e nullità della sentenza per omessa pronuncia sulla domanda di declaratoria di responsabilità della Banca di Roma per avere illegittimamente dato impulso all’azione esecutiva, pur essendo stato il suo credito interamente soddisfatto. Evidenziano che il predetto Istituto aveva depositato formale atto di rinuncia solo con riferimento agli interventi spiegati nella procedura esecutiva n. 290/1992, a carico del C., mentre colpevolmente aveva omesso di depositare analogo atto nella procedura esecutiva promossa contro la D.R..

In tale contesto essi avevano chiesto la declaratoria della insussistenza del diritto della Banca di Roma di proseguire l’esecuzione forzata in danno del C. e della D.R., con conseguente condanna della stessa al risarcimento dei danni per avere proseguito l’attività esecutiva malgrado l’estinzione del credito vantato nei loro confronti.

2 Le censure sono infondate.

Revocato il decreto di trasferimento, il giudice di merito ha correttamente rilevato la carenza di interesse degli opponenti alla pronunce richieste con i ricorsi in opposizione, e quindi, anche, alla declaratoria della insussistenza del diritto della Banca di Roma di procedere in executivis nei loro confronti.

Quanto alla declaratoria di responsabilità della Banca di Roma per avere illegittimamente dato impulso all’azione esecutiva, pur essendo stato il suo credito interamente soddisfatto, essa è evidentemente rimasta assorbita nella pronuncia di rigetto delle domande risarcitorie. Nè i ricorrenti hanno prospettato elementi idonei ad evidenziare la concreta utilità che per essi poteva rivestire l’affermazione della responsabilità dell’Istituto di credito, indipendentemente dalla sussistenza di lesioni e di danni risarcibili. Ne deriva che la loro richiesta, in quanto non sorretta da interesse, è stata non erroneamente ignorata dal giudice di merito.

3 Si prestano a essere esaminati congiuntamente, per la loro intrinseca connessione, i successivi quattro motivi di ricorso.

Con il secondo mezzo i ricorrenti lamentano, ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, violazione dell’art. 2043 c.c., nonchè del principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato. Sostengono che, contrariamente a quanto apoditticamente affermato dal primo giudice, la domanda generica di risarcimento del danno contrattuale o extracontrattuale ricomprende in sè tutte le possibili voci di danno originate dalla condotta illecita. Il decidente aveva dunque confuso i mezzi istruttori finalizzati a provare il danno biologico, morale ed esistenziale, reclamate dai ricorrenti, con la precisazione del thema decidedum, da svolgere entro la fase della trattazione. Con il terzo motivo prospettano vizi motivazionali circa il punto della controversia costituito dalla prova del danno subito, nelle sue componenti non patrimoniali, avendo il Tribunale rigettato le richieste istruttorie avanzate al fine di provare l’an e il quantum di tali voci di danno. In particolare il giudice di merito – attribuito alla memoria ex art. 184 cod. proc. civ. l’improprio contenuto di atto difensivo volto a precisare il thema decidendum, piuttosto che a individuare il thema probandum – non aveva ammesso le prove orali offerte dagli attori e aveva altresì omesso di esaminare quelle documentali acquisite al processo.

Con il quarto mezzo si deduce violazione dell’art. 2909 c.c., Sostengono gli impugnanti, con riferimento all’assunto del giudice di merito secondo cui la declaratoria di inefficacia del provvedimento di trasferimento aveva privato di consistenza le loro pretese risarcitorie, che essi avevano dedotto e dimostrato l’avvenuta proposizione di ricorso per cassazione avverso la sentenza del Tribunale di Bari n. 460 del 15 febbraio 2007, con la quale era stata rigettata l’opposizione proposta dell’aggiudicataria, ex art. 617 c.p.c., avverso la revoca del trasferimento. Lamentano che il decidente aveva completamente ignorato tale circostanza. Con il quinto motivo i ricorrenti denunciano infine omessa motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Evidenziano che il C. aveva chiesto il risarcimento del danno patrimoniale anche perchè la trascrizione del pignoramento immobiliare eseguito dalla Banca di Roma nonchè la perdurante pendenza di tale procedura esecutiva avevano determinato la perdita di ogni affidamento bancario e addirittura di ogni elasticità di cassa, causando il protesto di assegni di modesto importo, ma che il giudice di merito aveva completamente omesso di valutare le prove offerte al riguardo.

4 Le censure sono prive di pregio.

Gli opponenti hanno agito, ex art. 96 c.p.c., al fine di ottenere il risarcimento del danno per l’esecuzione forzata illegittima da essi subita. La specialità della tutela azionata, rispetto al generale precetto del neminem laedere racchiuso nell’art. 2043 c.c. – specialità che rende funzionalmente competente a conoscerla il giudice dell’opposizione all’esecuzione (Cass. civ. 6 maggio 2010, n. 10960; Cass. civ. 24 maggio 2003, n. 8239) – non elimina che la sua formulazione soggiaccia alle regole che presidiano la corretta instaurazione del contraddittorio, prima tra tutte quella della compiuta allegazione dei fatti costitutivi della pretesa. Non appare invero revocabile in dubbio che le allegazioni che devono accompagnare la proposizione di una domanda risarcitoria non possono essere limitate alla prospettazione della condotta in tesi colpevole della controparte produttiva di danni nella sfera giuridica di chi agisce in giudizio. L’esposizione deve invero necessariamente essere estesa alle lesioni, patrimoniali e/o non patrimoniali, prodotte da tale condotta, dovendo l’attore mettere il convenuto in condizione di conoscere quali pregiudizi vengono imputati al suo comportamento. E tanto prima e a prescindere dalla loro esatta quantificazione e dall’assolvimento di ogni onere probatorio al riguardo (confr. Cass. civ. 22 aprile 2008, n. 10361).

Ne deriva che il rigetto delle domande risarcitorie avanzate dagli opponenti appare corretto alla luce dell’inemendabile genericità della domanda che, come evidenziato dal giudice di merito, neppure risulta essere mai stata precisata in sede di trattazione.

5 Non è superfluo aggiungere che, in tale prospettiva, è del tutto priva di rilievo la circostanza dell’avvenuta proposizione di ricorso per cassazione avverso la sentenza del Tribunale di Bari con la quale era stata rigettata l’opposizione proposta dall’aggiudicataria avverso la declaratoria di inefficacia del provvedimento di trasferimento: resta invero insuperabile il rilievo che gli opponenti avrebbero dovuto, ancora una volta, allegare, prima ancora che dimostrare, i pregiudizi in concreto subiti dall’indebita protrazione del procedimento esecutivo, una volta assodato che l’impugnazione non aveva comunque inciso sulla revoca del trasferimento stesso.

6 Infine le deduzioni concernenti i danni patrimoniali subiti dal C. per effetto della trascrizione del pignoramento e della perdurante pendenza della procedura esecutiva, oggetto, in particolare del quinto mezzo, sono gravemente carenti sotto il profilo dell’autosufficienza, posto che la denuncia di malgoverno della linea difensiva degli opponenti, da parte del giudice di merito – perchè di questo in definitiva, si tratta – doveva essere accompagnata dalla precisa indicazione dell’atto processuale in cui l’allegazione era stata effettuata nonchè del contenuto e della collocazione dello stesso in seno al fascicolo processuale (confr., Cass. civ. 23 marzo 2010, n. 6937; Cass. civ. 12 giugno 2008, n. 15808; Cass. civ. 25 maggio 2007, n. 12239).

Il ricorso deve essere rigettato.

La peculiarità della fattispecie, caratterizzata dal comportamento non troppo attento della Banca, induce il collegio a compensare integralmente tra le parti le spese del giudizio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio.

Così deciso in Roma, il 13 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2012

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