T.A.R. Lombardia Brescia Sez. I, Sent., 03-10-2011, n. 1368 Sanzioni amministrative e pecuniarie

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Rilevato che:

– i ricorrenti (quello del fascicolo in esame più gli altri 7 che hanno introdotto un ricorso identico discusso in pari data) hanno acquistato non un normale appartamento, ma una porzione di un complesso immobiliare consistente in una residenza turistico alberghiera, acquisto gravato da atto d’obbligo che precisava le modalità di gestione della residenza in questione, l’affidamento della stessa ad un soggetto gestore, e la possibilità per i singoli proprietari di fruire il proprio appartamento per un periodo non superiore a 120 gg. l’anno;

– si tratta a tutta evidenza dell’acquisto di un bene di valore venale inferiore a quello di un appartamento in piena proprietà che non abbia questi obblighi in ordine alla sua fruizione, e che per questo si immagina sia stato pagato un prezzo inferiore a quello che sarebbe costato un omologo appartamento in piena titolarità;

– che i ricorrenti abbiano acquistato solo la porzione di una residenza turistico alberghiera, di cui non potevano godere liberamente in quanto gravato da atto d’obbligo, risulta con immediatezza dagli atti di compravendita (prodotti per tutti i ricorrenti; per Montini è stato prodotto il preliminare), in cui viene riportata menzione della esistenza dell’atto d’obbligo e si dice che l’acquirente è stato reso edotto che quanto acquista fa parte di un complesso turistico alberghiero;

– i ricorrenti, che in realtà non sono stati mai limitati nel godimento del bene dal gestore del complesso che non si è mai costituito, hanno però fruito fin dall’inizio del bene come normali proprietari senza le limitazioni che erano contenute nell’atto d’obbligo, ed in questo modo hanno di fatto modificato la destinazione del bene che era residenza turistico alberghiera, ed è divenuta normale residenza;

– il Comune di Manerba ha deciso di regolarizzare la situazione ed ha contestato il cambio di destinazione d’uso senza opere chiedendo il pagamento della relativa sanzione pecuniaria connessa all’aumento di valore venale del bene;

– in questo contesto il ricorso mira a dimostrare che gli acquirenti sarebbero stati truffati, perché hanno scoperto soltanto dopo anni di essere proprietari delle loro case per soli 120 gg. l’anno, ma in realtà – a parte che l’atto d’obbligo è citato nell’atto notarile di acquisto (o nel preliminare per Montini), per cui più che di truffa si può parlare di difetto di accortezza al momento dell’acquisto (a meno che non abbiano spuntato quel prezzo inferiore all’acquisto di un omologo appartamento con destinazione residenza di cui si diceva prima, nel qual caso non vi è neanche il difetto di accortezza, ma la reciproca convenienza) – ciò comunque non rileva, perché ciò che rileva è che pacificamente l’immobile aveva destinazione residenza turistico alberghiera, e pacificamente l’immobile è stato sottoposto in questi anni a cambio di destinazione d’uso che lo ha trasformato in residenza incrementando il valore del bene;

– il cambio di destinazione d’uso legittima la potestà del Comune di irrogare una sanzione pecuniaria in relazione all’aumento di valore venale del bene;

– ex art. 53, co. 2, l.r. 12/05 anche i cambi di destinazione d’uso possibili sono soggetti al pagamento di somma corrispondente all’aumento di valore venale del bene se il mutamento avviene – come nel caso di specie – in difformità da una previsione urbanistica comunale;

– la difesa del ricorrente sostiene che, però, non doveva essere imposto il ripristino, ma in realtà non è stato imposto il ripristino, perché il provvedimento non contiene nessun punto del dispositivo in cui si imponga di ripristinare: i ricorrenti pagano l’aumento di valore del bene e si ritrovano quello appartamento destinato a residenza cui anelano;

– i ricorrenti vorrebbero che la sanzione fosse contenuta al minimo per le peculiarità della vicenda, ma la determinazione del quantum avviene in base a criteri legali;

– quanto al motivo sulla incompetenza ad emettere il provvedimento di diffida, non rileva in questo giudizio che non ha ad oggetto la diffida (che, se si è rettamente compreso, è impugnata in altro giudizio);

– quanto alle illazioni sulle pressioni del Comune per trovare un accordo con il gestore, illazioni sono rimaste; esse in ogni caso non hanno determinato lo sviamento del provvedimento impugnato, posto che il percorso logico del provvedimento applicativo della sanzione pecuniaria oggetto di questo giudizio è stato ricostruito nei punti precedenti ed ha una sua coerenza ed è perfettamente sussumibile nella norma attributiva di potere, talchè si può escludere che siano intervenuti fattori svianti;

– le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo;

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

RESPINGE il ricorso.

CONDANNA ciascun singolo ricorrente al pagamento in favore dell’amministrazione resistente delle spese di lite che quantifica in euro 1.500, oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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