Corte Suprema di Cassazione – Penale Sezione Lavoro Sentenza n. 19652 del 2006 deposito del 13 settembre 2006

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 28 gennaio 2004 la Corte d’appello di Milano, rigettando l’impugnazione principale del lavoratore e quella incidentale del datore dì lavoro, confermava la statuizione resa dal locale Tribunale con cui era stato trasformato, in licenziamento per giustificato motivo con preavviso, il recesso intimato per giusta causa ad I. M., dipendente, in qualità di dirigente, della ? ??, a causa di un violento alterco avuto con il collaboratore A. D. P.. La Corte territoriale, dopo avere preliminarmente negato al dirigente, anche non apicale il diritto alla tutela reale, affermava che se era pacifica l’aggressione fisica compiuta dall’I. a danno del D. P., altrettanto indiscutibile era la provocazione da quest?ultimo compiuta, giacché non era attendibile, ed anche smentita da un teste, la sua tesi di non avere pronunciato le frasi offensive nei confronti dell’I., dal momento che una frase priva di destinatario non avrebbe potuto scatenare nell’I. una reazione tanto violenta; in ogni caso l’esercizio da parte dell’I. di violenza nei confronti del suo sottoposto, giustificava il recesso, giacché il dirigente posto ai vertici dell’organizzazione aziendale, dovrebbe dare il buon esempio e dimostrare estrema correttezza.

Avverso detta sentenza l’I. propone ricorso affidato a quattro motivi illustrati da memoria, resiste la società ? ? ?con controricorso e ricorso incidentale affidato ad un motivo.

Motivi della decisione

Va preliminarmente disposta la riunione dei ricorsi ex articolo 335 c.p.c..

Con il pi mo motivo del ricorso principale si denunzia violazione e falsa applicazione dell’articolo legge 300/70 e difetto di motivazione, perché i Giudici di merito non avrebbero svolto alcuna argomentazione in ordine alla dedotta modificazione della contestazione disciplinare, con conseguente illegittimità della successiva sanzione emessa. La sentenza impugnata aveva affermato la irrilevanza di questa modifica, sulla considerazione che il giudice di primo grado aveva concentrato l’indagine solo ed esclusivamente sull’episodio oggetto di contestazione, e cioè su quanto avvenuto presso la piscina dell’albergo di Caserta, mentre a seguito della contestazione e delle giustificazioni rese, la società, con la lettera di licenziamento, aveva ridisegnato e ampliato l’intera vicenda, contestando ulteriori addebiti in relazione a quanto da esso ricorrenti, sarebbe stato posto in essere all’interno del salone dell’hotel, con conseguente violazione della regola di immodificabilità della contestazione.

Il motivo non è fondato.

Ed infatti la Corte territoriale, per rispondere a detta obiezione, già svolta dall’attuale ricorrente nel giudizio di appello, ha precisato che il primo Giudice aveva fondato il giudizio di proporzionalità del licenziamento solo sull’episodio che era stato contestato, negando ogni rilevanza a quello ulteriore addebitato solo nella successiva lettera di licenziamento, il quale restava quindi tamquam non esset . Ne consegue che, essendo stata apprezzata la legittimità del recesso esclusivamente sulla base dei fatti ritualmente contestati, non assume alcuna rilevanza il riferimento, nel provvedimento di licenziamento, di addebiti ulteriori.

Con il secondo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione degli articoli 2106 e 2119 Cc e 3 della legge 604/66, nonché difetto di motivazione, per avere la Corte di Milano affermato essere pacifica la aggressione fisica compiuta da esso ricorrente a danno del D. P., senza però indicare gli elementi di prova a sostegno, senza considerare che nel ricorso in appello egli aveva evidenziato che il teste L. aveva riferito di ?reazione reciproca? e che il teste P. aveva affermate che il D. P. gli era venuto incontro con fare minaccioso, facendogli cadere il bicchiere dalle mani. Sarebbe poi evidenziabile una serie di strane coincidenze, come la insofferenza precedentemente espressa dalla società nei suoi confronti rilevata anche dal giudice di primo grado, come il fatto che il D. P., peraltro neppure citato come teste dalla controparte, pur avendo posto in essere una provocazione nei suoi confronti, era stato sanzionato solo con un giorno di sospensione; la sentenza sarebbe inoltre contraddittoria avendo affermato nella parte finale che una valutazione prudente e attenta del contesto, in relazione al principio di proporzionalità, avrebbe dovuto condurre ad altra soluzione per contemperare la dignità d entrambi i dipendenti.

Neppure questo motivo è fondato.

Invero le argomentazioni svolte dal ricorrente non inficiano l’accertamento compiuto della sentenza impugnata secondo cui vi era stata una aggressione fisica da parte del ricorrente a danno del D. P., dal momento che in ricorso non si espongono fatti idonei a negarla, ma si pone invece l’accento sulla ?reciprocità? delle aggressioni e quest?ultimo elemento è ben stato valutato in sentenza, che in base ad esso ha confermato la trasformazione, già operata dal primo Giudice, del licenziamento in tronco in licenziamento con preavviso.

Quanto al resto della censura, il peculiare atteggiamento ascritto alla società datrice di lavoro, in questo contesto, può essere prospettati dal ricorrente come mero motivo di sospetto sulle intenzioni datoriali di approfittare della vicenda per liberarsi della sua presenza, ma non spiega rilevanza sull’oggetto intrinseco del giudizio, che risulta sostanzialmente limitato al puntuale episodio avvenuto nell’albergo di Caserta, per cui solo su questo doveva esprimersi il giudizio di proporzionalità tra addebito e sanzione.

Quanto alla considerazione finale espressa dalla Corte di Milano, questa non vale a smentire quanto detto in precedenza sulla gravità della aggressione posta in essere dal dirigente nei confronti di persona a lui sottoposta, in violazione della fondamentale regola di correttezza che deve caratterizza, la condotta di chi è posto in condizione di vertice nella scala gerarchica aziendale.

Con il terzo motivo si denunzia violazione o falsa applicazione degli articoli 2118 Cc 10 legge 604/66, e 18 legge 300/70 come modificato dalla legge 108/90 e difetto di motivazione, per avere negato che anche al dirigente non apicale, spetti, in caso di licenziamento illegittimo, la reintegra nel posto di lavoro.

Questa censura, siccome attinente al regime di tutela astrattamente applicabile al rapporto, risulta assorbita dal rigetto dei precedenti motivi concernenti la legittimità del licenziamento. Con il quarto motivo, proposto subordinatamente a quello precedente, si denunzia violazione e falsa applicazione degli articoli 1362 e 1363 Cc e difetto di motivazione, per non avere i Giudici di merito riconosciuto il suo diritto alla indennità supplementare, ma anche questo motivo risulta assorbito dalla ritenuta legittimità del recesso.

Con il ricorso incidentale, deducendo violazione dell’articolo 7 della legge 300/70 e degli articoli 2106 e 2119 Cc nonché difetto di motivazione, ci si duole del negato riconoscimento della legittimità del recesso in tronco, perché sarebbe stato erroneamente espulsa dalla valutazione sulla gravità della condotta, l’ulteriore aggressione compiuta dall’I. ai danni del D. P. subito dopo il primo episodio, avendola erroneamente considerata non contestata, e per avere attribuito eccessivo rilievo alla provocazione subita dall’I.

Il motivo non è fondato, giacché nel giudizio di fatto, che non può nuovamente esprimersi in questa sede, concernente la ponderazione effettuata nella sentenza impugnata dei comportamenti dell’I. e del D. P., non è ravvisabile alcun vizio logico né giuridico.

Costituisce giudizio di fatto riservato ai giudici di merito anche la valutazione sulla consistenza della contestazione, in cui, nella specie, non è dato ravvisare difetti dal momento che in ricorso non viene riportato né il contenuto della lettera di contestazione, né il contenuto delle difese svolte dall’Ibisco, così precludendo l’individuazione dei vizi dedotti.

Conclusivamente vanno rigettati sia il ricorso principale che quello incidentale e la reciproca soccombenza giustifica la compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta. Compensa tra le parti le spese del giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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