T.A.R. Lombardia Milano Sez. III, Sent., 04-10-2011, n. 2330 Istruzione pubblica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La ricorrente è madre di un alunno che, nel corso dell’anno scolastico 2010/2011, ha frequentato la classe prima della scuola secondaria di primo grado, presso l’Istituto Comprensivo Statale "Daniela Mauro" di Pessano con Bornago.

In sede di scrutinio finale, il Consiglio di classe ha deliberato la non ammissione dell’alunno alla classe successiva.

Avverso tale provvedimento è diretto il ricorso in esame.

Si è costituito in giudizio il Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca per opporsi all’accoglimento del gravame.

Ritiene il Collegio che il giudizio possa essere definito con sentenza in forma semplificata, emessa ai sensi dell’art. 60 c.p.a., adottata in esito alla camera di consiglio tenutasi in data 19 settembre 2011 per la trattazione dell’istanza cautelare, stante l’integrità del contraddittorio, l’avvenuta esaustiva trattazione delle tematiche oggetto di giudizio, nonché la mancata enunciazione di osservazioni oppositive delle parti, rese edotte dal Presidente del Collegio di tale eventualità.

Con il primo motivo, la ricorrente, dopo aver premesso che la media delle votazioni conseguite in tutte le materie di studio dall’allievo è pari a 5,41, lamenta che il Consiglio di classe avrebbe violato i criteri per l’ammissione degli studenti alla classe successiva, deliberati dal Collegio dei docenti in data 10 maggio 2011,, con i quali si è stabilito che l’ammissione può essere disposta per quegli alunni la cui media delle votazioni riportate in tutte le materie è pari o superiore a 5,30.

Con il secondo motivo si censura la decisione assunta dal Consiglio di classe di attribuire, per alcune materie, valutazioni finali di insufficienza arrotondando per difetto le medie calcolate sulle votazioni riportate dallo studente nel corso del secondo quadrimestre, trascurandosi che per tali materie le medie erano più prossime al sei (e quindi alla sufficienza) che non al cinque.

Con il terzo motivo la ricorrente lamenta che la scuola le avrebbe comunicato tardivamente che la preparazione del figlio presentava lacune tali da poter compromettere l’esito positivo dell’anno scolastico, quando ormai non sarebbe stato più possibile l’attuazione di interventi finalizzati a favorire il recupero.

Con il quarto motivo si deduce l’inadeguatezza e la contraddittorietà della motivazione la quale, da un lato, non assolverebbe al suo ruolo di esplicitazione delle ragioni che hanno indotto l’organo scolastico a deliberare la non ammissione dello studente alla classe superiore; da altro lato, nella parte in cui rileva carenze comportamentali, si porrebbe in contraddizione con la decisione di attribuire al medesimo studente una votazione in condotta di piena sufficienza.

Con il quinto motivo vengono dedotti vizi di carattere formale che, a dire della ricorrente, renderebbero illegittimo il verbale della seduta del Consiglio di classe del 7 giugno 2011, nel corso della quale è stata assunta la decisione di non ammettere l’allievo alla classe successiva. In particolare si rileva che detto verbale sarebbe privo della sottoscrizione del segretario e dell’indicazione dei docenti che si sono espressi a favore e contro la decisione assunta dal Consiglio di classe.

Infine, con il sesto motivo, la ricorrente lamenta che il Consiglio di classe non avrebbe tenuto in debito conto i miglioramenti dimostrati dall’alunno nel corso dell’anno scolastico. Inoltre lamenta che per alcune materie, per le quali durante il medesimo anno scolastico non si erano manifestate particolari problematicità, sono stati attribuiti voti negativi solo nell’ultima settimana di scuola; ciò lasciando trasparire, secondo l’interessata, la volontà di alcuni docenti di rendere più precaria la situazione dello studente in vista dello scrutinio finale.

Conviene partire, a parere del Collegio, dal quarto motivo di ricorso che, come visto, lamenta la mancata sottoscrizione del verbale di scrutinio da parte del segretario e la mancata indicazione nello stesso verbale dei docenti che si sono espressi a favore e contro la decisione assunta dal Consiglio di classe.

In proposito si osserva che la doglianza è, in parte, infondata in punto di fatto in quanto, nella propria relazione sui fatti di causa depositata in giudizio, il Dirigente scolastico ha attestato che tutti i verbali del Consiglio di classe della classe 1^ A (e quindi anche il verbale della seduta del 7 giugno 2011 nella quale è stata deliberata la non ammissione dell’alunno alla classe successiva) risultano firmati. Non è decisivo in senso contrario il documento prodotto in giudizio dalla ricorrente, in quanto non trattasi di copia autentica del verbale ma di mero estratto dello stesso.

Per ciò che concerne l’indicazione dei docenti che si sono espressi a favore e contro la decisione assunta dall’organo collegiale, ritiene il Collegio che nei verbali delle deliberazioni di scrutinio dei consigli di classe tale indicazione non sia necessaria, in quanto l’attestazione che in favore della decisione finale si è espressa la maggioranza dei docenti costituisce elemento di per sé sufficiente per apprezzare la legittimità della deliberazione assunta dall’organo.

Il motivo in esame è quindi infondato.

I restanti motivi possono essere trattati congiuntamente.

L’art. 3, comma 3, del d.l. 1 settembre 2008 n. 137, convertito in legge 30 ottobre 2008, n. 169, stabilisce che "nella scuola secondaria di primo grado, sono ammessi alla classe successiva (…) gli studenti che hanno ottenuto, con decisione assunta a maggioranza dal consiglio di classe, un voto non inferiore a sei decimi in ciascuna disciplina o gruppo di discipline".

Da questa norma si ricava che il giudizio di non ammissione alla classe superiore deve essere necessariamente disposto quando l’alunno non consegua votazioni di piena sufficienza in tutte le materie (cfr. TAR Lombardia Milano, sez. III, 5 agosto 2010 n. 3585): non sono dunque ammissibili interpretazioni di favore che valorizzino la media delle votazioni conseguite nelle diverse materie, le ragioni che hanno determinato il conseguimento delle insufficienze, il complessivo andamento nel ciclo di studi o l’impegno profuso dal discente durante l’anno scolastico; aspetti questi che possono essere valutati dal Consiglio di Classe nel corso dello scrutinio finale, ma che debbono tradursi, per avere rilevanza ai fini dell’ammissione alla classe successiva, nell’attribuzione di un voto non inferiore alla sufficienza in ciascuna materia.

Per costante giurisprudenza, dalla quale il Collegio non ha alcun motivo per discostarsi, i giudizi espressi dal Consiglio di Classe sono connotati da discrezionalità tecnica. Difatti, il livello di apprendimento e preparazione raggiunto dai singoli alunni costituisce espressione di una valutazione riservata dalla legge al suddetto organo collegiale, il cui giudizio riflette specifiche competenze tecniche solo da esso possedute; pertanto al giudice della legittimità spetta solo di verificare se il procedimento, a conclusione del quale tale giudizio è stato formulato, sia conforme al parametro normativo ovvero ai criteri deliberati previamente dall’organo stesso e non risulti inficiato da vizi di manifesta illogicità, difetto di istruttoria e travisamento dei fatti (cfr. TAR Lombardia Milano, sez. III, 21 settembre 2009 n. 4694).

Si è altresì affermato che la valutazione di legittimità del giudizio di non ammissione alla classe superiore deve essere condotta avendo esclusivo riguardo agli elementi che denotano, alla conclusione dell’anno scolastico, la presenza o meno di un sufficiente livello di preparazione e di maturità dell’alunno, senza che su di essa possa incidere il livello della comunicazione scuolafamiglia intervenuta nel corso del medesimo anno scolastico (cfr. T.A.R. Lombardia Milano, sez. III, 05 agosto 2010, n. 3583).

Per le stesse ragioni, ai fini in discorso, nessun rilievo può rivestire la mancata attivazione di specifici interventi atti a favorire il recupero scolastico dello studente: anche in questo caso la legittimità del giudizio non può dipendere dalla mancata attivazione delle iniziative di sostegno concretatesi in appositi corsi di recupero, la quale non ha alcuna influenza sul giudizio che il consiglio di classe è chiamato ad esprimere in sede di scrutinio finale. Le eventuali disfunzioni organizzative verificatesi nel corso dell’anno scolastico non sono di per sé sufficienti ad inficiare il giudizio di non ammissione di un alunno alla classe superiore il quale, come anticipato, si basa esclusivamente sulla constatazione sia dell’insufficiente preparazione dello studente, sia dell’incompleta maturazione personale, ritenute necessarie per accedere alla successiva fase di studi (cfr. Consiglio Stato, sez. VI, 17 gennaio 2011, n. 236).

Ciò premesso va osservato che nel caso concreto lo studente, in sede di scrutinio finale, ha riportato ben sei insufficienze.

Tale circostanza è decisiva nell’apprezzamento della correttezza dell’operato dell’organo scolastico il quale, a fronte di un numero così elevato di materie per le quali non si sono raggiunti adeguati livelli di apprendimento, non poteva far altro che disporre la non ammissione dell’alunno alla classe successiva.

Pertanto sono del tutto infondate quelle doglianze che deducono il difetto di motivazione, che lamentano l’insufficiente livello della comunicazione scuola famiglia, e che fanno leva sui miglioramenti dimostrati dallo studente nel corso dell’anno scolastico e sulla non gravità delle insufficienze riportate. Su questo specifico punto si osserva che la circostanza che in alcune materie l’alunno abbia conseguito votazioni più prossime al sei che non al cinque non rileva giacché, come anticipato, per poter accedere alla classe superiore occorre conseguire la piena sufficienza in tutte le materie.

Non decisive sono poi le doglianze che lamentano la contraddittorietà fra la motivazione contenuta nel verbale di scrutinio, laddove si evidenziano carenze nella condotta dell’alunno, ed il voto in condotta attribuito. Invero, come detto, la deliberazione di non ammissione alla classe successiva trova già valida e sufficiente giustificazione nella valutazione del profitto scolastico; sicché il riferimento al comportamento è un elemento accessorio che, se anche si rivelasse in contraddizione con le votazione attribuita, non determinerebbe l’illegittimità del giudizio di non ammissione.

Peraltro va osservato che il voto in condotta attribuito allo studente non è eccellente, ma raggiunge la soglia minima della sufficienza; sicché le carenze di comportamento rilevate nel verbale di scrutinio, nel caso concreto, non appaiono francamente in contrasto con la votazione attribuita.

A suffragio delle tesi della ricorrente non è neppure decisivo il richiamo al verbale del Collegio dei docenti del 10 maggio 2011, nel quale si è stabilito che se la media di voti riportati dall’allievo in tutte le materie è pari o superiore a 5,30, il Consiglio di classe può disporre l’ammissione alla classe successiva. Tale disposizione invero deve essere letta in relazione alla norma di rango legislativo sopra illustrata, secondo la quale anche una sola insufficienza è decisiva ai fini del giudizio negativo; pertanto la stessa va intesa quale regola di carattere eccezionale, in applicazione della quale, al ricorrere di particolari circostanze, il Consiglio di classe può discrezionalmente decidere di far transitare al livello di studi superiore l’alunno che, pur non avendo conseguito la sufficienza in tutte le materie, ha una media complessiva delle votazioni riportate durante l’anno scolastico non inferiore a 5,30; fermo restando che, come anticipato, tale decisione deve tradursi nell’attribuzioni di votazioni sufficienti in tutte le materie in sede di scrutinio finale.

Nel caso concreto, come detto, le insufficienze riportate sono davvero numerose; sicché non appare illogica la decisione dell’organo scolastico di non avvalersi della suindicata previsione derogatoria.

Infine del tutto indimostrate sono le illazioni secondo le quali alcuni docenti avrebbero deliberatamente sfavorito l’alunno attribuendogli valutazioni negative nei giorni conclusivi dell’anno scolastico al fine di renderne precaria la situazione in vista dello scrutinio finale.

Tali asserzioni per poter essere positivamente valutate dal giudice debbono essere confortate da sicuri elementi probatori che, nel caso concreto, mancano del tutto.

Per queste ragioni i motivi in esame sono tutti infondati.

Il ricorso deve essere pertanto respinto.

Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la ricorrente a rifondere all’Amministrazione costituita le spese di giudizio che vengono quantificate in euro 800 oltre IVA e c.p.a. se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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