Cass. civ. Sez. I, Sent., 19-01-2012, n. 757 Danno non patrimoniale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

C.A., T.C., Ca.Ro., G.G., To.Lo., S.M. e c. M. hanno proposto separati ricorsi per cassazione, sulla base di un motivo illustrato con memoria, nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze avverso il decreto in data 10 aprile 2009, con il quale la Corte di appello di Firenze ha dichiarato improponibili le domande di equa riparazione per violazione del termine ragionevole di durata di un giudizio da loro promosso davanti al Tar Lazio con ricorso del 13 giugno 2000 e ancora pendente alla data della domanda introduttiva del giudizio per equa riparazione (10 ottobre 2008). La Corte di merito ha fondato la propria decisione sul disposto del D.L. n. 112 del 2008, art. 54, comma 2, convertito con modificazioni nella L. n. 133 del 2008 (secondo il quale la domanda di equa riparazione non è proponibile se nel giudizio davanti al giudice amministrativo nel quale si assume essersi verificata la violazione del termine ragionevole di durata non è stata presentata l’istanza di prelievo di cui al R.D. n. 642 del 1907, art. 51, comma 2). osservando che nel giudizio presupposto di cui trattasi i ricorrenti non hanno presentato l’istanza suddetta.

Il Ministero intimato ha resistito con controricorsi, tranne che nei confronti del ricorso proposto da G.G., in relazione al quale non sono state svolte difese.

Nell’odierna camera di consiglio il collegio ha deliberato che la motivazione della sentenza sia redatta in forma semplificata.

Motivi della decisione

Preliminarmente deve disporsi, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., la riunione dei ricorsi, in quanto attinenti all’impugnazione del medesimo provvedimento. Con l’unico motivo di ricorso i ricorrenti deducono che il D.L. n. del 112 del 2008, art. 54 non è applicabile retroattivamente per i giudizi amministrativi introdotti prima dell’entrata in vigore della norma suddetta. Premesso che nella specie il giudizio amministrativo è stato introdotto con ricorso depositato il 13 giugno 2000, prima dell’entrata in vigore della norma sopra richiamata, il ricorso è manifestamente fondato, in quanto, in tema di equa riparazione ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, la lesione del diritto alla definizione del processo in un termine ragionevole, di cui all’art. 6, paragrafo 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, va riscontrata, anche per le cause davanti al giudice amministrativo, con riferimento al periodo intercorso dall’instaurazione del relativo procedimento, senza che una tale decorrenza del termine ragionevole di durata della causa possa subire ostacoli o slittamenti in relazione alla mancanza dell’istanza di prelievo od alla ritardata presentazione di essa. Nè l’innovazione introdotta dal D.L. 25 giugno 2008, n. 112, art. 54, comma 2, convertito con L. 6 agosto 2008, n. 133, secondo cui la domanda non è proponibile se nel giudizio davanti al giudice amministrativo, in cui si assume essersi verificata la violazione, non sia stata presentata l’istanza "di prelievo" ai sensi del R.D. 17 agosto 1907, n. 642, art. 51, può incidere sugli atti anteriormente compiuti, i cui effetti, in difetto di una disciplina transitoria o di esplicite previsioni contrarie, restano regolati, secondo il fondamentale principio del "tempus regit actum", dalla norma sotto il cui imperio siano stati posti in essere (Cass. 2008/28428);

Il decreto impugnato deve essere conseguentemente annullato e non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2.

Determinata in otto anni e quattro mesi la durata complessiva del giudizio presupposto – promosso con ricorso del 13 giugno 2000 e ancora pendente alla data dell’8 ottobre 2008 – e stabilita in tre anni la durata ragionevole del giudizio stesso, secondo i parametri fissati dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo e dalla Corte di cassazione, il termine di durata non ragionevole va individuato in cinque anni e quattro mesi.

In relazione a tale durata non ragionevole, deve essere liquidato a ciascun ricorrente, a titolo di danno non patrimoniale, l’indennizzo di Euro 4.914,00, oltre agli interessi legali dalla domanda, come già stabilito da questa Corte con ordinanza n. 2526/11 del 2 febbraio 2011, relativa a ricorsi proposti da altri ricorrenti avverso il medesimo decreto della Corte di appello di Firenze n. 730/2008 del 10 aprile 2009.

Le spese del giudizio di merito e quelle del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo, in base alle tariffe professionali previste dall’ordinamento italiano con riferimento al giudizio di natura contenziosa (Cass. 2008/23397;

2008/25352) e tenuto conto della pluralità di ricorrenti, che però nel giudizio presupposto avevano agito unitariamente (Cfr. Cass. 2010/10634), con distrazione delle spese di entrambi i giudizi in favore dei difensori dei ricorrenti, dichiaratisi antistatari.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e li accoglie. Cassa i decreti impugnati e, decidendo nel merito, condanna il Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento in favore di ciascuno dei ricorrenti della somma di Euro 4.914,00, oltre agli interessi legali dalla domanda.

Condanna il Ministero soccombente al pagamento in favore dei ricorrenti delle spese del giudizio di merito, che si liquidano in Euro 1.541.00 di cui Euro 891,00 per competenze ed Euro 50,00 per esborsi, oltre a spese generali e accessori di legge, con distrazione delle stesse in favore del procuratore dei ricorrenti, dichiaratosi antistatario.

Condanna inoltre il Ministero soccombente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che si liquidano in Euro 965,00, di cui Euro 865,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, con distrazione delle stesse in favore del difensore dei ricorrenti, dichiaratosi antistatario.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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