Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 19-01-2012, n. 751 Divieto di intermediazione e di interposizione nelle assunzioni di lavoratori

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Rizzani De Eccher spa, A.F., D.E.M. impugnavano avanti il Giudice del lavoro di Bolzano le ordinanze- ingiunzione con cui erano state inflitte sanzioni amministrative alla detta società, al suo rappresentante legale D.E.M. ed all’amministratore A., in quanto nel cantiere di (OMISSIS) gestito dalla Rizzani spa i lavori in subappalto concordati con tre diverse ditte artigiane erano stati ritenuti mere interposizioni di manodopera, come da accertamenti ispettivi.

Il Giudice del lavoro di Bolzano, riunite le varie procedure, con sentenza del 29.6.2007 rigettava le opposizioni; la Corte di appello su appello dell’ A., del D.E.M. e della Rizzani De Eccher accoglieva il solo ricorso dell’ A. annullando le sanzioni emesse nei suoi confronti e per il resto confermava le opposte ordinanze-ingiunzione. La Corte territoriale rilevava che gli elementi determinanti per la soluzione della controversia erano quelli concernenti l’effettiva utilizzazione della forza lavoro avutasi nel cantiere prima ricordato, in quanto era emerso che i dipendenti delle stesse ditte subappaltatrici erano stati di fatto inseriti nella struttura produttiva della società committente finendo con il mescolarsi con l’ordinaria forza lavoro della stessa.

Era emerso anche da un documento prodotto dalla stessa Rizzani che i dipendenti delle ditte erano stati coordinati da soggetti che non erano dipendenti delle ditte, ma della Rizzani; la società appaltatrice ricorrente aveva procurato vitto ed alloggio per il personale delle ditte sub-appaltatrici, gli organi di controllo del soggetto appaltante principale (la Provincia autonoma di Bolzano) erano stati tenuti completamente all’oscuro dell’esistenza dei sub- appalti (anche il responsabile per la sicurezza);

alcuni testi avevano riferito che le squadre di lavoro erano miste con dipendenti delle dette ditte e della Rizzani; i lavoratori delle prime non avevano effettuato solo le lavorazioni in ferro dedotte nei subappalti ma anche lavorazioni di carpenteria come riferito dagli ispettori. Pertanto la prestazione dedotta in sub-appalto non aveva carattere specialistico e comunque era emerso che le lavorazioni avevano interessato anche altri compiti sotto la guida del personale della Rizzani; le dichiarazioni del V., per cui avrebbe egli personalmente diretto i dipendenti di due ditte sub-appaltatrici, erano smentite da quanto accertato dagli ispettori, lo stesso V. aveva riferito di non essere stato presente in cantiere tutti i giorni, nè erano risultate credibili le dichiarazioni del V. in ordine alla residua ditta in quanto smentite dagli ispettori. Circa la specifica posizione del D.E.M. la Corte territoriale rilevava che lo stesso era il legale rapp.te della Rizzani nonchè specificamente delegato alle supervisione generale della società e che pertanto gravava sullo stesso il dovere di vigilanza sul generale andamento della società, manifestamente omesso nel caso in esame; non era emersa la prova che effettivamente fosse stato a sua volta delegato il sig. T. e che le violazioni contestate fossero addebitabili al comportamento ed agli ordini emanati da questi.

Ricorrono la Rizzani De Eccher spa e il D.E.M. con due motivi; resiste l’Ufficio tutela sociale e del lavoro della provincia autonoma di Bolzano con controricorso.

Motivi della decisione

La pendenza di trattative, che dal 2009 all’odierna udienza avrebbero potuto concludersi, non costituisce motivo di rinvio.

Con il primo, complesso, motivo si allega l’omessa ed insufficiente motivazione circa un fatto controverso, nonchè la violazione e falsa applicazione di norme, in relazione alla L. n. 689 del 1981, art. 23, u.c. e della L. n. 1369 del 1960, art. 1.

Premessa una ricostruzione della giurisprudenza di legittimità in ordine agli elementi rilevatori dell’interposizione fittizia, le parti ricorrenti rilevano che non era stato considerato un documento concernente i lavoratori della ditta Doo Gradnja Servis dal quale emergeva che costoro erano stati coordinati da un dipendente della stessa, soggetto che non era stato indicato come teste perchè non era noto il suo indirizzo. L’elemento dell’anticipo delle spese di alloggio in albergo non era significativo, nè erano significative neppure le dichiarazioni del W.. Le lavorazioni dedotte in subappalto avevano natura specialistica e non rispondeva al vero che erano stati effettuati anche in sub-appalto lavori di carpenteria.

Il motivo appare infondato. La Corte territoriale ha infatti richiamato una pluralità di elementi a riprova dell’esistenza di una interposizione fittizia; in primis quanto emerso negli accertamenti ispettivi nel corso dei quali è risultato che a coordinare i dipendenti delle ditte sub-appaltatrici erano lavoratori della Rizzani De Eccher (come peraltro indirettamente emergente persino in un documento prodotto da parte ricorrente), a cui si aggiungono ulteriori elementi certamente di notevole contenuto indiziante, dall’avere la Rizzani provveduto a pagare vitto ed alloggio ai lavoratori delle tre ditte sub-appaltarici, all’omissione da parte della Rizzani di qualsiasi informazione sui subappalti al principale committente e cioè alla Provincia autonoma di Bolzano, persino al responsabile per la sicurezza (sig. W.). Emerge, secondo la Corte territoriale, anche dai verbali ispettivi che i lavoratori delle ditte (di nazionalità bosniaca) erano impegnati non solo nelle lavorazioni in ferro oggetto dei vari sub-appalti, a carattere specialistico, ma anche in lavorazioni di carpenteria, il che smentisce in pieno la principale tesi difensiva della società e cioè che il subappalto fosse giustificato e limitato contrattualmente alle sole lavorazioni in ferro.

La sentenza impugnata appare congrua e logicamente motivata ed offre un insieme di elementi che sono stati esaminati razionalmente e in modo sistematico in modo da comprovare l’esistenza di una interposizione fittizia in quanto l’attività lavorativa di cui è processo si è svolta sotto il controllo di dipendenti della Rizzani, con una mescolanza con i dipendenti delle ditte sub-appaltatrici e per lavorazioni che non rientravano neppure nei contratti stipulati.

A tale motivazione si oppongono censure di mero fatto che tendono ad una rivalutazione dei fatti così come ricostruiti nelle sentenze di merito, inammissibili in questa sede e censure del tutto infondate come quella relativa alla mancata escussione di un teste mai indicato tra quelli da escutere.

Con il secondo motivo si deduce (per quanto attiene alla posizione di D.E.M.) la violazione e falsa applicazione di diritto in relazione alla L. n. 689 del 1981, artt. 3 e 6. Circa la ritenuta responsabilità del D.E.M. quale legale rappresentante della Rizzani, in realtà era stato delegato T.R. che aveva la responsabilità dei cantieri. Si era prodotto l’organigramma della Rizzani De Eccher (confermato in sede testimoniale) e i bilanci della società. La missiva a suo tempo prodotta alla Doo Gradjia Service era firmata dal T. che aveva poi nominato il S. come capo-cantiere. Il ricorrente non poteva essere individuato come autore della violazione che di fatto era stato inizialmente imputata all’ A.. Non vi era stato alcun tipo di concorso nella violazione amministrativa. Una responsabilità per mancata omissione poteva risultare solo in assenza di specifiche deleghe ed incarichi concernenti gli appalti. La società era di capitali e di grandi dimensioni.

Il motivo appare infondato. La Corte territoriale ha osservato che il D.E.M. era il legale rappresentate della società e delegato specificamente alla supervisione generale come riferito dai testi. Pertanto su di lui gravava certamente un dovere di vigilanza sul generale andamento della società (cfr. cass. n. 11643/2010, cass. n. 20933/09) non solo in relazione alla acclarata funzione di rappresentanza, ma anche in rapporto ai compiti specificamente a lui delegati, dovere che nel caso di specie non è stato assolto. La deduzione circa la pretesa delega al T. del settore dei cantieri è già stata esaminata dalla Corte territoriale che ha sul punto correttamente osservato che non emerge che sia stato il T. in specifico a causare le violazioni di cui è processo, non avendo il ricorrente D.E. provato che l’iniziativa e gli ordini impartiti dal sottoposto T. abbiano determinato l’illegittima situazione oggetto degli accertamenti ispettivi, interrompendo così il nesso causale con la responsabilità di controllo e garanzia che gravava sul ricorrente.

La motivazione appare congrua e logicamente coerente, mentre le censure sono in realtà di mero fatto e mirano ad una rivalutazione degli elementi probatori, inammissibile in questa sede. Le deduzioni sul punto peraltro appiano manifestamente generiche e troppo indirette per dimostrare che il T. abbia "da solo" e direttamente deciso i sub-appalti di cui è processo ed abbia determinato quelle modalità di lavoro che sono state accertate in sede di ispezione.

Pertanto va rigettato il ricorso. Le parti ricorrenti vanno condannate al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come al dispositivo.

P.Q.M.

La Corte:

Rigetta il ricorso. Condanna le parti ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 30,00 per esborsi, nonchè in Euro 2.000,00 per onorari di avvocato, oltre IVA, CPA e spese generali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *