Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 07-04-2011) 16-09-2011, n. 34219 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

M.F.C. ricorre avverso l’ordinanza del 6 dicembre 2010, con cui il Tribunale del Riesame di Messina aveva confermato l’ordinanza cautelare del GIP di quel Tribunale che aveva disposto la sua carcerazione per il reato di tentativo di estorsione aggravata dal metodo mafioso in danno di A.F., titolare del bar (OMISSIS), consumato in concorso con C.G., M.G. e M.M.F..

Deduce il ricorrente la nullità del provvedimento impugnato per l’inadeguatezza della motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza di gravi indizi di colpevolezza; alla qualificazione giuridica della condotta, a suo avviso integrante non un’ipotesi di tentativo, ma di desistenza volontaria; alla ravvisabilità dell’aggravante, ritenuta sussistente in base ad elementi non adeguatamente dimostrativi. Il ricorso è destituito di fondamento, atteso che l’ordinanza impugnata da dettagliatamente conto dello sviluppo della vicenda, che aveva avuto origine da una controversia insorta tra l’ A. e C.G., suo dipendente. Il predetto si era assentato dal lavoro adducendo impedimento costituito da malattia, e pretendeva la retribuzione per il periodo di durata dell’infermità, che l’ A. non aveva inteso corrispondergli avendo scoperto che la malattia addotta era del tutto insussistente, tanto che il C. mentre risultava infermo aveva lavorato altrove.

L’attuale ricorrente era perciò intervenuto per indurre l’ A. a pagare somma ben maggiore di quella in ipotesi dovuta, presentandosi come Don M.C. (OMISSIS), adombrando la qualità di mafioso potente ed autorevole, minacciando così reazioni punitive in caso di inadempimento, dandogli apposito appuntamento per il materiale pagamento. La ricostruzione della vicenda era stata possibile non solo per quanto l’ A. aveva denunciato, ma anche per i riscontri desunti da una serie di intercettazioni telefoniche; il quadro indiziario era perciò ampiamente dimostrativo, e di tanto l’ordinanza impugnata ha dato congrua motivazione. Quanto poi alla qualificazione giuridica della condotta, contestata come tentativo di estorsione, ha correttamente osservato il Tribunale che l’estorsione non era stata condotta a termine non perchè gli autori si fossero volontariamente astenuti dal portare a compimento l’illecito, ma perchè il giorno in cui la somma pretesa avrebbe dovuto essere pagata, era stata notata sul posto la presenza di personale della Polizia di Stato.

Il ricorso va pertanto rigettato, ed al rigetto consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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