Cass. civ. Sez. II, Sent., 23-01-2012, n. 876 Onorari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso deposito il 1 settembre 2005, dinanzi al Tribunale di Nocera Inferiore, l’Avv.to G.V. formulava richiesta di liquidazione di compensi e spese per l’opera professionale prestata in favore della SHASA s.r.l., con sede in (OMISSIS), "a mezzo dell’Avv.to Rachele Olivari da Empoli", esponendo che nell’aprile 2004, previo contatto telefonico con la collega Avv.to Olivari, riceveva missiva con la quale la SHASA s.r.l. lo incaricava di presentare istanza di fallimento nei confronti della società Arbustella Couture s.r.l. presso il Tribunale di Nocera Inferiore;

aggiungeva di avere accertato che era stato dichiarato il fallimento della società Arbustella, comunicandolo alla collega, anche per la necessità di predisporre apposita istanza di ammissione allo stato passivo, ma anche in questo caso gli veniva rimessa una istanza con la sola domiciliazione presso il suo studio e di avere, nonostante ciò, provveduto a prendere parte alle udienze di verifica dello stato passivo avanti al giudice delegato (26.5 e 16.11.2004), tanto che veniva accolta la istanza della SHASA, senza che però venisse mai corrisposto alcunchè per l’opera prestata.

Il Tribunale adito, in composizione collegiale, in assenza dell’intimata, con il provvedimento oggi impugnato per cassazione, accoglieva parzialmente la richiesta del professionista riconoscendogli soltanto i compensi nella qualità di "domiciliatario", come dal medesimo richiedente dichiarato per non essere mai stato investito di mandato alle liti.

Ha impugnato tale provvedimento ai sensi dell’art. 111 Cost. l’Avv.to G. articolando due motivi, cui ha resistito l’intimata con controricorso.

Il ricorrente ha depositato atto di rinuncia al ricorso, accompagnato – in subordine – da memoria illustrativa ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

In via preliminare deve rilevarsi che non può avere alcun effetto estintivo del procedimento la rinuncia depositata da parte ricorrente, unitamente alla memoria ex art. 378 c.p.c., e non notificata alla controparte, essendo formulata con la riserva che ciò non comporti la condanna al pagamento delle spese processuali, nell’impossibilità di verificare ex ante l’evento cui è stata subordinata (v. in tal senso Cass. 16 febbraio 1979 n. 1017; Cass. 24 gennaio 1977 n. 352). Del pari deve rigettarsi la medesima istanza di dichiarazione di cessazione della materia del contendere, avanzata dal ricorrente col medesimo atto, giacchè l’estinzione della lite, sopravvenuta alla proposizione del ricorso per Cassazione, può conseguire ad una sostituzione pattizia, ad opera delle parti, del regolamento degli interessi sostanziali stabilito nella sentenza impugnata con un nuovo regolamento, dal quale consegua il venir meno dell’interesse alla definizione giudiziale della controversia (v.

Cass. 12 marzo 2002 n. 3645). La cessazione della materia del contendere, e quindi l’estinzione del giudizio di Cassazione con travolgimento anche della sentenza di merito, presuppone però la scomparsa di ogni possibile motivo di contrasto, nonchè la manifestazione della volontà del ricorrente di non voler proseguire il processo (Cass. 8 novembre 2003 n. 16785, 6 maggio 2002 n. 6487);

il che equivale, sul piano sostanziale, alla soddisfazione dell’interesse ( art. 100 cod. proc. civ.) che ha indotto la parte ad agire in giudizio o alla sicura rinuncia a soddisfarlo.

Nel caso di specie, di converso, il professionista ha dichiarato di rinunciare al ricorso, subordinandola alla mancata condanna alle spese, solo perchè portato a conoscenza del fallimento della società resistente, ciò significa evidentemente che alcuna soddisfazione dell’interesse sostanziale che lo ha indotto ad agire in giudizio e poi a ricorrere per cassazione risulta realizzato e ciò esclude la possibilità di ravvisare la cessazione della materia del contendere.

Ciò posto, con il primo mezzo il ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione dell’art. 2233 c.c., comma 2, della L. n. 794 del 1942, art. 24, dell’art. 4 disp. gen. di cui al D.M. n. 585 del 1994 e D.M. n. 127 del 2004, con conseguente omessa o meramente apparente motivazione per avere il giudice di prime cure liquidato il solo compenso per la domiciliazione nonostante dall’intera documentazione prodotta risultasse ampiamente dimostrata – e non contestata dalla controparte – l’intera attività prestata.

Con il secondo mezzo il ricorrente deduce la violazione o falsa applicazione dell’art. 2233 c.c., comma 2, e della L. n. 794 del 1942, art. 29 in rapporto all’art. 91 e ss. c.p.c., nonchè omessa motivazione sulla richiesta del professionista di pagamento delle spese della procedura L. n. 794 del 1942, ex art. 28 per avere il Tribunale totalmente omesso di argomentare sul rimborso delle spese processuali affrontate, liquidate con la formula secca "spese irripetibili". Ciò posto, deve esaminarsi la questione pregiudiziale di ammissibilità del ricorso. Nella specie il ricorrente aveva precisato fin dall’atto introduttivo di non avere mai ricevuto un regolare mandato dalla SHASA, rilasciato all’avv.to Rachele Olivari dal legale rappresentante della società.

E’ "jus receptum" che, in tema di liquidazione degli onorari d’avvocato nei confronti del cliente, il giudizio d’opposizione deve svolgersi in ogni caso della L. 13 giugno 1942, n. 794, ex artt. 29 e 30, con la conseguenza che al provvedimento conclusivo va attribuita natura sostanziale di ordinanza, sottratta all’appello ed impugnabile solo con ricorso per cassazione ex art. 111 Cost.. Queste regole, però, non possono trovare applicazione quando la controversia non verta unicamente sulla misura del compenso dovuto all’avvocato e procuratore per prestazioni giudiziali in materia civile, in quanto, ad esempio: siano contestati gli stessi presupposti del diritto del patrono, ovverosia l’esistenza del rapporto professionale o di clientela; le competenze reclamate riguardino, oltre che prestazioni giudiziali in materia civile, prestazioni stragiudiziali in detta materia, o in materia penale, o in giudizi amministrativi; la controversia sia estesa al dedotto inadempimento del professionista alle obbligazioni nascenti a suo carico dal rapporto professionale.

Allorchè si verifichi una di tali ipotesi, il procedimento ordinario, che è il solo previsto e consentito per la definizione di questioni diverse dalla determinazione della misura del compenso dovuto al professionista per prestazioni giudiziali in materia civile, attrae nella sua sfera, per ragioni di connessione, anche la materia propria del procedimento speciale e tutto il giudizio si conclude in primo grado con un provvedimento impugnabile solo con l’appello (v. ex plurimis Cass. 8 agosto 2000 n. 10426).

In linea con questo orientamento giurisprudenziale, che qui si ribadisce, vertendo, nella specie, la controversia sulla spettanza e sulla misura del compenso richiesto dal professionista legale – di cui con il decreto opposto era stato ingiunto alla SHASA il pagamento – per prestazioni professionali rese, per conto dell’opponente, in materia civile che può stragiudiziale (deposito di istanza di ammissione allo stato passivo della società Arbustella e partecipazione alle udienze di verifica dello stato passivo), in assenza di un qualunque mandato alle liti, come chiarito dallo stesso professionista. La gravata ordinanza, infatti, da atto della esauriente dimostrazione, da parte dell’avvocato della sua qualità di "domiciliatario", pur avendo egli insistentemente richiesto il conferimento dell’incarico legale, per cui la pronuncia dei giudici di Nocera Inferiore, all’esito del giudizio di opposizione, poteva e doveva essere impugnata solo con l’appello e non, come è stato fatto, con il ricorso per cassazione. La rilevata inammissibilità di quest’ultimo esclude, ovviamente, la possibilità di esame dei motivi che lo sostengono. Le spese di questo giudizio debbono essere poste a carico del ricorrente soccombente.

P.Q.M.

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di Cassazione, che liquida in complessivi Euro 1.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori, come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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