Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 23-01-2012, n. 847 Commercianti Lavoratori autonomi e professionisti

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Firenze confermava la statuizione di primo grado con cui l’Inps era stato condannato a pagare agli eredi di R.S. la somma di Euro 5.829,13 a titolo di indennizzo per la cessazione dell’attività commerciale ai sensi del D.Lgs. n. 207 del 2006; in particolare il primo Giudice aveva ritenuto cessata la materia del contendere sull’an debeatur, avendo l’Inps riconosciuto il diritto in corso di causa, ma aveva condannato l’Istituto al pagamento della differenza tra quanto dovuto e quanto erogato determinato tramite CTU. La Corte rilevava in fatto che il dante causa degli appellati, il quale aveva compiuto i 62 anni nell’aprile 1998, aveva presentato la domanda il 30 maggio 1997, che era stata rigettata non risultando provata la cancellazione dal Ree; che poi il 15 giugno 2000 il medesimo dante causa aveva presentato domanda per la cancellazione retroattiva dal Rec. L’Inps peraltro aveva concesso la prestazione e quindi aveva ritenuto irrilevante la mancata prova di detta cancellazione, ma aveva errato nella decorrenza, dovendo la prestazione essere erogata anche da data anteriore alla cancellazione dal REC, e precisamente dal compimento dei 62 anni, aprile 1998, dovendosi distinguere tra i requisiti prescritti per il diritto e condizioni per l’erogazione, ed essendo detta cancellazione mero requisito per il pagamento.

Avverso detta sentenza l’Inps ricorre.

Resistono con separati controricorsi gli eredi M.M. ved. R. per sè e i figli R.A. e G. e R. G..

Motivi della decisione

L’Inps, censurando la sentenza per violazione del D.Lgs. n. 503 del 1996, art. 2, e della L. n. 388 del 2000, art. 149, sostiene che non poteva erogare la prestazione se non dopo cancellazione dal Rec, il quale fu abolito con D.Lgs. n. 114 del 1998, art. 26, comma 6, dal 24 aprile 1999. Afferma l’Istituto che la prestazione richiesta spettava quindi dal maggio 1999, primo giorno del mese successivo in cui si erano perfezionati tutti i requisiti, fissando fittiziamente la cancellazione nell’ultimo giorno in cui la cancellazione medesima sarebbe stata possibile, se la richiesta fosse stata presentata anteriormente al 24 aprile 1999.

Si controverte nella presente causa del periodo che dovrebbe essere coperto dall’indennizzo di cui al D.Lgs. n. 207 del 1996, che compete, sotto forma di pensione minima, ai commercianti che cessano l’attività dopo il compimento dei 62 anni e fino al compimento dei 65 anni. La sentenza impugnata lo ha riconosciuto dall’aprile 1998, data appunto del compimento dei 62 anni (la domanda era stata presentata anteriormente), mentre l’Inps sostiene che esso competa dal maggio 1999, quando, a seguito della soppressione, la cancellazione dal Ree non era più necessaria.

Si controverte quindi sul fatto se il requisito della cancellazione sia condizione per l’insorgenza del diritto all’indennizzo, oppure, come deciso dalla sentenza impugnata, mera condizione per la sua erogazione.

La tesi dell’Inps è fondata, come già deciso dalla sentenza di questa Corte n, 6530 del 24/04/2003, in cui si è affermato che "L’indennizzo per cessazione di attività commerciale, previsto dal D.Lgs. n. 207 del 1996, spetta dal primo giorno del mese successivo alla domanda, tuttavia il relativo diritto è condizionato alla cancellazione del titolare dell’attività dal registro degli esercenti il commercio e dal registro delle imprese presso la Camera di commercio, industria, artigianato ed agricoltura, con la conseguenza che, ove la cancellazione intervenga in un momento successivo alla domanda, a tale momento è differita la decorrenza della prestazione".

Il ricorso merita dunque accoglimento, con conseguente cassazione dell’impugnata sentenza.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito, con la reiezione della domanda di cui al ricorso introduttivo; applicandosi ratione temporis il disposto dell’art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo vigente anteriormente alle modifiche di cui al D.L. n. 269 del 2003, convertito in L. n. 326 del 2003, non è luogo a provvedere sulle spese afferenti all’intero processo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda di cui al ricorso introduttivo. Nulla sulle spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, il 27 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 23 gennaio 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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