Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 05-07-2011) 16-09-2011, n. 34258

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con sentenza del 23 giugno 2010 la Corte d’appello di Lecce confermava la decisione del giudice dell’udienza preliminare che, all’esito di giudizio abbreviato, aveva dichiarato D. G. colpevole del delitto di calunnia, per avere, in concorso con M.M. e S.L. (separatamente giudicati), determinato quest’ultima, rappresentante legale della srl "Sviluppo Salento", a denunciare falsamente lo smarrimento di due assegni tratti sul c/c della società e consegnati a esso D., il quale, prima della denuncia, aveva girato quello riempito dell’importo di Euro 7.550 alla srl "Fin.Co." in pagamento di un debito, ricevendo il resto (Euro 2.350) in contanti.

Contro la sentenza ricorre la difesa dell’imputato, che denuncia anzitutto l’inutilizzabilità delle dichiarazioni accusatorie rese da M. per violazione dell’art. 63 c.p.p., perchè, nel momento in cui rivelò che lui stesso aveva compilato e consegnato gli assegni de quibus al ricorrente e che sempre lui aveva indotto la S. a presentare la falsa denuncia di smarrimento, emerse il suo coinvolgimento nel reato. Denuncia poi contraddittorietà e illogicità della motivazione in ordine all’affermazione di responsabilità, censurando anzitutto che la Corte di merito, dopo avere osservato che non era credibile la dichiarazione di M., secondo cui egli aveva invitato la S. a presentare la denuncia di smarrimento perchè D. gli aveva comunicato di avere smarrito gli assegni ricevuti, abbia poi ritenuto attendibile l’accusa da lui mossa a D.. Sostiene ancora che dal fatto che, all’esito della vicenda, il ricorrente abbia tratto l’illecito profitto rappresentato dall’estinzione del debito verso la "Fin.Co." e dall’ingiusta percezione della somma di Euro 2.350, non è logico dedurre che avesse indotto M. e la S. alla falsa denuncia. Infatti, una volta girato l’assegno alla "Fin.Co.", egli non aveva alcun interesse a bloccarne il pagamento. Non solo, ma la tesi che M. e il ricorrente si sarebbero accordati fin dall’inizio per ingannare la "Fin.Co." è contraddetta dal fatto che il ricorrente, come contropartita degli assegni ricevuti ne aveva rilasciati altrettanti di pari importo, che, messi all’incasso, furono protestati. Ed è altresì contraddetta dalla circostanza che, sebbene il primo assegno fosse stato girato alla "Fin.Co." fin dal 31.5.2005, la falsa denuncia intervenne soltanto il 6.6.2005, con un ritardo che implicava il rischio – inconcepibile nell’ipotesi del previo accordo – che l’assegno fosse pagato. E, allora, la vera ragione della presentazione della falsa denuncia di smarrimento sta – conclude il ricorrente – nel disegno di "autotutela" concepito da M. quando apprese che il primo degli assegni ricevuti in cambio, messo subito all’incasso, stava per essere protestato per mancanza di fondi. Si chiede pertanto l’annullamento della sentenza.

2. Il ricorso è fondato, a cominciare dal motivo che deduce l’inutilizzabilità delle dichiarazioni rese da M., il quale, quando fu sentito a sommarie informazioni dalla polizia giudiziaria, era già investito da seri indizi del reato di calunnia.

Il procedimento penale è stato aperto su impulso di D.L., Amministratore della "Fin.Co" che denunciò la manovra fraudolenta che gli aveva impedito di incassare l’assegno e M. è stato sentito dopo che la S., autrice della falsa denuncia di smarrimento, aveva dichiarato che era stato M., Amministratore di fatto della "Sviluppo Salento", a firmare e negoziare gli assegni in discorso e, sei giorni dopo (quando – sottolinea l’informativa della polizia giudiziaria – M. apprese che gli assegni ricevuti in cambio non sarebbero stati pagati per mancanza di fondi), a indurla a presentare la falsa denuncia di smarrimento.

A carico di M., quando fu sentito, esistevano dunque concreti indizi di realtà, ragion per cui avrebbe dovuto essere sentito come persona sottoposta alle indagini, nel rispetto delle regole dettate dall’art. 530 c.p.p., la cui inosservanza, a norma dell’art. 63 c.p.p., comma 2, è sanzionata con l’inutilizzabilità delle dichiarazioni rese.

Pertanto, espunte dal quadro probatorio le dichiarazioni accusatorie di M., nei confronti del ricorrente residuano soltanto meri sospetti, inidonei a fondare un giudizio di colpevolezza. Per queste ragioni, apparendo superfluo il rinvio, va direttamente pronunciato il proscioglimento per non avere commesso il fatto.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione annulla senza rinvio la sentenza impugnata per non aver commesso il fatto.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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