T.A.R. Lombardia Milano Sez. IV, Sent., 05-10-2011, n. 2335 Controversie in materia elettorale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con il presente gravame il ricorrente, nella qualità di candidato alla carica di consigliere comunale nella zona 1 del comune di Milano nella lista "Nuovo Polo per Milano" in occasione delle elezioni svoltesi il 1516 maggio 2011, impugna il verbale di proclamazione degli eletti e delle operazioni elettorali limitatamente alle elezioni e alla nomina dei consiglieri del consiglio di zona 1, chiedendo il riesame delle relative schede di colore verde e il riconteggio delle preferenze (105 sezioni, 52.105 votanti).

A sostegno del proprio ricorso l’istante, premettendo di essere stato il primo non eletto della lista con 54 preferenze rispetto alla candidata eletta P., controinteressata nel presente giudizio, che ha ottenuto 60 preferenze, assume di aver rilevato nella qualità di rappresentante di lista in alcune sezioni diversi errori di attribuzione delle preferenze nominative da parte dei presidenti di sezione, causati da impreparazione dei medesimi e da irregolarità nella compilazione delle schede elettorali da parte dei votanti, nonché di aver accertato l’irregolare redazione dei verbali, mancanti di alcuni elementi essenziali come il numero degli aventi diritto al voto, dei votanti effettivi, delle schede nulle, dei voti attribuiti alla coalizione, nonché di aver rilevato un anomalo numero di schede nulle in almeno 16 sezioni, con una media di 1415 per sezione.

A sostegno del proprio assunto, il ricorrente ha prodotto il solo verbale delle operazioni di spoglio della sezione n. 250, relativo alle schede blu per l’elezione del sindaco e consiglio comunale, da cui risulta la contestazione di un singolo voto di preferenza espresso per il candidato "M." che il presidente ha ritenuto invalido per la non univocità del voto, in ragione della presenza dei due candidati M.M. e L.M..

Si è costituita in giudizio la controinteressata P., che ha eccepito in via preliminare l’inammissibilità del ricorso per genericità delle censure, per il mancato assolvimento dell’onere della prova e per carenza di interesse, chiedendone, in ogni caso, la reiezione per infondatezza nel merito.

All’udienza pubblica del 4 ottobre 2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Il collegio ritiene di accogliere l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dalla controinteressata.

Come risulta, infatti, dalla costante giurisprudenza amministrativa, nel giudizio elettorale, sebbene l’onere di provare i motivi di censura diretti a far valere le illegittimità denunciate sia da considerarsi attenuato, in considerazione del fatto che la parte agente, di regola, non è in grado di avere un’approfondita conoscenza di tutti gli atti relativi alle operazioni elettorali impugnate, tuttavia tale minore rigore non può essere esteso fino al punto di ammettere la proposizione di doglianze generiche, tali da trasformare il giudizio elettorale in una pressoché generale ripetizione ope iudicis delle operazioni di scrutinio. Pertanto, anche nei ricorsi elettorali è necessario che la prospettazione di specifiche censure sia sorretta quanto meno da un principio di prova e dal riferimento a fatti concreti (cfr. Cons. Stato, sez. V, 3 aprile 2006, n. 1726).

In materia elettorale, infatti, la giurisdizione non è di diritto oggettivo nè concerne la tutela di diritti soggettivi perfetti, ma si basa, anche al fine di contemperare tutti gli interessi in conflitto, sul principio di certezza dei rapporti di diritto pubblico; pertanto, i poteri del giudice sono esercitabili nell’ambito costituito dall’oggetto del giudizio, così come delimitato dal ricorrente attraverso la tempestiva indicazione degli specifici vizi di cui sono affette le operazioni elettorali e, conseguentemente, l’atto di proclamazione degli eletti che le conclude, essendo inammissibili doglianze generiche o ipotizzanti la sussistenza di tipologie astratte di vizi (Cons. Stato, sez. V, 28 settembre 2005, n. 5201).

Sebbene il requisito della specificità dei motivi nei ricorsi elettorali debba essere valutato con rigore attenuato, tuttavia le censure non possono tradursi in doglianze generiche, avendo il ricorrente l’onere di indicare con precisione, oltre che il numero delle schede contestate, anche la natura del vizio denunciato. Ciò all’evidente scopo di evitare che l’astratta deduzione di vizi si trasformi in un mero espediente per provocare sic et simpliciter il generale riesame delle operazioni di scrutinio innanzi al giudice amministrativo. Invero, nel giudizio elettorale la precisione dei motivi non può scendere al di sotto di una soglia minimale che consenta di filtrare i ricorsi meramente "esplorativi", ossia quelli proposti al buio ed unicamente miranti a sollecitare l’effettuazione, da parte del giudicante, di accertamenti istruttori (verificazioni o consulenze tecniche) diretti ad una rinnovata ed indiscriminata ripetizione, in sede contenziosa, di tutte o di gran parte delle complesse operazioni del procedimento elettorale, confidando nella possibilità di un’emersione ex post di taluna delle irregolarità denunciate (TAR Campania, sez. II, 16 novembre 2006, n. 9709).

In tema di impugnazione delle operazioni elettorali, l’onere di fornire un serio principio di prova in ordine alle illegittimità denunciate è a carico al soggetto che agisce in giudizio, che in virtù delle particolarità del procedimento deve supportare la propria denuncia mediante la prospettazione di specifiche censure di cui sia traccia nei documenti o in altri documenti utili a fornire un principio di prova, non potendosi dare accesso a doglianze generiche tali da trasformare il giudizio in una generale ripetizione delle operazioni di scrutinio. L’intervento dei rappresentanti di lista, infatti, consente ai candidati di partecipare attivamente alle operazioni elettorali, muovendo le contestazioni del caso, ovviamente verbalizzate, così da far emergere ed eventualmente risolvere contrasti in ordine all’assegnazione dei voti. Deve pertanto considerarsi inammissibile il ricorso elettorale rivolto all’annullamento delle operazioni elettorali fondato sulle asserzioni di terzi presenti alle operazioni di spoglio, non riportate sui processi verbali e quindi sprovviste di ogni possibilità di verifica estrinseca (TAR Calabria, sez. I, 28 ottobre 2003, n. 3035).

Nella fattispecie in questione tali prove documentali non sono state fornite, basandosi le censure del ricorrente su meri sospetti non supportati da alcun elemento probatorio. Né risultano allegate verbalizzazioni da parte di rappresentanti di lista o di presidenti di sezione da cui si evincano contestazioni del tipo di quelle asserite dal ricorrente. Del resto, l’unico esempio concreto dallo stesso allegato concerne una fattispecie diversa rispetto alle censure dedotte, verificatasi nell’ambito delle elezioni del sindaco a possibile voto disgiunto (schede blu e non verdi) e per di più risolta del tutto rigorosamente e rettamente dal presidente di sezione, in considerazione dell’omonimia dei candidati e della conseguente non univocità del voto espresso sulla scheda.

Riguardo, invece, all’asserita illegittimità delle operazioni elettorali che conseguirebbe dall’irregolarità nella compilazione dei verbali, deve rilevarsi che, per giurisprudenza costante, sono inidonei a determinare l’annullamento delle operazioni elettorali i vizi formali nella compilazione dei verbali delle sezioni elettorali e dei relativi allegati, o da questi emergenti, che riguardano, di volta in volta, la corrispondenza tra il numero degli iscritti e dei votanti; il numero delle schede autenticate, di quelle utilizzate per il voto e di quelle non utilizzate; il riepilogo dei voti relativi allo scrutinio per l’elezione del sindaco e dei consiglieri comunali; la congruenza tra voti di preferenza e voti di lista dal momento che la deduzione della omessa verbalizzazione del numero delle schede autenticate e non utilizzate non può giustificare la declaratoria di annullamento e rinnovazione delle operazioni elettorali, allorché non si deduca anche la irregolarità delle operazioni di voto. Per il principio di strumentalità delle forme, infatti, la nullità può essere determinata solo dalla mancanza di quegli elementi essenziali atti ad impedire il raggiungimento dello scopo cui l’atto è prefigurato, qualora si verifichino vizi tali da pregiudicare le garanzie dell’espressione della libertà di voto, circostanza non verificatasi nella fattispecie in questione.

Alla luce delle suesposte considerazioni il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile per carenza di interesse.

Sussistono, tuttavia, giusti motivi, in considerazione delle peculiarità della fattispecie, per disporre l’integrale compensazione fra le parti delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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