T.A.R. Molise Campobasso Sez. I, Sent., 05-10-2011, n. 584 Provvedimenti di polizia

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il ricorrente impugna con il presente ricorso il provvedimento del Prefetto di Campobasso, n. 10672 del 13 agosto 1996, con cui viene allo stesso revocata la dichiarazione di idoneità per l’accensione di fuochi artificiali. Il detto provvedimento è adottato in seguito alle lesioni gravissime riportate da tre minori per il ritrovamento di un ordigno inesploso, in occasione dello spettacolo pirotecnico organizzato in data 2 luglio 1996 nel Comune di Bojano, in località Pitoscia/Pulsone.

L’operazione di bonifica dell’area interessata alla ricaduta dei residui di fuochi artificiali, ivi comprese le bombe inesplose, era stata affidata al ricorrente e ad altre persone dipendenti dell’impresa pirotecnica autorizzata ad accendere i fuochi. Detta bonifica, secondo quanto si legge nella relazione redatta dalla Stazione dei Carabinieri di Bojano, è " stata condotta con superficialità, negligenza e imperizia, tale da lasciare sul terreno le bombe inesplose….".

In seguito al ferimento dei tre minori il Prefetto, quindi, ritenendo sussistenti dubbi sulla persistenza in capo al ricorrente "degli occorrenti requisiti di capacità tecnica ed affidabilità per un corretto e responsabile assolvimento dei compiti cui hanno riguardo le abilitazioni conseguite" ha decretato la revoca dei titoli abilitativi in precedenza concessi.

Avverso detto decreto si propone il presente ricorso a sostegno del quale si deduce:

violazione e falsa applicazione degli articoli 8 e 11, comma 3 del R.D. 18 giugno 1931 n. 773. Il ricorrente afferma, in particolare, che gli eventi verificatisi erano da attribuire solo al titolare dell’impresa pirotecnica il quale avrebbe dovuto ricontrollare il territorio prima di restituirlo alla disponibilità della collettività in quanto solo lui conosceva le sostanze impiegate nella fabbricazione dei fuochi d’artificio utilizzati, gli effetti che avrebbero avuto e quindi la superficie che sarebbe rimasta interessata. Il ricorrente non potendo e non dovendo conoscere tutti questi parametri si sarebbe limitato solo al rastrellamento del territorio assegnato non rinvenendo alcun ordigno inesploso;

eccesso di potere per difetto di istruttoria e difetto di motivazione, in quanto dalla relazione redatta dai Carabinieri di Bojano non risulta l’area che sarebbe stata rastrellata e bonificata dal ricorrente, né risulta in quale zona l’ordigno è stato ritrovato dai minori;

illogicità manifesta ed ingiustizia manifesta in quanto il decreto di revoca impugnato non terrebbe conto della responsabilità soggettiva del titolare dell’autorizzazione, dell’incarico occasionale del rastrellamento del ricorrente e dell’insufficiente bagaglio informativo sui fatti.

Si è costituita in giudizio l’intimata Amministrazione affermando la infondatezza del proposto ricorso e concludendo perché lo stesso venga respinto.

Con ordinanza n. 728 del 1996 questo Tribunale ha respinto la domanda cautelare di sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato.

Alla pubblica udienza dell’8 giugno 2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Il ricorso non è fondato e va, pertanto, respinto.

Preliminarmente va ricordato il consolidato orientamento della giurisprudenza in materia di autorizzazioni di polizia secondo il quale l’Amministrazione dell’Interno ha un potere ampiamente discrezionale per valutare con il massimo rigore qualsiasi circostanza che consigli l’adozione di un provvedimento di revoca, potendo esercitare il suo potere nel rispetto dei canoni tipici della discrezionalità amministrativa, sia sotto il profilo motivazionale che sotto quello della coerenza logica e della ragionevolezza, dandosi conto in motivazione dell’adeguata istruttoria espletata al fine di evidenziare le circostanze di fatto in ragione delle quali il soggetto richiedente sia ritenuto pericoloso o comunque capace di abusi ovvero inidoneo all’esercizio di determinate attività (cfr. T.A.R. Campania Napoli, sez. V, 18 gennaio 2011, n. 258).

Con specifico riferimento alla posizione dell’odierno ricorrente, sig. C.B., la rilevata inidoneità è stata ricondotta dall’amministrazione "all’imperizia con cui egli ha condotto le operazioni di bonifica". Il ricorrente, infatti, era dipendente del sig. M.C., titolare dell’impresa autorizzata all’accensione dei fuochi, espressamente incaricato delle operazioni di bonifica a seguire lo spettacolo pirotecnico. Del pari oggettivo è il rinvenimento di ordigni inesplosi che, appunto rinvenuti e raccolti da minori, ne avevano causato il grave ferimento. E quindi il provvedimento che ha colpito il ricorrente non si fonda su di una sorta di estensione nei suoi confronti delle responsabilità del titolare dell’impresa, bensì direttamente – per come peraltro si legge agevolmente nel provvedimento impugnato – sulla condotta personale oggettivamente negligente trattandosi, come si è già detto, di operare la bonifica di un determinato terreno. Devesi anche rilevare che, sempre con specifico riferimento alla posizione dell’odierno ricorrente, la deliberata dichiarazione di non idoneità per l’accensione di fuochi artificiali consegue, oltre che al rilevato profilo di imperizia nella conduzione delle operazioni di bonifica, ad altro elemento. Si tratta di episodi che, meglio esplicitati nel provvedimento in data 10 luglio 1996 con cui la dichiarazione di idoneità era solo cautelativamente sospesa (produzione e detenzione di artifici esplodenti e fuochi pirotecnici non classificati), sono tuttavia richiamati nella motivazione del provvedimento in questa sede impugnato. E che ovviamente concorrono al raggiungimento della convinzione in capo alla preposta Autorità di polizia della non affidabilità del ricorrente, invero sia sotto il profilo più squisitamente tecnico che quello più ampiamente comportamentale. Siffatta valutazione, infatti, deve ritenersi legittima in quanto riferita a comportamenti ed attività posti in essere personalmente dal ricorrente.

Del pari legittimo risulta l’operato della resistente Amministrazione con riguardo al profilo dell’asserito difetto di istruttoria. In disparte il profilo per cui gli accertamenti in fatto sui quali si fonda il provvedimento sono recati da rapporti redatti da organi a tale compito ufficialmente preposti e che fanno prova fino a querela di falso, non riescono le argomentazioni di parte ricorrente a superare dati di fatto incontrovertibili: che il ricorrente fosse addetto alla bonifica; che questa sia stata condotta con grave superficialità: Del tutto irrilevante si mostra, rispetto a detti elementi, la circostanza di una asserita (ed invero non comprovata e non comprovabile) ripartizione in zone del terreno da bonificare.

Conclusivamente, ribadite le svolte considerazioni, il Collegio respinge il ricorso in esame poiché infondato.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna il ricorrente al pagamento in favore della resistente amministrazione delle spese di giudizio che liquida complessivamente in euro 3.000,00, oltre IVA, CAP e spese generali come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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