Cass. civ. Sez. I, Sent., 25-01-2012, n. 1078 Interessi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con decreto emesso il 4 settembre 2008 la Corte d’appello di Roma condannava la Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento della somma di Euro 5.000,00 in favore della signora G. F. e di altri 34 ricorrenti indicati in epigrafe, a titolo di equa riparazione, ex art. 6, paragrafo 1, della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, per la violazione del termine ragionevole, per cinque anni, del processo da essi promosso nei confronti del Ministero della Giustizia dinanzi al Tar del Lazio e proseguito in secondo grado dinanzi al Consiglio di Stato che fo aveva definito con sentenza 6 marzo 2006 per ottenere la rivalutazione monetaria e gli interessi legali su compensi tardivamente percepiti a seguito dell’inquadramento definitivo nelle qualifiche professionali L. n. 312 del 1980, ex artt. 3 e 4; con gli interessi legali dalla data del decreto e la rifusione delle spese di giudizio, liquidate in complessivi Euro 3.260,00, comprensivi del rimborso delle spese generali: di cui, Euro 1.300,00 per onorari ed Euro 1.500,00 per diritti; oltre gli accessori di legge, da distrarre in favore dei due difensori antistatari.

Avverso il provvedimento non notificato, i suddetti soggetti proponevano ricorso per cassazione, notificato il 4 novembre 2009, deducendo, in tre motivi:

1) la contraddittorietà della motivazione nell’accertamento in cinque, anzichè sei anni del ritardo irragionevole, in contrasto con la durata dallo stesso giudice dichiarata congrua in tre e due anni dei due gradi di un processo di non particolare complessità;

2) l’erronea decorrenza degli interessi dalla data della decisione, anzichè della domanda;

3) la liquidazione riduttiva delle spese processuali poste a carico del Ministero soccombente.

Quest’ultimo non si costituiva in giudizio.

All’udienza del 28 novembre 2011 il Procuratore generale e il difensore precisavano le rispettive conclusioni come da verbale, in epigrafe riportate.

All’esito della deliberazione in camera di consiglio, il collegio disponeva la redazione della motivazione in forma semplificata.

Motivi della decisione

Il primo motivo è infondato.

E’ vero che la corte territoriale, dopo aver richiamato gli esatti parametri di durata ragionevole (3 anni per il primo grado, 2 per il secondo) ha contraddittoriamente determinato in 5 anni, anzichè 6, il ritardo di un processo durato complessivamente 11 anni. Tuttavia, ha poi liquidato in Euro 5.000,00 l’equo indennizzo, sostanzialmente corrispondente alla somma effettivamente dovuta in base ai consolidati criteri di questa Corte. Del tutto irrilevante risulta l’ulteriore errore – frutto di disattenta stesura della motivazione – commesso nell’indicare una prima volta in Euro 600,00 l’indennizzo annuo, e poi in effettivi Euro 1000, quello in concreto attribuito.

E’ fondato invece il secondo motivo relativo alla decorrenza degli interessi che, come in una condanna al pagamento di una somma a titolo indennitario va fissata a partire dalla domanda (Cass.,sez. 1, 5 Settembre 2011, n. 18150; Cass., sez. 1, 13 Aprile 2006 n.8712).

Il decreto impugnato deve essere quindi cassato in parte qua e in assenza della necessità di ulteriori accertamenti di fatto va riformato nel merito, con la condanna della Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento della sorte-capitale di Euro 5.000,00 per ciascuno dei ricorrenti, con gli interessi legali dalla domanda.

L’accoglimento del predetto motivo comporta l’assorbimento dell’ultima censura, riguardante il regolamento delle spese processuali ( art. 336 c.p.c., comma 1).

Le stesse vanno quindi liquidate, come in dispositivo, sulla base del valore della causa ritenuto in sentenza e della semplicità delle questioni trattate; e compensate per la metà, in ordine alla fase di legittimità, tenuto conto dell’accoglimento solo parziale del ricorso.

Al riguardo, occorre rilevare, in punto di diritto, che nel proporre frazionatamente numerosi ricorsi aventi eguale oggetto e contenuto, fondati come sono sulla medesima violazione del termine ragionevole di un unico processo promosso dinanzi al Tar e proseguito poi in secondo grado dinanzi al Consiglio di Stato, le parti hanno commesso un evidente abuso del processo, dilatando, senza necessità alcuna, gli oneri processuali fino al provvedimento di riunione ex art. 74 c.p.c. (Cass. sez. unite, 15 Novembre 2007 n.23.726). Pertanto sin dall’inizio – e non solo dalla riunione, secondo la regola di cui al D.M. 8 aprile 2004, n. 127, art. 5, comma 4, applicabile agli ordinari casi di connessione di cause pendenti dinanzi al medesimo giudice ( art. 274 c.p.c.) – si deve procedere alla liquidazione di un’unica voce di onorari, così come di diritti (Cass., sez. 1, 3 maggio 2010, n. 10634).

P.Q.M.

– Accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato nei sensi di cui in motivazione e, decidendo nel merito, condanna la Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento dalla data della domanda degli interessi legali sulla somma di Euro 5000,00 liquidata dalla Corte d’appello di Roma a ciascuna delle parti ricorrenti;

– condanna la Presidenza del Consiglio dei Ministri, con distrazione in favore degli avv. Ferdinando Emilio Abbate e Giovambattista Ferriolo, alla rifusione delle spese del primo grado, liquidate in complessivi Euro 4.430,00, di cui Euro3.030,00 per diritti ed Euro 1300,00 per onorari, oltre le spese generali e gli accessori di legge, nonchè, con distrazione in favore dell’avv. Ferdinando Emilio Abbate di metà delle spese del giudizio di cassazione, frazione liquidata in complessivi Euro 650,00, di cui Euro 600,00 per onorari, oltre le spese generali e gli accessori di legge, con compensazione della residua metà.

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