Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 25-01-2012, n. 1046 Contributi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

Con sentenza del 17/5/00 il giudice del lavoro di Prato riconobbe a G.R. il diritto alla rivalutazione contributiva di cui alla L. 27 marzo 1992, n. 257, art. 13, comma 8, per i periodi in cui, a causa dell’attività lavorativa autonoma e subordinata di cernitore di stracci, era stato esposto agli effetti nocivi dell’amianto. Tale sentenza fu impugnata dall’Inps che, nell’opporsi al riconoscimento del beneficio, dedusse che il G. era già titolare di pensione, che per gran parte del periodo di esposizione all’amianto il medesimo aveva svolto attività lavorativa autonoma e che, in ogni caso, tale esposizione non si era protratta per oltre dieci anni.

All’esito del contraddittorio, con sentenza del 17/2/01, la Corte d’Appello di Firenze riformò la decisione gravata sulla base del rilievo che il beneficio in esame, seppure previsto per i lavoratori autonomi, non poteva essere riconosciuto al G., il quale era già titolare di pensione di invalidità a decorrere dall’1/11/92. A seguito di ricorso del G. e di ricorso incidentale dell’Inps, la Corte di Cassazione, con sentenza n. 14699 del 16/10/02, riunì i ricorsi ed annullò la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti, rinviando la causa per un nuovo esame alla Corte d’Appello di Bologna, dopo aver rilevato che il beneficio in questione non competeva a coloro che alla data di entrata in vigore della legge n. 257/92 erano titolari di pensione di anzianità o di vecchiaia o di inabilità, mentre spettava ai lavoratori ancora in attività e a quelli titolari di pensione o assegno di invalidità, per i quali non poteva ritenersi preclusa la possibilità di svolgere attività lavorativa.

Riassunto il giudizio da parte del G., all’esito del contraddittorio dell’Inps, la Corte d’Appello di Bologna, con sentenza del 28/6/07 – 18/1/08, preso atto degli esiti della consulenza medico-legale disposta d’ufficio e della prova orale, ha condannato l’ente previdenziale a ricostituire la posizione pensionistica del ricorrente con la maggiorazione contributiva di cui alla L. n. 257 del 1992, citato art. 13, comma 8, in relazione ai periodi 1/1/1963 – 30/9/1965 e 1/7/1980 – 31/12/1990, per una anzianità contributiva di anni tredici e mesi tre.

Per la cassazione della sentenza propone ricorso l’Inps attraverso un solo articolato motivo di censura che fa leva sulla prescrizione dei contributi da rivalutare in relazione al periodo intercorso dal 1980 al 31/3/87.

Resiste l’intimato il quale propone, a sua volta, ricorso incidentale condizionato diretto a far accertare che, a causa del riconoscimento in suo favore della rendita Inail al 16% di invalidità per asbestosi polmonare contratta per l’inalazione delle polveri di amianto, trova applicazione, nella fattispecie, la L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 7 che non contempla, per tali casi, limiti temporali di esposizione ai fini del beneficio di cui trattasi.

L’Inps deposita, altresì, memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

Preliminarmente va disposta la riunione dei ricorsi ai sensi dell’art. 335 c.p.c. Con un unico articolato motivo di censura l’Inps deduce l’omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, dolendosi della mancata spiegazione, da parte della Corte d’appello, delle ragioni per le quali si è ritenuto che anche per il periodo compreso tra il 1980 ed il 31/3/1987, rispetto al quale era stata già accertata in primo grado la prescrizione della richiesta di rivalutazione della contribuzione, il G. potesse vedersi accreditata una contribuzione suscettibile di rivalutazione L. n. 257 del 1992, ex art. 13. A sostegno di tale assunto l’Inps fa osservare che aveva ottenuto la condanna del datore di lavoro al pagamento dei contributi per il solo periodo decorrente dall’1/4/1997 in poi e rileva, altresì, che la mancata disamina di tale questione aveva condotto la Corte territoriale ad includere erroneamente nel novero dei 13 anni e 3 mesi di contribuzione rivalutabile anche il periodo di circa sette anni, compreso tra il 1980 ed il 31/3/1987, rispetto al quale non era, invece, più possibile operare alcun recupero di contributi e, di conseguenza, alcuna rivalutazione ai sensi della L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8, stante la mancanza della relativa provvista contributiva. Osserva la Corte che il ricorso principale è infondato.

Invero, non può non rilevarsi che, in spregio al principio della autosufficienza del ricorso per cassazione che contraddistingue il giudizio di legittimità, la difesa dell’Inps, nel sostenere di aver contestato specificamente il periodo di rivalutazione contributiva dedotto dal G., non ha, in realtà, precisato se tale contestazione era avvenuta in maniera specifica e, sopratutto, in modo tempestivo nella precedente fase del giudizio d’appello, non consentendo, in tal modo, di verificarne l’ammissibilità.

Oltretutto, tali precisazioni si imponevano anche in considerazione del fatto che il periodo dei circa sette anni compreso tra il 1980 ed il 1987, che avrebbe dovuto essere precluso dal calcolo della rivalutazione contributiva per effetto della dedotta prescrizione, fu oggetto dell’appello incidentale dell’assicurato, mirante al riconoscimento del beneficio in questione, appello a sua volta ritenuto assorbito dalla Corte d’appello di Firenze con la sentenza n. 112/2001 che aveva affermato in via prioritaria che la qualità di titolare di pensione di invalidità posseduta dal G. era ostativa all’attribuzione del coefficiente moltiplicatore; tuttavia, tale decisione fu cassata proprio in relazione a quest’ultimo aspetto, con conseguente trasmissione degli atti alla Corte d’appello di Bologna per lo svolgimento del conseguente giudizio di rinvio.

Nè può trascurarsi di considerare che attraverso il ricorso si tenta una rivalutazione dei fatti di causa, come allorquando viene prospettata la ricostruzione della posizione contributiva dell’assicurato, che è inammissibile nella presente sede di legittimità.

D’altronde, la difesa dell’Inps non ha impugnato la decisione della Corte di merito nella parte in cui la stessa ha seguito la consulenza tecnica d’ufficio in relazione ai periodi di esposizione al rischio ed al superamento, in tali periodi, della soglia di esposizione prefigurata dalla normativa di riferimento, oltre che dei relativi limiti di rischio, ai fini della verifica della ricorrenza dei presupposti di legge per il riconoscimento della rivalutazione contributiva della L. n. 257 del 1992, ex art. 13, comma 8.

Il rigetto del ricorso principale porta all’assorbimento di quello incidentale condizionato con il quale il G., lamentando di essere affetto dall’asbestosi contratta per le polveri d’amianto, ha chiesto, per effetto del conseguimento della rendita commisurata al 16% per malattia professionale, il riconoscimento senza alcun limite temporale, ai sensi della L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 7, dell’esposizione al rischio di cui trattasi, sicchè il diritto doveva essergli riconosciuto in relazione a tutti i periodi di effettiva esposizione all’amianto. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza dell’Inps e vanno poste a suo carico nella misura liquidata come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito quello incidentale condizionato. Condanna l’Inps al pagamento delle spese del presente giudizio nella misura di Euro 3000,00 per onorario, oltre Euro 50,00 per esborsi, nonchè I.V.A., C.P.A. e spese generali ai sensi di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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