Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 02-03-2011) 16-09-2011, n. 34243 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Il Tribunale di Massa, con sentenza 2/11/2005, adottava – tra l’altro – le seguenti statuizioni:

– dichiarava B.R. colpevole del reato di partecipazione ad un’associazione per delinquere finalizzata all’immigrazione clandestina, allo sfruttamento e agevolazione della prostituzione di donne straniere, nonchè del reato di favoreggiamento della prostituzione di tali ragazze all’interno del (OMISSIS), provvedendo al trasferimento delle medesime dalle rispettive abitazioni al luogo di lavoro e viceversa (capo sub B4), e lo condannava alla pena di anni due, mesi due di reclusione ed Euro 3.000,00 di multa, nonchè all’incapacità temporanea di contrattare con la Pubblica Amministrazione;

– dichiarava C.G. colpevole del reato di partecipazione ad un’associazione armata di stampo mafioso diretta da D.D. V. e finalizzata – tra l’altro – all’installazione e gestione presso locali pubblici della zona di (OMISSIS) di videopoker prodotti dalla ditta (OMISSIS) di C. C., nuora del D.D., col compito di promuovere la collocazione di tali videogiochi (capo sub A), e lo condannava alla pena di anni tre di reclusione, nonchè all’interdizione temporanea dai pubblici uffici e all’incapacità temporanea di contrattare con la Pubblica Amministrazione;

– dichiarava R.F. colpevole del reato di cui agli artt. 110 e 114 c.p., D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 per avere concorso, in data 27/11/2002, nella cessione di una partita di cocaina (tra i 750 e gli 800 grammi) a V., S. e D.D.R. e nel trasporto della stessa in un luogo concordato (capo sub R3), e la condannava, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche, alla pena di anni tre, mesi otto di reclusione ed Euro 20.000,00 di multa, nonchè all’interdizione temporanea dai pubblici uffici;

– assolveva Bo.Al. dall’episodio di cessione, in data 3/5/2002, di una quantità imprecisata di cocaina a tale F. (ultima parte del capo sub Al), perchè il fatto non sussiste.

2. A seguito di gravami proposti dai primi tre imputati e, per quanto qui interessa, dal Procuratore Generale nei confronti del Bo., la Corte d’Appello di Genova, con sentenza 16/6/2008, in parziale riforma della decisione di primo grado, che confermava nel resto, qualificava il fatto contestato al C. (capo sub A) ai sensi dell’art. 416 c.p., senza incidere sulla misura della pena al predetto inflitta, e dichiarava il Bo. colpevole dell’episodio di cessione di cocaina innanzi citato (capo sub Al, ultima parte) e lo condannava, in concorso delle circostanze attenuanti generiche e di quella del fatto di lieve entità ( D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5), alla pena di mesi otto di reclusione ed Euro 3.000,00 di multa, con i benefici di legge.

Il Giudice distrettuale, nell’analizzare la posizione di ciascun imputato, evidenziava gli elementi di prova che, a suo giudizio, conclamavano la penale responsabilità di ognuno di essi in ordine ai reati così come rispettivamente addebitati.

3. Hanno proposto ricorso per cassazione, tramite i rispettivi difensori, gli imputati, deducendo motivi vari, incentrati essenzialmente, al di là del dato enunciativo, sul vizio di motivazione in relazione ai molteplici aspetti della posizione processuale individuale. Le doglianze articolate verranno, per ragioni di sintesi, di seguito precisate, analizzate e confrontate col percorso argomentativo su cui riposa la sentenza di merito, per verificare la legittimità di questa.

4. I ricorsi del B., del Bo. e della R. sono infondati e devono essere rigettati.

Parzialmente fondato, invece, è il ricorso del C. e va accolto nei limiti di seguito precisati.

4.1. Il B., con un primo motivo, lamenta la mancanza di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza dell’associazione per delinquere.

La sentenza di merito correttamente sottolinea che su questo specifico aspetto non v’era stata alcuna specifica contestazione, essendosi l’imputato limitato a contestare la sua partecipazione al sodalizio, del quale non aveva posto sostanzialmente in discussione l’esistenza e l’operatività.

I vaghi e generici cenni, pur contenuti nell’atto di appello, all’associazione per delinquere, considerata nella sua oggettività, non erano idonei ad attivare i poteri di rivalutazione del giudice dell’impugnazione al riguardo.

Neppure nel ricorso sono riscontrabili indicazioni specifiche che evidenzino, sulla base di precise circostanze di fatto, l’assenza di valenza probatoria degli elementi utilizzati dai giudici di merito (cfr., in particolare, sentenza di primo grado) a dimostrazione della sussistenza del sodalizio criminoso, che aveva la sua principale base operativa nel night (OMISSIS).

Con altri due motivi, il ricorrente deduce la mancanza e la manifesta illogicità della motivazione in ordine al formulato giudizio di colpevolezza sia per il reato di partecipazione associativa che per quello di favoreggiamento della prostituzione.

Il percorso argomentativo seguito dalla sentenza in verifica non evidenzia il denunciato vizio.

Ed invero, la pronuncia di merito, apprezzando e valutando in maniera adeguata e logica le emergenze processuali, da conto delle ragioni che giustificano la conclusione alla quale perviene e sottolinea che la prova della colpevolezza dell’imputato è integrata: a) dalle dichiarazioni rese da tale F., imputato di reato connesso, il quale aveva riferito sulla intraneità del B., sia pure in posizione subordinata, al sodalizio criminoso, col compito specifico di prelevare le ragazze dal luogo dove abitavano e di accompagnarle presso il (OMISSIS), dove si prostituivano; b) dagli esiti delle conversazioni telefoniche intercettate nel settembre 2002, nel corso delle quali S.C. e S.G., titolari del night, avevano fatto esplìcito riferimento all’attività di prostituzione praticata nel locale (telefonate n. 1371 e n. 230 del 6/9/2002, n. 2330 del 13/9/2002); c) dalla circostanza che una ragazza, che si era fatta pagare per una prestazione sessuale effettuata, era stata redarguita per non avere versato ai titolari del night il denaro intascato, considerato che la stessa riceveva uno stipendio fisso; d) dalla presenza costante del B. nel locale, sintomatica, se rapportata al ruolo svolto, della sua piena consapevolezza di essere organicamente inserito nel sodalizio e di favorire la prostituzione delle ragazze promossa dal medesimo sodalizio.

Tale discorso giustificativo non è posto in crisi dalle doglianze articolate dal ricorrente, le quali, lungi dall’evidenziare passaggi contraddittori o manifestamente illogici della sentenza censurata, si muovono nella prospettiva di offrire sostanzialmente una diversa e più favorevole lettura del materiale probatorio acquisito, la cui valutazione è prerogativa riservata in via esclusiva al giudice di merito.

4.2. Il C. lamenta, con i primi due motivi, l’erronea applicazione della legge penale e il vizio di motivazione sulla ritenuta sua partecipazione all’associazione per delinquere capeggiata da D.D.V., con particolare riferimento all’elemento soggettivo di tale illecito, considerato che egli, caratterialmente debole, si era limitato ad assecondare le richieste del Di Donna, al solo fine di evitare ritorsioni dello stesso, che conosceva come persona di grosso spessore criminale, ma non si era mai consapevolmente e coscientemente inserito nel contesto associativo.

Tali doglianze sono prive di seria consistenza, in quanto inidonee a porre in crisi l’apparato argomentativo su cui riposa la sentenza impugnata, che, valutando in maniera adeguata e logica le emergenze processuali, da conto delle ragioni che giustificano la conclusione alla quale perviene.

La pronuncia in verifica evidenzia che la prova della partecipazione associativa del C. e dell’apporto causale dal medesimo offerto alla realizzazione del programma del sodalizio è offerta dagli esiti delle conversazioni telefoniche intercettate, dalle quali era emersa la costante e attiva collaborazione dell’imputato nella ricerca di esercizi commerciali nei quali collocare i videogiochi prodotti dalla "(OMISSIS)": il tenore di tali conversazioni non lasciava spazio a dubbi di sorta circa l’oggetto discusso dai conversanti (l’imputato e D.D.V.) e la natura del rapporto intercorrente tra i due. D’altra parte, lo stesso ricorrente non contesta la sua partecipazione materiale all’attività dell’associazione, ma si limita ad asserire di averlo fatto per assecondare il D.D., del quale aveva timore, circostanza questa inidonea, per come prospettata, ad escludere la punibilità.

La sentenza, tuttavia, constatato il difetto di elementi sintomatici della condizione di assoggettamento e di omertà derivante dal vincolo, non ravvisa gli estremi del reato associativo di tipo mafioso, bensì quelli dell’associazione semplice di cui all’art. 416 c.p..

Con un terzo motivo, il C. lamenta il vizio di motivazione in relazione alla misura della pena inflittagli: nonostante la derubricazione del reato originariamente ascrittogli e ritenuto dal giudice di primo grado (art. 416 bis c.p.) in quello meno grave di partecipazione ad un’associazione per delinquere semplice ( art. 416 c.p.), non si era ritenuto di rimodulare la pena per adeguarla alla minore gravità del fatto.

La censura è fondata.

Il Giudice distrettuale si limita ad affermare che, "sebbene il fatto sia stato qualificato ai sensi dell’art. 416 c.p.", deve ritenersi "equa" la pena inflitta in primo grado "tenuto conto dell’entità del fatto e della personalità dell’imputato".

Si è di fronte a motivazione meramente apparente e di stile, che non tiene conto della differenziata previsione sanzionatorie delle due norme incriminatrici.

La partecipazione all’associazione di tipo mafioso è, infatti, punita, con riferimento all’epoca cui risalgono i fatti di cui è processo, con la reclusione da tre a sei anni, mentre la partecipazione all’associazione per delinquere semplice è punita con la reclusione da uno a cinque anni.

Conseguentemente, la pena da infliggere in concreto non può che essere modulata tenendo conto anche della diversa previsione edittale e la relativa scelta deve essere sorretta da adeguata e logica motivazione.

La sentenza impugnata, pertanto, deve essere annullata nei confronti del C., nella sola parte relativa alla determinazione della pena, con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Genova per nuovo giudizio sul punto. Nel resto, il ricorso del C. va rigettato.

43. Il Bo. deduce la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione della sentenza nei suoi vari passaggi argomentativi, sottolineando, in particolare, che le dichiarazioni accusatorie del collaborante F. non erano riscontrate e che il contenuto della conversazione telefonica tra l’imputato e tale Fr., intercettata la notte del (OMISSIS), non era di univoco significato e si prestava a plurime letture.

Tali doglianze, al di là di quanto asserito, non evidenziano il vizio denunciato, mirano, in realtà, ad accreditare una diversa lettura delle emergenze processuali e non hanno, pertanto, la forza di porre in crisi gli argomenti sui quali fa leva la sentenza impugnata per affermare la colpevolezza dell’imputato in ordine all’unico episodio di cessione di cocaina ritenuto provato.

La sentenza in verifica, dopo avere premesso, sulla base delle dichiarazioni rese dal collaborante F., indirettamente riscontrate dal tenore della telefonata intercettata il 25/4/2002 (tra Bo. e tale D.), che il Bo. certamente acquistava cocaina in piccole quantità da D.D.V., per poi cederla a qualche amico, analizza nel dettaglio il contenuto della conversazione telefonica tra l’imputato e tale Fr., intercettata la notte del (OMISSIS), e ne inferisce, con motivazione adeguata e immune da vizi logici, che gli interlocutori avevano discusso della cessione di una dose di cocaina, occultata dal primo tra le foglie di una pianta in vaso, da dove il secondo, seguendo precise indicazioni, doveva prelevarla. Trattasi di valutazione di merito non censurabile sotto il profilo della legittimità. 4.4. La R. deduce violazione della legge penale e il vizio di motivazione in relazione al ritenuto di lei concorso nel reato di cessione e trasporto di una partita di cocaina.

La doglianza, ai limiti dell’ammissibilità, è infondata.

La sentenza impugnata, analizzando e valutando gli esiti delle intercettazioni ambientali e telefoniche, espletate nei giorni (OMISSIS), dà conto, in maniera adeguata e logica, delle regioni che giustificano la conclusione alla quale perviene: a curare l’operazione di trasporto della partita di droga era stato M.A., fidanzato della R., al quale V. e D.D.S. avevano dato precise indicazioni circa il luogo dove lasciare la sostanza (cfr. ambientale dell’11.11.2001); la R., secondo le testimonianze degli ufficiali di p.g. Me. e P., aveva presenziato a detto incontro e, quindi, era ben consapevole del compito affidato al suo fidanzato; nel corso dell’operazione di trasporto, il M. aveva incaricato la R. di contattare telefonicamente il D.D., per informarlo che l’operazione stava per essere condotta a termine (telefonata n. 348 del 27.11.2002); la R., in esecuzione dell’incarico ricevuto, aveva telefonato al D.D. e, utilizzando un liguaggio criptico, lo aveva informato di quanto sopra (telefonata n. 3289 del 27/11/2002); a seguito del sequestro della sostanza stupefacente da parte della Polizia, che, ascoltando le conversazioni intercettate, aveva individuato il nascondiglio, il M. aveva telefonato, in preda ad un senso di disperazione, alla R., informandola di quanto era accaduto, il che confermava che quest’ultima era perfettamente consapevole del motivo del viaggio del proprio fidanzato, con l’effetto che il suo attivo inserimento, nel fare da tramite tra il corriere e i destinatari della droga, per fornire a questi ultimi le necessarie informazioni, aveva integrato un contributo causale, sia pur minimo, all’esecuzione dell’attività illecita.

Tale iter argomentativi resiste alle censure articolare in ricorso, che, peraltro, sono circoscritte sulla sola interpretazione degli esiti della intercettazione ambientale dell’11.11.2002 e non prendono in considerazione gli altri numerosi elementi, oggetto di specifica valutazione da parte del giudice di merito e che integrandosi con i primi, offrono la prova del concorso della donna nel reato.

5. Al rigetto dei ricorsi del B., del Bo. e della R., consegue, di diritto, la condanna di costoro al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata nei confronti di C.G., limitatamente alla determinazione della pena, e rinvia ad altra sezione della Corte d’Appello di Genova per nuovo giudizio sul punto.

Rigetta nel resto il ricorso del C.. Rigetta i ricorsi di B.R., Bo.Al. e R.F., che condanna al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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