Cass. civ. Sez. II, Sent., 25-01-2012, n. 1038

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 25/26 giugno 1992 la Società Cooperativa EDILE a r.l. evocava, dinanzi al Tribunale di Genova, D.F. per sentire dichiarare nulla o risolta la promessa di vendita di appartamento da realizzare in Comune di Cogoleto, stipulata il 29.7.1988 tra le parti, per accertamento della condizione risolutiva di difetto dei requisiti soggettivi richiesti, con conseguente condanna del convenuto al rilascio dell’immobile, oltre al risarcimento dei danni.

Istauratosi il contraddittorio, nella resistenza del convenuto, il quale eccepiva la mala fede della cooperativa nelle trattative e spiegava riconvenzionale per il risarcimento dei danni, il Tribunale adito, con sentenza parziale n. 3129/1994, accertato che il D. era privo dei requisiti soggettivi richiesti, dichiarava la nullità della promessa di vendita, con condanna del convenuto al rilascio dell’immobile. La decisione veniva impugnata dai D. avanti alla Corte di appello di Genova, mentre il procedimento di primo grado proseguiva con l’espletamento delle prove, fino alla produzione di transazione novativa stipulata delle parti in data 7.2.1997.

La Corte distrettuale a seguito dell’intervenuta transazione dichiarava cessata la materia del contendere, con spese compensate fino al 7.2.1997, condannando il D. al pagamento delle spese successive avendo lo stesso insistito per la prosecuzione del giudizio. Anche il Tribunale di Genova, per la parte della controversia ancora pendente davanti ad esso, dichiarava con sentenza n. 4437 del 28.11/13.12.2002 cessata la materia del contendere, con condanna del D. al pagamento delle spese del giudizio.

Avverso quest’ultima decisione interponeva appello avanti alla medesima Corte di appello di Genova il D. chiedendo che le spese del giudizio di primo grado fossero interamente compensate, vinte quelle di appello, ed il giudice de gravame, nella resistenza dell’appellata cooperativa, in parziale accoglimento dell’appello, dichiarava le spese del giudizio di primo grado compensate fra le parti sino, al 7.2.1997, come previsto nella transazione novativa, mentre essendo il giudizio in detta fase proseguito al di là del raggiunto accordo per fatto del D. che non aveva provveduto alla concordata rinuncia alle domande ed agli atti del giudizio, le spese successive venivano poste a carico dello stesso D., compensate per la metà le spese del gravame, poste a carico dell’appellante per la restante quota, in considerazione dell’esito del giudizio di appello.

Il D. ha proposto ricorso per cassazione avverso l’indicata sentenza di appello, che risulta articolato su due motivi, al quale ha resistito la COOPERATIVA EDILE con controricorso, la quale ha anche proposto ricorso incidentale con un motivo di doglianza. II ricorrente ha presentato memoria illustrativa.

Motivi della decisione

Il ricorso principale ed il ricorso incidentale vanno preliminarmente riuniti, a norma dell’art. 335 c.p.c., concernendo la stessa sentenza.

Ciò posto, con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 91 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 in quanto avendo te parti concluso, con la scrittura del 7.2.1997, una novazione integrale di tutti i rapporti tra loro intercorsi, per le spese processuali il giudice distrettuale non avrebbe potuto fare applicazione della regola della soccombenza, risultando semmai dalle risultanze processuali pregresse alla transazione, la soccombenza virtuale della Cooperativa.

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia nuovamente la violazione dell’art. 91 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 per quanto attiene alla liquidazione delle spese processuali effettuata dal giudice di appello, spese che avrebbero dovuto essere poste a carico della cooperativa o, quanto meno, essere compensate fra le parti.

Con l’unico motivo del ricorsi incidentale la Cooperativa lamenta ugualmente la violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. per avere la corte di merito limitato la condanna alle spese del giudizio di primo grado solo alla fase successiva al 7.2.1997 dal momento che aveva accertato a prosecuzione del giudizio proprio per la condotta tenuta dal D., con la conseguenza che anche le spese per il giudizio di appello avrebbero dovuto essere interamente poste a carico dello stesso.

Il collegio ritiene di portare l’attenzione sulla formulazione del ricorso, anche per ciò che attiene a quello incidentale, trattandosi di controversia disciplinata dall’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6, comma 1 applicabile ratione temporis, relativamente alla necessità che ciascun motivo di ricorso si concluda con la "formulazione di un quesito di diritto" a pena di inammissibilità.

Con i due motivi del ricorso principale, come sopra esposti, sono unitariamente prospettate sia la violazione di legge, in particolare dell’art. 91 c.p.c., sia il vizio di motivazione, mentre nell’unico motivo del ricorso incidentale è denunciata la sola violazione di legge.

In proposito deve osservarsi che, come questa Corte ha avuto già modo di statuire in via generale, deve essere dichiaralo inammissibile, per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., il ricorso nel quale l’illustrazione dei singoli motivi non sia accompagnata dalla formulazione di un esplicito quesito di diritto, riferito alla fattispecie esaminata nella sentenza impugnata e alle statuizioni di essa, tale da circoscrivere la pronuncia del giudice nei limiti di un accoglimento o un rigetto del quesito, dovendosi escludere che il quesito possa desumersi implicitamente dalla formulazione dei motivi di ricorso, la quale non è sufficiente a integrare il rispetto del requisito formale specificamente richiesto dall’art. 366 bis c.p.c..

La proposizione di una pluralità di motivi, dunque, non accompagnata in modo alcuno dalla formulazione di idonei quesiti, comporta l’inammissibilità dei singoli motivi. Nella specie, peraltro, il ricorrente ha proposto due motivi formalmente unici, ma in effetti entrambi sono articolati in profili autonomi e differenziati di violazione di legge e di difetto di motivazione, sostanziandosi tale prospettazione nella proposizione cumulativa di più motivi. Anche in detta ipotesi affinchè non risulti elusa la "ratio" dell’art. 366 bis c.p.c., deve ritenersi che tali motivi cumulativi debbano concludersi con la formulazione di tanti quesiti per quanti sono i profili fra loro autonomi e differenziati in effetti proposti.

Dì converso, nessun quesito risulta formulato – nè dal ricorrente nè dalla resiste (ricorrente in via incidentale) – che rispecchi almeno parte delle censure proposte, in adempimento della prescrizione dell’art. 366 bis c.c..

Nè può in ogni caso ritenersi che il quesito di diritto e a chiara indicazione del fatto controverso o delle ragioni della insufficienza della motivazione sarebbero in ogni caso presenti nell’illustrazione dei motivi, sottoposti all’esame di questa Corte, poichè la prescrizione formale introdotta dalla norma in esame non può essere interpretata nel senso che il quesito di diritto e la chiara indicazione del fatto controverso o delle ragioni della insufficienza della motivazione possano desumersi implicitamente dalla formulazione del motivo di ricorso, poichè una siffatta interpretazione si risolverebbero nell’abrogazione tacita della norma in questione che ha introdotto, a pena di inammissibilità, il rispetto di un requisito formale, che deve esprimersi, per i motivi da 1 a 4 dall’art. 360 c.p.c., nella formulazione di un esplicito quesito di diritto tale da circoscrivere la pronuncia del giudice nei limiti di un accoglimento o un rigetto del quesito formulato dalla parte – quesito che deve trovare la sua collocazione a conclusione dell’illustrazione di ciascun motivo di ricorso che, da sola, non è perciò sufficiente ai fini del rispetto della norma in esame. E per l’art. 360 c.p.c., n. 5 l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione. Pertanto, pur non richiedendosi specifici requisiti di forma, deve pur sempre essere formulato, nei casi da 1 a 4, a conclusione dell’istruzione di ogni singolo motivo ed in aggiunta ad essa, il quesito che deve segnare i confini della pronuncia del giudice, e nel caso del n. 5, la chiara indicazione del fatto controverso, o delle ragioni dell’insufficienza della motivazione.

La formulazione del quesito richiesto dalla legge e la chiara indicazione del fatto controverso e delle ragioni dell’insufficienza della motivazione, nei termini innanzi specificati, non si rinvengono perciò nel ricorso principale e in quello incidentale sottoposti all’esame di questa Corte. Ciò posto, il ricorso principale e quello incidentale sono inammissibili per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6, e applicabile nella specie ai sensi dell’art. 27, comma 2, decreto citato trattandosi di ricorso contro provvedimento pubblicato dopo la data della sua entrata in vigore (Cass. SU. 26 marzo 2007 n. 7258).

In considerazione dell’esito del giudizio, le spese del giudizio vengono interamente compensate fra le parti.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, dichiara inammissibili il ricorso principale, nonchè quello incidentale;

dichiara interamente compensate fra le parti le spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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