Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 08-07-2011) 19-09-2011, n. 34328

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza in data 24 marzo 2011 il Tribunale di Napoli in sede di riesame confermava l’ordinanza di applicazione della misura cautelate degli arresti domiciliari nei confronti di P.L., sottoposta ad indagini in ordine ai reati di truffa aggravata, anche tentata, e alterazione e contraffazione di documentazione medica e cartelle cliniche riguardanti la figlia minore. La P., secondo la ricostruzione accusatoria, avrebbe utilizzato in plurime occasioni documentazione medica contraffatta per ottenere in favore della figlia "l’indennità di frequenza", inducendo in errore la commissione sanitaria invalidi civili della A.S.L. di Napoli, e per ottenere inoltre, non riuscendovi, dai sanitari dell’ospedale Meyer la diagnosi di una grave malattia (sindrome del lobo medio) che avrebbe reso necessario per la bambina un costoso intervento da effettuare a Houston (Texas) per il quale aveva iniziato una raccolta di fondi partecipando anche a trasmissioni televisive.

Avverso la predetta ordinanza l’indagata ha proposto, personalmente, ricorso per cassazione.

Con il ricorso si deduce la mancanza di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza di esigenze cautelari, l’inosservanza o erronea applicazione della legge penale, l’illogicità e contraddittorietà della motivazione; si sostiene, in particolare, che il Tribunale non avrebbe tenuto in adeguato conto gli elementi sopravvenuti che consentivano di ritenere affievolite le esigenze cautelari, e quindi:

a) l’eco mediatica nazionale della vicenda relativa all’arresto e l’inverosimiglianza che la P. potesse essere ospitata nuovamente in trasmissioni televisive per proseguire nella condotta truffaldina o presentarsi presso strutture ospedaliere per far ricoverare la figlia, proseguendo nell’attività di contraffazione delle cartelle cliniche, b) l’ammissione dei fatti e il contributo fornito allo sviluppo delle indagini; c) l’allontanamento dalla madre della figlia minore per effetto del provvedimento del Tribunale minorile che aveva disposto il collocamento della bambina in una casa famiglia, con divieto assoluto di incontro con i genitori; d) la stretta connessione tra i reati e i rapporti madre – figlia, venuti meno almeno nella quotidianità, che impedivano di ritenere concreto e attuale il pericolo della reiterazione della condotta criminosa. La motivazione del provvedimento impugnato sarebbe contraddittoria sul punto relativo alla particolare condizione psicologica della ricorrente.

Il ricorso è inammissibile.

Le doglianze riproducono infatti pedissequamente gli argomenti prospettati con la richiesta di riesame, ai quali il Tribunale ha dato adeguate e argomentate risposte, esaustive in fatto e corrette in diritto, che il ricorrente non considera nè specificatamente censura. Il giudice di merito per affermare l’infondatezza della tesi difensiva dell’affievolimento delle esigenze cautelari per effetto di fatti sopravvenuti all’esecuzione della misura cautelare degli arresti domiciliari ha infatti, con argomentazioni ineccepibili sia logicamente che giuridicamente, evidenziato che "…l’indagata ha mostrato notevole pervicacia e solido spirito organizzativo, avendo dipanato la presenza propria e della figlia lungo un periodo di tempo assai consistente in numerose occasioni, pubbliche e private … riuscendo a farsi ospitare in numerose trasmissioni televisive di rilevanza nazionale, giungendo a scrivere dei libri ed a reperirne l’editore e provvedendo ad un continuo aggiornamento delle certificazioni false che dispensava in giro. Non ha esitato a fare reiteratamente ricoverare la figlia ed a farla sottoporre ad altrettanto reiterati accertamenti, anche invasivi…". quanto al preteso effetto deterrente dell’esposizione mediatica conseguente alla vicenda giudiziaria in cui la P. è stata coinvolta, il Tribunale del riesame ha evidenziato, con argomentazione logicamente coerente, che la donna, anche dopo la trasmissione televisiva del (OMISSIS) nel corso della quale erano stati per la prima volta denunciati i raggiri da lei posti in essere, aveva fatto ricoverare la figlia presso l’ospedale Meyer simulando un attacco respiratorio della bambina e aveva incontrato alcuni sostenitori della cd. causa (OMISSIS), ai quali aveva esibito documentazione medica contraffatta. Inoltre il Tribunale del riesame ha posto in rilievo, relativamente al provvedimento di allontanamento dal nucleo familiare della bambina disposto dal Tribunale per i minorenni, che il provvedimento in questione era stato emesso in via provvisoria ed urgente ed era pertanto suscettibile di revoca o modifica. Quanto, infine, all’ammissione dei fatti da parte dell’indagata nel corso dell’interrogatorio resto al giudice per le indagini preliminari, il Tribunale del riesame ha opportunamente rilevato che il comportamento in questione non poteva essere considerato segno di resipiscenza in quanto le ammissioni non avevano apportato elementi di novità "al cospetto del solido compendio probatorio già ricostruito".

Tale specifica e dettagliata motivazione – in cui venivano messe in risalto la spregiudicatezza della P., al di là della "condizione psicologica larvatamente adombrata dal dr. Pu."- nel ricorso non viene nemmeno presa in considerazione, essendo solo ribadita la tesi già esposta nei motivi della richiesta di riesame e confutata, con diffusione e ragionevoli argomentazioni, nell’ordinanza impugnata.

La Corte osserva, inoltre, che il Tribunale del riesame ha puntualmente valutato la sussistenza del pericolo di reiterazione della condotta criminosa desumendolo, come espressamente previsto dall’art. 274 c.p.p., lett. c), dai comportamenti e dagli atti concreti dell’agente quale specifico elemento significativo per valutare la personalità dell’agente (Cass. Sez. 6, 2 ottobre 1998 n. 2856, Mocci; sez. 6, 21 novembre 2001 n. 45542, Russo; sez. 3, 13 novembre 2003 n. 48502, Plasencia; sez. 4, 6 novembre 2003 n. 12150, Barbieri; sez. 5, 5 novembre 2004 n. 49373, Esposito; sez. 3, 18 marzo 2004 n. 19045, Ristia; sez. 4, 19 gennaio 2005 n. 11179, Mirando; sez. 4, 3 luglio 2007 n. 34271, Cavallari). Deve infine rilevarsi, quanto alle ulteriori doglianze difensive, che l’art. 274 c.p.p., lett. c), non riguarda, comunque, il rischio di commissione di ulteriori reati con i medesimi concorrenti e secondo le stesse modalità, ma fa riferimento alla probabile commissione di reati della stessa specie, cioè di reati che offendono lo stesso bene giuridico e non già di fattispecie omologhe a quelle per cui si procede Cass. Sez. 1, 22 settembre 2006 n. 33928, Failla).

Alla inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in Euro 1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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