T.A.R. Lombardia Milano Sez. II, Sent., 06-10-2011, n. 2376 Concessione per nuove costruzioni contributi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

Con l’odierno ricorso, notificato il 15.06.2007 e depositato il successivo 29.06.2007, la K. srl in liquidazione (da ora anche solo la società) ha proposto un’azione di accertamento, avente ad oggetto le somme effettivamente dovute a titolo di oneri di urbanizzazione e contributo di costruzione, per l’edificazione realizzata in forza della concessione edilizia (C.E.) n. 293 del 10 ottobre 2002 e successiva D.I.A. in variante del 26 luglio 2004, col fine ultimo di ottenere la condanna dell’amministrazione alla restituzione delle somme precedentemente versate in eccedenza.

In sostanza, a mente della società, l’immobile realizzato in forza dei predetti titoli edilizi non avrebbe dovuto scontare il contributo di costruzione, essendo lo stesso riconducibile alla categoria delle opere di interesse generale, di cui all’art. 17, co. III°, lett. c) d.P.R. n. 380/2001 (TUED).

In ogni caso e in via subordinata, sempre a mente dell’esponente, la stessa avrebbe dovuto pagare un importo inferiore, sia poiché sarebbe stata realizzata, a seguito della DIA in variante, una slp inferiore di mq 21,44 rispetto a quella autorizzata con la C.E.; sia, infine, perché la destinazione dell’edificio a sede universitaria avrebbe imposto alla p.a. di determinare il contributo in funzione dei parametri elaborati ai sensi dell’art. 19, comma I° TUED, che fa leva soltanto sull’incidenza delle opere di urbanizzazione e di quelle necessarie al trattamento e allo smaltimento dei rifiuti, senza considerare la quota parametrata al costo di costruzione.

Si è costituito il Comune di Milano con atto depositato il 28.11.2007.

Con motivi aggiunti, notificati il 15.05.2008 e depositati il 27.05.2008, la ricorrente ha proposto un’azione di annullamento dell’atto adottato dal Comune di Milano il 29.02.2008, PG.238611/2008, del 14.03.2008, recante l’invito alla società al pagamento a conguaglio della somma di euro 50.007,04 a titolo di contributo di costruzione.

La ricorrente ha qui lamentato, in sostanza, la violazione dell’art. 10 della legge n. 241/1990, per non avere la p.a. esaminato le proprie memorie e, quindi, il difetto di motivazione e di istruttoria, unitamente al travisamento dei fatti. Al contempo, l’esponente ha dedotto l’errore di calcolo del predetto contributo, che avrebbe dovuto essere determinato ai sensi dell’art. 19, comma 1 TUED, senza la quota commisurata all’incidenza del costo di costruzione, richiesta, invece, per le fattispecie sussumibili sotto la diversa ipotesi contemplata al comma 2 della stessa norma.

In data 27.05.2011 il Comune di Milano ha depositato documenti, seguiti, in data 06.06.2011, dal deposito della memoria in vista dell’udienza di merito.

Il 16.06.2011 la ricorrente ha controdedotto con replica.

Alla pubblica udienza del 07.07.2011 il Collegio, sentite le parti – che, alle preliminari, si sono riportate ai rispettivi scritti defensionali – ha trattenuto la causa per la decisione.

Motivi della decisione

Preliminarmente, rileva il Collegio l’ammissibilità delle domande di accertamento e condanna come sopra proposte, trattandosi di controversie sull’an e/o sul quantum del contributo per oneri di urbanizzazione e costo di costruzione che, vertendo sull’accertamento della consistenza delle rispettive posizioni di un rapporto di credito (di natura, quindi, paritetica), sono riconducibili alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, come oggi descritta, per "le controversie aventi ad oggetto gli atti ed i provvedimenti delle Pubbliche amministrazioni in materia urbanistica ed edilizia, concernente tutti gli aspetti dell’uso del territorio", dall’art. 133, comma 1, lett. f) del d.lgs. n.104/2010 (cfr., ex plurimis, Consiglio di Stato, sez. IV, 10 marzo 2011, n. 1565; T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II^, 27.04.2011 n. 1069).

Per tale via, anche l’azione proposta con i motivi aggiunti, formalmente di annullamento deve essere correttamente interpretata alla stregua di un’azione di condanna, previo accertamento degli importi effettivamente dovuti, ai sensi dell’art. 32, comma 2 c.p.a.

Ne consegue la inammissibilità delle censure rivolte con i predetti motivi aggiunti avverso l’atto del Comune di Milano (pratica n.6747/04 datato 29.02.2008) recante l’invito al pagamento di euro 50.007,04, trattandosi di atto privo di natura provvedimentale.

Nel merito, il Collegio non ritiene di poter condividere l’impostazione seguita dalla ricorrente, sia laddove pretende l’applicazione, a proprio favore, della fattispecie di esenzione dal contributo di cui all’art. 17, comma III° lett. c) del TUED, sia per quanto concerne l’applicazione dell’art. 19, comma I° dello stesso T.U.

Sul primo punto, è utile richiamare proprio il chiaro disposto dell’art. 17, comma III°, lett. c) TUED che (nel riproporre l’esenzione a suo tempo disciplinata dall’art. 9, comma 1, lett. f), della legge n. 10/77), descrive le fattispecie eccezionalmente esonerate dal pagamento del contributo di costruzione, facendo esplicito riferimento agli impianti, attrezzature ed opere pubbliche o di interesse generale "realizzate dagli enti istituzionalmente competenti".

Nel caso di specie, non v’è alcun dubbio che, sia la concessione edilizia originaria del 2002, che la successiva variante del 2004, siano state presentate dalla ricorrente in qualità di soggetto privato proprietario dell’immobile, privo, come tale, di qualunque competenza istituzionalmente rilevante ai sensi della sopracitata disposizione. Né, in alcuna parte degli atti riguardanti la suindicata vicenda edilizia prodotti in giudizio risulta esplicitata, in termini giuridicamente rilevanti, la circostanza della successiva alienazione dell’immobile in questione a favore dell’Università degli Studi di Milano.

L’unico dato certo, in definitiva, è la collocazione temporale della compravendita a favore dell’Università di Milano in epoca successiva alla C.E. del 2002 e, quindi, alla predetta DIA (cfr. il contratto di compravendita agli atti, reg. il 22.02.2005 n.1598, che fa riferimento ad un preliminare di vendita del mese di dicembre 2004, mentre la DIA in variante è stata protocollata al Comune di Milano il 26.07.2004).

La società ha, pertanto, agito – nell’ambito della vicenda di che trattasi e nei rapporti intrattenuti al riguardo col Comune di Milano – come un comune operatore economico privato, in assenza, giova ribadire, di un collegamento giuridicamente rilevante con l’Università, che è intervenuta nella medesima vicenda soltanto in un momento successivo, quando ormai l’immobile era già stato realizzato (cfr. doc. n. 3 allegati di parte resistente, ove si legge la dichiarazione di fine lavori presentata dalla K. srl al Comune di Milano nel mese di marzo 2005).

Da ciò la netta differenza tra la vicenda occorsa alla società e quella presa in esame dalla richiamata norma, che vuole che l’opera pubblica sia realizzata direttamente dall’ente istituzionalmente competente, sì da assicurare che il vantaggio dell’esenzione sia riversato a favore della collettività (cfr. sulla impossibilità di recuperare ex post il legame tra soggetti realizzatori e finalità pubbliche, che deve contraddistinguere l’intervento edilizio ab initio: Consiglio di Stato sez. V, 02.12.2002 n. 6618).

L’assenza, al momento della richiesta del titolo edilizio o, al più tardi, al momento della presentazione della variante, del requisito soggettivo richiesto dalla suindicata norma, si traduce, infatti, in un’insuperabile incertezza sulle componenti del prezzo di compravendita dell’immobile de quo tra la società e l’Università di Milano.

Risulta, in tal modo, del tutto indimostrata l’affermazione di parte ricorrente, secondo cui il contributo di costruzione non sarebbe stato "ricaricato" sul prezzo di vendita del fabbricato (che, peraltro, come si legge dal contratto agli atti di causa, è stato convenuto in euro 14.800.000,00 oltre il 10% di IVA), anche in considerazione della circostanza che l’importo degli oneri, comprensivi del contributo di costruzione, era noto sin dalla C.E. del 2002 ed ammontava ad una cifra (pari ad euro 461.601,02) non molto dissimile da quella successivamente rideterminata dal Comune ed indicata nella cit. nota del 14.03.2008.

In siffatte evenienze, dunque, appare altamente probabile che lo sgravio oggetto dell’odierna pretesa sia destinato a risolversi nel rimborso all’imprenditore di una cospicua parte dei costi d’impresa, senza alcun beneficio per la collettività in termini di minor prezzo, essendo questo già stato pagato dall’Università (cfr., sul punto, la giurisprudenza richiamata nella memoria di parte resistente, dalla quale il Collegio non trova motivi per discostarsi).

A diverso avviso non conduce neppure l’argomentazione, svolta nei motivi aggiunti, laddove si àncora la pretesa all’esenzione sulla qualificazione dell’immobile de quo alla stregua di un’opera di urbanizzazione, realizzata dal privato, in conformità del disposto di cui al ridetto art. 17.

Contrariamente a quanto mostra di ritenere il patrocinio ricorrente, infatti, non è sufficiente la qualificazione dell’edificio alla stregua di opera di urbanizzazione effettuata ex post ad opera del privato costruttore a fare conseguire il diritto all’esenzione di che trattasi.

L’esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione, in luogo del pagamento della quota dovuta per gli oneri corrispondenti, non costituisce, come noto, un diritto del costruttore, esercitabile ad libitum, ma rappresenta una facoltà del Comune, nel caso concreto non esplicata.

Escluso, quindi, che la ricorrente potesse accedere all’esenzione dal contributo di costruzione di cui all’art. 17 cit., resta da esaminare la pretesa dell’esponente a commisurare il quantum debeatur del contributo in base al disposto di cui al comma 1 dell’art. 19 TUED anziché, come sostenuto dal Comune, ai sensi del comma 2 della ridetta norma.

La differenza sostanziale fra le fattispecie disciplinate dai due succitati commi consiste, com’è noto, nella mancata inclusione, soltanto per le ipotesi contemplate al comma 1, tra le componenti del contributo, della voce commisurata al costo di costruzione, che compare, invece, per le fattispecie del comma 2.

Tuttavia, la diversa consistenza del contributo di costruzione nelle due citate ipotesi è sensibilmente attenuata dalle tabelle parametriche predisposte dal Comune di Milano per il calcolo della quota di contributo commisurata agli oneri di urbanizzazione, posto che dette tabelle pongono valori sensibilmente più bassi per le fattispecie del comma 1 rispetto a quelle del comma 2.

L’incidenza della quota di contributo parametrata alle opere di urbanizzazione, poi, è legittimamente stabilita con deliberazione del Consiglio Comunale in modo differente per ciascuna delle diverse destinazioni, così come prescritto dallo stesso art. 19, commi 1 e 2 cit.

Ne consegue la erroneità dell’impostazione di parte ricorrente, che attua una inammissibile commistione fra le due discipline, pretendendo di applicare al caso de quo la disciplina di cui al comma 1, sul presupposto che l’attività dell’Università degli Studi sia assimilabile ad un’attività industriale diretta all’erogazione di servizi, col conseguente esonero dal pagamento del contributo commisurato al costo di costruzione ma con l’utilizzazione, per la determinazione della restante parte di contributo (commisurato all’incidenza delle opere di urbanizzazione e allo smaltimento dei rifiuti), delle più favorevoli tabelle predisposte dall’amministrazione per la destinazione "attrezzature culturali", di cui all’art. 19, comma 2.

Al riguardo, il Collegio non ritiene neppure condivisibile l’assunto del patrocinio ricorrente, secondo cui la destinazione a sede universitaria può essere catalogata come destinazione industriale, sì da reclamare l’applicazione del comma 1 dell’art. 19 cit., che fa riferimento al permesso di costruire "relativo a costruzioni o impianti destinati ad attività industriali o artigianali dirette alla trasformazione di beni ed alla prestazione di servizi", in luogo del comma 2 della stessa norma, relativo ad un’attività di prestazione di servizi avulsa dai connotati intrinseci dell’attività industriale.

Ciò, in quanto, al di là delle valutazioni di carattere generale, permane l’ostacolo insuperabile rappresentato dalla previsione dello stesso comma 1 cit., il quale coniuga l’attività industriale volta alla prestazione di servizi a quella volta alla trasformazione di beni, impedendo una lettura della prima avulsa dalla seconda. In tale ultima evenienza, infatti, ovvero in presenza di "costruzioni o impianti destinati…allo svolgimento di servizi…" soccorre la previsione del comma 2, che è poi quella correttamente ritenuta applicabile dall’amministrazione all’odierna ricorrente.

Nessun errore emerge, infine, con riguardo al computo della slp, posto che, dalla documentazione in atti, risulta che la slp computata dall’amministrazione per destinazioni culturali (mq. 4180,78) corrisponda a quella dichiarata dall’istante (cfr. i documenti n. 6 allegati da parte resistente).

Per le considerazioni che precedono, il ricorso con i motivi aggiunti in epigrafe specificati devono essere respinti.

Sussistono nondimeno giusti motivi, attesa la particolarità delle questioni trattate, per compensare integralmente tra le parti costituite le spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando sul ricorso e i motivi aggiunti come in epigrafe proposti, li respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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