Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 08-07-2011) 19-09-2011, n. 34322 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 22.4.2001 il Tribunale del Riesame di Genova rigettava l’appello proposto dal difensore di R.P. e R. C.R. avverso il provvedimento del gip del locale Tribunale del 23.3.2001 che aveva revocato respinto l’istanza di predetti R. diretta alla revoca o comunque alla sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere già applicata nei loro confronti dal gip del tribunale di Massa nel proc. Pen. Nr. 3282/10 r.g.n.r.. per i reati di tentata estorsione in danno di M.E. e lesioni personali volontarie in danno dello stesso M. e della sua convivente, T.L..

2. Il tribunale ricordava che il procedimento a carico dei due imputati era nato da un intervento del personale della Questura di Massa presso l’abitazione del M. sollecitato da terzi rimasti anonimi, evidentemente testimoni dell’aggressione a seguito della quale il M. e la sua compagna erano stati trasportati al pronto soccorso.

Il M. aveva poi riferito che gli indagati, accompagnati da due albanesi, si erano recati a casa sua pretendendo il pagamento di una partita di eroina, e avevano reagito con violenze fisiche al suo rifiuto.

3. I giudici disattendevano poi l’alibi fornito da R.P. con riferimento al giorno dell’aggressione; l’imputato si sarebbe trovato al bar "(OMISSIS)", e la sua indicazione era stata confermata da alcuni testimoni, ritenuti però inattendibili dai giudici territoriali.

4. Ricorrono gli interessati per mezzo del proprio difensore deducendo con il primo motivo il vizio di carenza, illogicità e contraddittorietà della motivazione del provvedimento ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. e), e il vizio di violazione di legge ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. e), in relazione all’art. 125 c.p.p., comma 3. I giudici del riesame avrebbero illogicamente svalutato la prova d’alibi fornita dal R.P., apprezzando oltremodo in senso sfavorevole all’indagato, come sintomo dell’inattendibilità dai testi a conferma la circostanza da costoro riferita di avere ricevuto in visione dall’imputato un non meglio identificato foglio venendo informati nell’occasione della denuncia proposta a suo carico dalle persone offese; così come avrebbe attribuito indebito rilievo al silenzio serbato sull’alibi dall’imputato in sede di interrogatorio di garanzia. L’alibi non sarebbe poi stato affatto smentito dalla barista G.J., che aveva semplicemente affermato di non ricordare che R.P. fosse stato presente nel locale il giorno dell’aggressione.

Con il secondo motivo, la difesa deduce sotto gli stessi profili di legittimità il vizio di assoluta mancanza della motivazione dell’ordinanza in ordine ad alcuni motivi espressamente dedotti con l’atto di appello rispetto alle perplessità rilevabili a proposito delle dichiarazioni delle persone offese sia in riferimento all’identificazione del modello di autovettura a bordo della quale gli aggressori sarebbero giunti presso l’abitazione dei R., che in ordine "alla pretesa, grave prova indiziaria di una seconda aggressione che ignoti avrebbero fatto nottetempo al M., ad arresto dei due R. appena avvenuto". 4.1 Le lacunose motivazioni del Tribunale su tali aspetti della gravità indiziaria, si rifletterebbero poi anche sulla valutazione delle esigenze cautelari, secondo la difesa sostanzialmente indebolite dallo sviluppo delle indagini.

A quest’ultimo riguardo sarebbero rimaste senza risposta anche le notazioni difensive relative al ridimensionamento di pregresse vicissitudini giudiziarie dei due imputati significative, secondo i giudici territoriali, della loro attitudine alla violenza, essendo emerso che i fatti sarebbero stati riconducibili a banali liti condominiali.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

1. Del tutto logicamente, anzitutto, i giudici del riesame hanno disatteso la prova d’alibi fornita dall’imputato. Gli antefatti della vicenda ricordati dal tribunale possiedono infatti una forza indiziaria pressochè inattaccabile, considerando che risulta storicamente accertata con inequivocabile certezza l’aggressione ai danni delle persone offese, che le due vittime non avrebbero avuto alcun motivo di attribuire a persone incolpevoli. Il silenzio serbato da R.P. sull’alibi in questione in sede di interrogatorio di garanzia appare poi realmente significativo; non si tratta, infatti, nella specie, di attribuire una valenza autoaccusatoria all’esercizio di un legittimo diritto difensivo, ma di rilevare l’anomalia della mancata indicazione di una prova "liberatoria" in costanza di misure restrittive destinate a prolungarsi nel tempo senza l’agevole allegazione di circostanze di fatto scagionanti. Ancora, dalle dichiarazioni testimoniali analizzate dal tribunale si desume quasi la sollecitazione, da parte dell’imputato, dei ricordi dei testi e, infine, se può discutersi del significato letterale delle dichiarazioni della teste G.J. (ma la difesa riporta soltanto un brevissimo inciso del relativo verbale e non tiene conto della più articolata rievocazione della testimonianza da parte del tribunale), non è contestata in ricorso la decisa smentita proveniente da altri testi come A.A..

2. Il particolare del modello di autovettura con la quale i due indagati sarebbero giunti insieme ad altri soggetti presso l’abitazione delle persone offese è stato trascurato in effetti dai giudici del riesame ma appare del tutto marginale e irrilevante, potendosi ammettere, al limite, anche un errore nell’identificazione del modello specifico della marca, senza dire che nell’ordinanza del gip si accenna ad una Mercedes "Kompressor" (pag. 7, punto 3) e che il possesso, da parte di uno dei due R., di una Mercedes SLK, costituirebbe quindi una conferma delle indicazioni delle persone offese non molto più che nei termini di una preferenza di marca;

3. Genetiche e confuse, anche nei termini letterali della relativa rievocazione, ma soprattutto in punto di effettiva rilevanza, sono le deduzioni difensive in ordine alla seconda aggressione subita dal M. dopo l’arresto dei due R.;

4. essendo rimaste indenni allo scrutinio di legittimità le valutazioni del tribunale sulla gravità indiziaria, ne riesce confermato anche il giudizio sulla sussistenza delle esigenze cautelari. Al riguardo conviene soltanto rilevare che non hanno pregio le deduzioni difensive sul presunto "travisamento" da parte dei giudici territoriali, di un precedente giudiziario dei due indagati per fatti di danneggiamento e minaccia. I giudici del riesame ricordano che i due imputati si erano resi responsabili di un tentativo di aggressione nei confronti di una vicina di casa, ciò che non contraddice nella sostanza la riconducibilità dei fatti ad una banale lite condominiale; ma non contraddice neanche il giudizio di pericolosità desumibile da comportamenti comunque apertamente antigiuridici posti in essere per motivi così futili. Peraltro, nella motivazione dell’ordinanza la valutazione della pericolosità sociale è fondata soprattutto sui precedenti penali di R.P. per reati in materia di droga e sui numerosi precedenti specifici di P.C.. Ancora una volta, quindi, il mancato approfondimento delle deduzioni difensive sulla lite condominiale è del tutto trascurabile.

Alla stregua delle precedenti considerazioni, il ricorso va pertanto rigettato, con le conseguenti statuizioni sulle spese. Il cancelliere dovrà provvedere agli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p..

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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