Cass. civ. Sez. III, Sent., 25-01-2012, n. 1022 Capacità o incapacità a deporre

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il 20 luglio 2002 il Tribunale di Livorno accoglieva la domanda proposta dalla SILCOS s.p.a. nei confronti del Comune di Piombino per il mancato svincolo di una polizza fidejussoria inerente ad una convenzione stipulata con lo stesso Comune in data 11 aprile 1990 per opere di urbanizzazione primaria e condannava il Comune al pagamento a favore della società, a titolo risarcitorio della somma di Euro 14.600,24, oltre rivalutazione, interessi e spese di lite.

Su gravame del Comune la Corte di appello di Firenze il 19 dicembre 2005 ha riformato integralmente la sentenza di prime cure.

Avverso siffatta decisione propone ricorso per cassazione la s.p.a.

SILCOS, affidandosi a due motivi.

Resiste con controricorso il Comune di Piombino, che ha depositato memoria.

Motivi della decisione

Preliminarmente va osservato che il ricorso non è inammissibile, come deduce il Comune resistente, perchè ex art. 83 c.p.c., nuovo testo, la procura è apposta su foglio separato ma congiunto all’atto cui si riferisce e, quindi, idonea a conferire certezza della provenienza dalla parte del potere di rappresentanza (Cass. n. 3189/01). Nè è inammissibile perchè conterrebbe solo funzioni di procuratore e non di procuratore ad litem, atteso che l’atto va letto nel suo complesso da cui risulta un procuratore "abilitato alla Corte suprema", che nella intestazione del ricorso è proprio quegli che rappresenta e difende la società in questo giudizio e un domiciliatario.

1.-Ciò premesso con il primo motivo (violazione del principio dispositivo sancito dall’art. 115 c.p.c., art. 360 c.p.c., n. 3) la società ricorrente lamenta che erroneamente il giudice dell’appello avrebbe dichiarato la inattendibilità della deposizione del direttore dei lavori, che, non essendo stata eccepita dal Comune, non poteva essere sollevata di ufficio, atteso anche che il comune l’aveva sollevata solo con l’appello.

In realtà, il Comune si sarebbe opposto, ma solo per dedurre che la circostanza su cui verteva la deposizione andava provata documentalmente.

Al riguardo, emerge dalla sentenza impugnata che il giudice dell’appello, dopo avere posto in risalto che comunque il Comune non aveva eccepito la incapacità del teste, non è incorso, ad avviso del Collegio in nessuna violazione di legge, in quanto, come è noto, l’incapacità a testimoniare ex art. 246 c.p.c, anche se non eccepita o eccepita tardivamente da una parte , non comporta di per sè l’inattendibilità del teste assunto, dall’altro non esonera il giudice dal potere-dovere di esaminarne l’intrinseca attendibilità (Cass. n. 3956/03).

Ed è quanto ha fatto il giudice dell’appello, il quale ha stigmatizzato la deposizione del professionista, direttore dei lavori incaricato dalla società che non si era premurato di annotarsi gli estremi del protocollo, ossia non era in grado di "caratterizzare l’asserita consegna con l’indicazione delle specifiche circostanze in cui questa sarebbe avvenuta (ufficio ovvero soggetto cui le carte siano state affidate), diverse dal lapidario si con cui il testo ha risposto al capitolo di prova" (p.5 sentenza impugnata), in quanto aveva semplicemente assentito al capitolo di prova con quel "si", ma non era stato in grado di produrre una ricevuta, nè un numero di protocollo, che, ovviamente erano indispensabili per provare quanto assentito e imputare al Comune ogni responsabilità in merito al mancato svincolo della polizza.

2.-Di qui, il rigetto del secondo motivo (omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia – art. 360 c.p.c., n. 5), per le superiori considerazioni, aggiungendosi che la mancanza di documentazione necessaria per l’effettuazione del collaudo e, quindi, per liberare la polizza, ripetutamente richiesta ed essendo la documentazione stessa nel possesso dell’impresa che aveva effettuato i lavori, il danno che la SILCOS assume di avere subito non può essere ricondotto ad inadempimento del Comune, ma alla stessa società attrice, come motiva il giudice dell’appello, senza incorrere in alcuna violazione del denunciato vizio.

Conclusivamente il ricorso va respinto e le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio per cassazione, che liquida in Euro 2.700,00 di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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