Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 16-06-2011) 19-09-2011, n. 34308 Prova penale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

M.P., tramite il difensore, ricorre per Cassazione avverso la sentenza 5.10.2010 con la quale la Corte d’Appello di Firenze, confermando la decisione 7.10.2009 del Tribunale della medesima città, lo ha condannato alla pena di anni sei di reclusione ed Euro 3.000,00 di multa per i seguenti delitti:

"…b) del reato di cui agli artt. 110 e 81 cpv. c.p., art. 628 c.p., comma 3, n. 1, perchè in concorso morale e materiale fra loro (con G.V. sottoposto a diverso giudizio con il rito abbreviato) i introducevo all’interno dell’ufficio postale di (OMISSIS) e mediante minaccia compiuta impugnando un manganello e un taglierino, si impossessavano della somma di Euro 16.500,00 sottraendola dalla cassa dell’ufficio postale.

Con le ulteriori aggravanti di avere agito in più persone riunite e travisati con passamontagna.

In (OMISSIS).

"c) del reato di cui agli artt. 110 e 81 cpv. c.p., art. 628 c.p., comma 3, n. 1, perchè in concorso morale e materiale fra loro, si introducevano all’interno dell’ufficio postale di (OMISSIS) frazione di (OMISSIS) e mediante minaccia compiuta impugnando un manganello (con il quale, tra l’altro percuotevano C.S., cliente ivi presente) e un taglierino, si impossessavano della somma di Euro 4.600,69 sottraendola alla Cassa dell’Ufficio postale.

Con le ulteriori aggravanti di avere agito in più persone riunite e travisati con passamontagna. In (OMISSIS)." La difesa del ricorrente richiede l’annullamento della sentenza impugnata deducendo: 1) vizio di mancata assunzione di una prova decisiva richiesta nel corso del giudizio, ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. d). La difesa sostiene: 1) che l’imputato, il (OMISSIS) (giorno della rapina di cui al capo b) si era sottoposto a visita medica, circostanza sulla quale poteva testimoniare il medico curante dr. G.M.; 2) di avere sollecitato, vanamente, il Tribunale perchè disponesse, ex art. 507 c.p.p. l’audizione del testimone; 3) di avere reiterato la richiesta anche in sede di giudizio di appello e che la Corte territoriale ha respinto l’istanza con motivazione erronea affermando che l’istante non aveva formulato la richiesta tempestivamente nel corso del giudizio di primo grado.

La doglianza è infondata alla luce della perspicua motivazione resa dalla Corte territoriale la quale ha affermato che: 1) la audizione testimoniale del dr. G. poteva ben essere richiesta dalla difesa entro i termini di cui all’art. 491 c.p.p., trattandosi di circostanza nota e non emersa nel corso del giudizio; 2) i contenuti della prova richiesta non erano definiti non essendo state indicate le circostanze di tempo relative alla visita medica; 3) la mancanza delle indicazioni di cui sopra non consentivano di stabilire se la prova richiesta avesse carattere risolutivo; 4) la decisione del tribunale era del tutto corretta alla luce della precedente considerazione; 5) non emergevano fatti o circostanze per le quali dovesse essere assunta nel corso del giudizio di appello una decisione diversa.

La motivazione resa dalla Corte territoriale appare del tutto congrua, con la conseguenza che nessuna censura può essere mossa alla decisione impugnata sotto il profilo della adeguatezza e della logicità della motivazione ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e).

Peraltro, il tema decidendum introdotto dal ricorso deve essere riguardato anche sotto il diverso profilo di cui all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. d), per la prospettata violazione del diritto alla assunzione di una prova decisiva. Anche sotto questo punto di vista la doglianza è infondata.

Con l’art. 507 c.p.p. il legislatore ha temperato i caratteri del modello processuale accusatorio, conferendo al giudice, in via del tutto eccezionale e residuale un potere di indagine ex officio finalizzato ad un accertamento, in quanto possibile, di una verità sostanziale, intesa quale verifica della coincidenza del verum processuale con quello storico. In forza di tale regola, è stato più volte affermato in sede di legittimità (v. già Cass. Sez. 1, 12.5.1995, Baggi; Cass. Sez. 3, 19.6.1998, Brotini; Cass. Sez. 6, 11.10.2005, Tiranti) che il giudice ben possa disporre d’ufficio l’assunzione di nuovi mezzi di prova ex art. 507 c.p.p., anche con riferimento a quelle prove che le parti (come per esempio nel caso di specie) avrebbero dovuto richiedere e non hanno richiesto (v. in tal senso Cass. SU 17.10.2006 in Ced Cass. Rv 234907; e sotto il profilo della legittimità ex art. 111 della citata interpretazione v. Corte Cost. ord. 10.3.2006 n. 92 e da ultimo Corte Cost. 26.2.2010 n. 73).

Peraltro, l’esercizio della facoltà prevista dall’art. 507 c.p.p., anche se derivante da una richiesta formulata dalla parte ex art. 495 c.p.p., comma 2, rimane comunque sempre limitato e vincolato dal carattere di "assoluta necessità" dell’assunzione del nuovo mezzo di prova. L’assoluta necessità, cui il legislatore fa riferimento, è da correlarsi al carattere di "decisività" della prova, cioè nella sua idoneità a ribaltare l’esito dell’attività istruttoria. La valutazione del carattere della decisività di una prova è aspetto che attiene al merito, come tale non sindacabile in sede di legittimità, quando la motivazione del giudice nell’ammettere o nell’escludere sia adeguata e sorretta da un logico apparato argomentativo, soprattutto nel caso in cui il giudice decida di omettere l’esercizio di detto potere in seguito ad istanza di parte (Cass. Sez. 3, 19.6.1998 cit.; Cass. Sez. 4, 14.10.1997 in Ced Cass. Rv 211576).

Nel caso in esame, la Corte d’appello ha adeguatamente giustificato le ragioni per le quali non ha ritenuto di accedere alla sollecitazione istruttoria formulata dalla difesa ex art. 603 c.p.p., (così assolvendo al proprio dovere come stabilito da Cass. Sez. 3, 25.10.2007 in Ced Cass. Rv 238273) rilevando in particolare come risultasse indimostrata la decisività della escussione del testimone. Infatti, l’assunzione d’ufficio (anche se sollecitata dalle parti) di nuovi mezzi di prova da parte del giudice del dibattimento, in entrambi i gradi di giudizio di merito, si caratterizza comunque per l’assoluta necessità ai fini della decisione, sicchè essa presuppone l’assoluta impossibilità per il giudice di decidere allo stato degli atti; di qui consegue che la parte sollecitando le nuove indagini e i nuovi mezzi di prova, deve fornire un tema probatorio completamente definito nei suoi contenuti al fine di permettere al giudice di valutare e decidere in modo compiuto sulla rilevanza e sulla decisività della prova richiesta, da correlarsi con il materiale probatorio già acquisito agli atti del giudizio. Come già osservato dalla Corte territoriale tale aspetto non è stato compiutamente illustrato e dedotto dalla difesa, e la doglianza oggi sostanzialmente riproposta in questa sede appare infondata.

2) Vizio di contraddittorietà della motivazione in ordine alla valutazione delle prove ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) e per violazione degli artt. 189 e 213 c.p.p. e ss.. La difesa lamenta la mancanza di un corredo probatorio che consenta di affermare la penale responsabilità dell’imputato sia in relazione al delitto avvenuto il giorno stesso del suo arresto, siccome trovato sulla vettura condotta dal coimputato G. (sottoposto a procedimento separato), sia in relazione al precedente delitto. La difesa sostiene che la decisione di merito si è fondata su elementi indizianti equivoci quali: 1) il rinvenimento, a bordo della vettura del G., di un giubbotto contenente la refurtiva della rapina del giorno in cui è avvenuto l’arresto, nonchè di un manganello adoperato nel corso dell’esecuzione del precedente delitto; 2) la ricognizione effettuata in modo del tutto anomalo nel corso dei giudizio perchè l’imputato sarebbe stato sottoposto a riconoscimento "diretto" da parte dei testimoni, in aula, senza le garanzie previste dall’art. 213 c.p.p., essendo invece acclarato che, nel corso delle rapine i volti dei rapinatori non erano riconoscibili perchè travisati con calze di donna. A completamento della illustrazione delle ragioni poste a sostegno del motivo, la difesa rileva ancora come lo imputato sia da anni un collaboratore di giustizia.

La doglianza è infondata perchè riguardante il merito della valutazione dei mezzi di prova senza evidenziare aspetti censurabili in diritto della motivazione, ed è eccentrica rispetto al contenuto della motivazione della decisione impugnata.

In particolare, con riferimento al giubbotto rinvenuto sulla vettura del G., a bordo della quale è stato sorpreso l’odierno ricorrente, il giorno della rapina commessa in (OMISSIS), la difesa omette di considerare, come rilevato dalla Corte Territoriale, il "piumino beige" (contente la somma di Euro 3.250.000 e la ulteriore somma di Euro 540,00 in monete confezionate in tubetti), al momento del controllo di polizia, fosse indossato proprio dall’imputato e che quest’ultimo è stato trovato in possesso di un trincetto, essendo stato appurato che la rapina era stata compiuto con l’uso di un taglierino. Si tratta di circostanze di fatto, debitamente valutate dalla Corte di merito, che, con una motivazione non manifestamente illogica, ha indicato le ragioni per le quali non ha ritenuto di credere alla versione fornita dall’imputato, circa l’occasionalità del suo incontro con il G..

In tale contesto la Corte territoriale ha preso in considerazione, anche le ricognizioni avvenute in aula. Il giudice dell’appello pur convenendo con la difesa circa la "anomala" assunzione della prova come raccolta, ne ha comunque posto in evidenza la legittimità e la sua congruenza con il restante materiale probatorio. Sotto il profilo di stretto diritto, la decisione è corretta; l’art. 189 c.p.p. non escludendo la possibilità di ricorrere alla c.d. prova atipica (cioè a quelle non disciplinate dalla legge) si limita a porre due condizioni: 1) la idoneità della prova ad assicurare l’accertamento dei fatti; 2) la prova non pregiudichi la libertà morale della persona.

Il riconoscimento dell’imputato, quale autore del reato, in aula, nel corso dei dibattimento, da parte di un testimone pur non rivestendo il carattere proprio della ricognizione, è pur sempre una prova ammissibile nei limiti dettati dall’art. 189 c.p.p. in quanto la ricognizione formale disciplinata dall’art. 213 c.p.p. non è, per il principio di non tassatività dei mezzi di prova, l’unico strumento probatorio idoneo al suddetto fine (v. da ultimo Cass, Sez. 5, 13.1.2010 n. 18057 in Ced Cass. Rv 246862; va inoltre aggiunto che l’atto del riconoscimento operato in udienza, è atto di identificazione diretta mediante dichiarazione orale che non richiede le formalità previste per la ricognizione vera e propria (Cass. Sez. 2, 23.9.2003 n. 46285 in Ced Cass. Rv 227605). Sul punto pertanto la doglianza è infondata, anche perchè la censura si appunta su considerazioni di merito circa la valenza del riconoscimento, che è questione di puro fatto sottratta al sindacato in questa sede.

Con riferimento al delitto di cui al capo B), la Corte territoriale ha fondato il proprio giudizio non solo in base al rinvenimento di un manganello (dalla foggia particolare, di colore rosso e con una scritta visibile) a bordo della vettura del G., sulla quale viaggiava il ricorrente (circostanza in sè non definitivamente concludente nel senso dell’affermazione della responsabilità dell’imputato), ma anche in base alle ricognizioni formali e fotografiche cui era stato sottoposto l’imputato nel corso del giudizio. Anche in tale caso la Corte territoriale ha fornito precisa indicazione degli elementi di prova presi in considerazione e la difesa, a sua volta, non ha indicato in modo specifico i punti censurabili della motivazione attraverso l’indicazione dei passi dei verbali ritenuti rilevanti, ai fini della dimostrazione della illogicità della motivazione stessa. Le circostanze riguardanti il ruolo di collaboratore dell’imputato o del suo erroneo riconoscimento per un diverso episodio di rapina, di per sè non hanno incidenza alcuna con riferimento ai fatti oggetto del giudizio. Per tali ragioni il motivo è infondato.

3) la difesa lamenta l’inosservanza dell’art. 62 bis c.p., perchè la Corte territoriale ha escluso la concessione delle attenuanti generiche traendo la giustificazione della decisione dalla condotta processuale. La censura è generica, ed è attinenti ad aspetti di fatto e a valutazioni il cui merito non è sindacabile nella presente sede attesa la adeguatezza della motivazione sul punto. La Corte d’Appello ha ritenuto che la pena irrogata, prossima ai minimi edittali sia adeguata in ragione dei numerosi precedenti penali del prevenuto e della gravità dei fatti che si sono concretati in rapine a mano armata. Il riferimento alla gravità dei fatti e alla pericolosità dell’imputato (desunta dai precedenti penali "numerosi") valutati in riferimento all’atteggiamento processuale, costituisce motivazione idonea e sufficiente a giustificare la decisione assunta.

Per le suddette ragioni il ricorso va quindi rigettato e il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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