Cass. civ. Sez. III, Sent., 25-01-2012, n. 1020 Risoluzione del contratto per inadempimento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale dell’ Aquila il 3 ottobre 2002 dichiarava inammissibile la domanda proposta dalla Servilio Costruzioni s.n.c. di Servilio Gianluca e Stefano, già Servilio Carlo & C. S.n.c. nei confronti di Se.Ro. e s.r., volta alla risoluzione di un preliminare di permuta per eccessiva onerosità, stipulato il 2 dicembre 1993 con Se.Ro. e s.r., procuratori e figli di C.G.. Nell’occasione, il Tribunale dichiarava la risoluzione del preliminare per grave inadempimento della C. nella inosservanza dei termini contrattuali.

Su gravame principale dei Se. e incidentale della società, la Corte di appello dell’Aquila il 28 novembre 2005 riformava parzialmente la decisione di primo grado, nel senso che respingeva la domanda di risoluzione per grave inadempimento e la conseguente domanda di risarcimento dei danni assorbiti l’appello incidentale e la dichiarazione di inammissibilità delle altre istanze degli appellanti. Avverso siffatta decisione propone ricorso per cassazione la Servilio Costruzioni, affidandosi a due motivi.

Resistono con controricorso i Se..

Motivi della decisione

Va preliminarmente affermato che il ricorso non necessita dei quesiti di cui all’art. 366 bis c.p.c., perchè rivolto contro sentenza emessa prima del 2 marzo 2006. 1.- Con il primo motivo (omessa motivazione circa un fatto decisivo e controverso per il giudizio; violazione degli artt. 115, 116 e 184 nel testo vigente nel 1995, art. 345 disp. att. c.p.c., comma 3 e art. 87 disp. att. c.p.c.), in estrema sintesi, la società ricorrente lamenta che la pronuncia in esame si fonda su prove documentali irritualmente o tardivamente allegate senza pronunciare alcun provvedimento di ammissione ed in difetto di qualsiasi motivazione sul punto.

Al riguardo, il Collegio osserva che la produzione dei documenti relativa alla sentenza n. 36/99 del Tribunale dell’ Aquila, con cui si dichiarava l’intera proprietà del terreno in capo ai Se.e la condanna dell’affittuario C. al rilascio della porzione detenuta da lui illecitamente, nonchè alla sentenza della Corte di cassazione, che dichiarava la inammissibilità del ricorso del C. e alla missiva del 14-16 luglio 1999, con la quale i Se. mettevano a disposizione della Servilio il terreno (come da preliminare) era stata disposta dal giudice istruttore, l’una con l’ordinanza 28 maggio 1999, gli altri con ordinanza 20 dicembre 1999, in ottemperanza a quanto disposto dall’art. 184 bis c.p. e, secondo il quale la parte che mostra di essere incorsa in decadenza per causa ad essa non imputabile ha la possibilità di chiedere al giudice di essere rimessa in termini e il giudice provvede ex art. 294 c.p.c., commi 2 e 3, se ritiene verosimili i fatti allegati, ammettendo, quando occorre, la prova dell’impedimento.

Avendo presenti queste prescrizioni normative il giudice dell’appello ha posto in rilievo:

a) dal preliminare del 2 dicembre 1993 la Servilio al momento della stipula era stata resa edotta della reale situazione di detenzione da parte di terzi della porzione del terreno destinato alla realizzazione del complesso residenziale (art. 2 della scrittura);

b) la scrittura non prevedeva alcun termine nè alcuna sanzione in ordine all’assolvimento o meno dell’onere assunto dalla C. di provvedere alla liberazione del terreno;

c) il termine perentorio del 31gennaio 1994 fu stabilito per la redazione e presentazione alle competenti autorità del progetto da parte dell’impresa per l’approvazione;

d) l’ulteriore termine di tre anni e sei mesi fu improrogabilmente fissato a decorrere dalla data (all’epoca, incerta) del rilascio della concessione edilizia, per la consegna delle due unità immobiliari ultimate e rifinite ai Se.;

e) il C., abusivo detentore di porzione del terreno, ne rifiutò la restituzione ai legittimi proprietari, per cui i Se. sin dal 1995 intrapresero azioni giudiziarie contro di lui, terminate solo a seguito della decisione della Cassazione, mentre a seguito della sentenza a loro favorevole del Tribunale dell’Aquila del 18 febbraio 1999 i Se. posero in esecuzione quella sentenza (senza attendere gli ulteriori gradi) e misero a disposizione il terreno;

f) la concessione ad aedificandum richiesta dalla società nell’aprile 1994, previa autorizzazione dei proprietari del fondo in conformità alle prescrizioni contrattuali fu ottenuta in tempi assai ristretti (giugno 1994);

g) tale atto autorizzativo riguardava solo la porzione detenuta abusivamente dal C.;

h) la società per la parte libera del fondo e già ad essa consegnata non intraprese alcuna iniziativa in merito. Da queste circostanze documentali e fattuali e dalla interpretazione dell’intera scrittura il giudice ha potuto affermare che la proprietaria aveva assolto all’onere ad essa incombente in quanto la società avrebbe potuto iniziare, una volta ottenuti i necessari provvedimenti autorizzativi la realizzazione del complesso residenziale almeno sulla parte del terreno libero, senza trascurare che i Se., prima ancora di ottenere la sentenza di rilascio a loro favorevole il 18 febbraio 1999 avevano attivato anche una procedura di urgenza ex art. 700 c.p.c. e successivamente un giudizio civile – non agrario – per la restituzione dell’immobile, in ordine al quale il C. ebbe ad eccepire la usucapione. Di qui, correttamente interpretando gli artt. 1453 e 1455 c.c., il giudice dell’appello ha respinto la domanda di risoluzione e quella di risarcimento avanzata dalla società Pertanto, nessuna violazione delle norme indicate nella censura, nemmeno sotto il profilo processuale, attesa la cadenza temporale cui è stato sottoposta la vicenda si rinviene nella sentenza impugnata.

2.- Statuendo in tal modo appare evidente che il secondo motivo (violazione e falsa applicazione degli artt. 1176, 1218, 1223, 1381 e 1453 c.c.; omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su di un punto decisivo della controversia) non assume rilevanza alcuna restando assorbito dalla più che congrua motivazione ed in virtù della quale va completamente disatteso.

Infatti, per le superiori considerazioni contenute nella sentenza impugnata e che vanno condivise per loro intrinseca logicità, il giudice dell’appello ha ritenuto diligente la condotta dei Se., in relazione alle difficoltà che si sono trovati ad affrontare; ha escluso ogni loro responsabilità quali "debitori" in virtù del contenuto della scrittura nei confronti della società e, quindi, ha correttamente negato il risarcimento richiesto; ha posto in rilievo, "documenti alla mano" che non fosse imputabile ai Se. l’inadempimento della promessa del fatto del terzo, ossia che essi non erano responsabili affatto della mancata liberazione in tempi brevi della parte del terreno abusivamente occupato, avendo agito nei limiti del possibile e del ragionevole, per cui il contratto non poteva dichiararsi risolto.

Conclusivamente, il ricorso va respinto e la società ricorrente condannata alle spese del presente giudizio, che si liquidano, come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, che liquida in Euro 5.200/00, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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