Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 16-06-2011) 19-09-2011, n. 34305

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

M.F., tramite il difensore ricorre per Cassazione avverso la sentenza 29.12.2010 con la quale la Corte d’Appello di Genova ha confermato la decisione di condanna alla pena di anni uno e mesi tre di reclusione e Euro 400,00 di multa, siccome ritenuto responsabile del: "a) delitto di cui all’art. 56 c.p., art. 628 c.p., comma 1, perchè per procurarsi un profitto ingiusto, poneva in essere atti idonei in modo non equivoco ad impossessarsi di denaro contante (Euro 874) sottraendolo dalle casse del (OMISSIS), ponendo in essere atti di violenza contro B.S. che venia afferrata per un braccio e trascinata nel tentativo di sottrarle un pacchetto contenente il denaro, non riuscendo nell’intento per la resistenza offerta dalla vittima e per l’intervento in suo aiuto della collega Z.S. che mettevano in fuga il M..

In (OMISSIS). b) del reato di cui agli artt. 582 e 585 c.p., in relazione all’art. 61 c.p., n. 2, ponendo in essere la condotta di cui al superiore capo a), cagionava a B.S., lesioni personali consistite in contusione con ecchimosi braccio, avambraccio sinistro, lieve distorsione spalla sinistra, giudicate guaribili in gg. 5..

Fatto aggravato perchè commesso al fine di assicurarsi il profitto del reato di cui al capo a) ovvero per assicurarsi la impunità per il reato di cui al capo a).

In (OMISSIS).

Recidivo specifico infraquinquennale.

La difesa richiede l’annullamento della sentenza indicata, deducendo due distinti motivi che vengono contestualmente esaminati da questo Collegio:

1) la erronea applicazione degli artt. 157, 161, 178 e 179 c.p.p. e art. 59 disp. att. c.p.p., nonchè vizio di motivazione ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c) ed e) in relazione all’eccezione di nullità del giudizio di primo grado denunciata con il primo motivo di appello. La difesa in particolare lamenta che: a) in primo grado erano stati notificati all’indirizzo in (OMISSIS) sia l’avviso di conclusione delle indagini, sia quello della fissazione della udienza preliminare; b) l’ufficiale giudiziario aveva effettuato un doppio accesso al suddetto indirizzo, procedendo quindi al successivo deposito dell’atto da notificare presso la Casa Comunale; c) non sarebbe stato positivamente accertato che l’imputato abitasse al suddetto indirizzo; d) l’ufficiale giudiziario non aveva svolto indagini circa la corrispondenza della residenza anagrafica con quella effettiva. Sulla base delle suddette considerazioni la difesa dell’imputato sostiene che la notificazione, effettuata ai sensi dell’art. 157 c.p.p., presso la residenza anagrafica, senza accertamento dell’effettività della stessa, sarebbe nulla perchè pregiudicante l’esercizio dei diritti di difesa. Il ricorrente lamenta quindi la carenza e l’inconferenza della motivazione della sentenza impugnata, perchè la Corte territoriale che si sarebbe limitata a rilevare come lo ufficiale giudiziario avesse effettuato un doppio accesso presso la abitazione dello imputato, senza affrontare quanto oggetto di doglianza.

Il Collegio osserva quanto segue.

Dall’esame del fascicolo processuale si rileva che: 1) nel corso dell’udienza preliminare, in data 29.4.2004, è stata depositata la nomina del difensore di fiducia (avv.to Andrea Guido) dell’imputato con contestuale dichiarazione di elezione di domicilio; 2) nella medesima veniva dichiarata la contumacia dello imputato e successivamente emesso il decreto previsto dall’art. 429 c.p.p., con indicazione del nome dell’avv.to Andrea Guido quale difensore di fiducia dell’imputato; 3) in data 22.7.2004, a mezzo del servizio postale, il decreto di citazione è stato notificato presso il domicilio indicato. La difesa impugnando la sentenza di primo grado ha affermato: "…in quel frangente (udienza del 14.2.2005 ndr) la difesa eccepiva la nullità della notifica del decreto di fissazione della udienza preliminare e, ancora prima dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari in quanto effettuate in quanto effettuate ex art. 157 c.p.p., senza doppio accesso alla residenza anagrafica del M.", segnalando altresì che: "…il M. non è comparso all’udienza preliminare, il predetto non aveva dichiarato o eletto domicilio per quella causa e le notifiche erano state tentate e ritenute perfezionate per compiuta giacenza previo unico accesso alla residenza, senza prima accertare se – al di là del mero dato anagrafico – il destinatario abitasse in quel luogo…".

La Corte d’Appello, ha respinto la doglianza affermando che le notificazioni erano state effettuate regolarmente, presso la residenza dello imputato in v. (OMISSIS), indicando le date di accesso dello ufficiale giudiziario presso la residenza dello imputato.

Sul punto la difesa non ha sollevato obbiezioni, ma, in questa sede, denuncia nuovamente la nullità delle dette notificazioni fatte ex art. 157 c.p.p., perchè l’ufficiale giudiziario non avrebbe condotto accertamenti in merito alla effettività della residenza dell’imputato presso quell’indirizzo e che la Corte d’Appello non avrebbe dato adeguata risposta a quanto dedotto in appello.

Il motivo è manifestamente infondato, perchè generico; la Corte d’Appello ha risposto in modo adeguato alla doglianza della difesa, dimostrando (con la indicazione degli adempimenti dell’Ufficiale giudiziario) come la notificazione fosse stata eseguita in modo conforme al dettato dell’art. 59 disp. att. c.p.p., nè altro poteva essere oggetto di vaglio da parte Corte Genovese in ordine all’operato dell’Ufficiale giudiziario a fronte di una censura che, nella seconda parte (quella attinente alle asserite omissioni dell’Ufficiale giudiziario), appare del tutto generica e quindi inammissibile ex art. 581 e 591 c.p.p.. Infatti, la difesa non ha indicato in modo specifico quali fossero in concreto gli accertamenti omessi dall’Ufficiale giudiziario e in particolare in quale modo lo stesso, compiendoli, fosse nelle condizioni di accertare che l’imputato in quell’epoca abitasse ad un indirizzo diverso da quello della residenza, cioè presso la propria "compagna" (così come affermato dal difensore nell’atto di appello), della quale peraltro, nello stesso atto di impugnazione non viene fornito nè il nome nè l’indirizzo, cosi privando la Corte d’Appello della possibilità di accertare la circostanza di fatto.

Solo con la specifica indicazione dei suddetti elementi di fatto, la difesa avrebbe potuto porre la Corte territoriale nelle condizioni di valutare la legittimità dell’iter procedimentale seguito dallo ufficiale giudiziario e la omissione sul punto ha connotato di genericità la censura, con la conseguenza che la omessa risposta da parte della Corte territoriale, come lamentato in questa sede, non integra vizio della motivazione rilevante; infatti, un eventuale annullamento della decisione, sarebbe comunque conducente ad una dichiarazione di inammissibilità dell’originario motivo proprio perchè generico. Va infine notato, sulla scorta delle indicazioni fornite dalla stessa difesa, che l’imputato con la dichiarazione depositata nella udienza del 29.4.2004, ha eletto il proprio domicilio in (OMISSIS), cioè proprio presso la propria residenza, in altri termini nello stesso luogo ove l’ufficiale giudiziario si è recato quattro volte per effettuare le notificazioni dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari e del decreto di citazione a giudizio: trattasi di circostanza di fatto idonea a far ritenere come la residenza anagrafica dell’imputato coincidesse con quella della abitazione effettiva, con la conseguenza che la doglianza sollevata nei giudizi di impugnazione è del tutto pretestuosa.

2) La carenza di motivazione in relazione al giudizio di bilanciamento delle circostanze attenuanti (generiche e risarcimento del danno) con la recidiva.

Con l’atto di appello la difesa ha richiesto un diverso e più favorevole giudizio di bilanciamento delle riconosciute circostanze attenuanti generiche, mettendo in evidenza come l’imputato avesse risarcito il danno cagionato con l’illecito commesso e avesse tenuto, successivamente alla commissione del reato, un positivo comportamento seguendo terapie di disintossicazione dalle sostanze stupefacenti. La Corte genovese non ha accolto la richiesta della difesa, indicando nella gravità della recidiva (connotata da precedenti "numerosi" e "specifici"), la circostanza fattuale da non consentire un diverso giudizio di bilanciamento delle circostanze.

La difesa lamenta che "il rifiuto di un giudizio di prevalenza sulla contestata recidiva appare immotivato e per ragioni speculari ed opposte rispetto alla scarna motivazione delle Corte territoriale".

La doglianza, è generica ed eccentrica rispetto i motivi di legittimità deducibili in questa sede; infatti il motivo attiene ad una valutazione che compete in via esclusiva al giudice del merito, non sindacabile nella presente sede se adeguatamente motivato. Nel caso in esame, la Corte territoriale, in modo adeguato ha indicato i contrapposti elementi di fatto, presi in considerazione ed incidenti sul trattamento sanzionatolo; la Corte territoriale ha quindi effettuato una valutazione comparativa degli stessi secondo quanto previsto dall’art. 133 c.p.p., così esprimendo un esaustivo e motivato giudizio non sindacabile nel merito.

Per le suddette ragioni il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende attesa la pretestuosità dei motivi.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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