T.A.R. Toscana Firenze Sez. II, Sent., 06-10-2011, n. 1445 Edilizia popolare ed economica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso a questo Tribunale, notificato il 30 dicembre 2005 e depositato il successivo 4 gennaio, il sig. G.S. chiedeva l’annullamento, previa sospensione, del provvedimento dirigenziale del Comune di Firenze con il quale – in relazione a precedente trasferimento del ricorrente e del suo nucleo familiare dall’alloggio di ERP a lui assegnato sito in Firenze, via Liguria n. 6, in altro alloggio di proprietà comunale sito in via Fei n. 33/2, in pendenza della definizione presso il Consiglio di Stato di un contenzioso tra il Comune e il medesimo ricorrente relativo al rilascio di tale immobile in via Liguria – era comunicato l’invito a rilasciare l’assegnato alloggio spontaneamente, entro 15 giorni, essendo nel frattempo intervenuta la decisione del Consiglio di Stato che aveva definitivamente respinto il ricorso proposto avverso il precedente provvedimento di rilascio ed in considerazione della circostanza per la quale il ricorrente e il suo nucleo familiare continuavano a risiedere stabilmente in altro alloggio, presso l’abitazione della madre.

Il ricorrente, quindi, lamentava in sintesi quanto segue.

"1. Incompetenza dell’organo che ha adottato l’atto impugnato".

L’art. 5 del Regolamento di utenza degli edifici di ERP prevedeva espressamente la competenza del Sindaco ad adottare, con ordinanza, provvedimenti come quello impugnato mentre, nel caso di specie, questo era stato adottato dal Dirigente comunale.

"2. Violazione di legge. Violazione dell’art. 7 della L. 7 agosto 1990, n. 241".

Il ricorrente non aveva avuto modo di partecipare al procedimento per esprimere le proprie ragioni, a garanzia anche della legittimità dell’azione amministrativa ai sensi dell’art. 97 Cost.

"3. Eccesso di potere per travisamento dei fatti e difetto dei presupposti".

Era erroneo l’assunto per il quale l’alloggio assegnato al ricorrente ed al suo nucleo familiare era stato concesso solo temporalmente in attesa della definizione del contenzioso pendente perché, in realtà, tale assegnazione era stata effettuata su diversi presupposti, riferiti esclusivamente alle condizioni economiche della famiglia, come da relativo verbale di consegna del 10 marzo 2005.

"4. Violazione di legge (art. 17 D.P.R. 30 dicembre 1972 n. 1035). Eccesso di potere per difetto di motivazione, illogicità, contraddittorietà, carenza di istruttoria".

Gli accertamenti sulla base dei quali risultava l’occupazione di altro alloggio non erano significativi, dato che i sopralluoghi di agenti della Polizia Municipale si erano svolti in orari lavorativi diurni, in una sola settimana, senza così avere alcun valore probatorio ai sensi dell’art. 17, lett. b), DPR n. 1035/72.

Con l’ordinanza presidenziale istruttoria indicata in epigrafe era ordinato al Comune intimato di depositare in giudizio la determinazione dirigenziale n. 1640 del 17 febbraio 2005.

Era adottato, quindi, il primo decreto presidenziale cautelare, indicato in epigrafe, con il quale era rigettata la relativa domanda di provvedimento interinale.

Si costituiva in giudizio il Comune di Firenze, con memoria di mera forma, chiedendo il rigetto del ricorso.

Con motivi aggiunti ritualmente notificati e depositati il 17 gennaio 2006, il ricorrente chiedeva anche l’annullamento, previa sospensione, della suddetta determinazione dirigenziale del 17 febbraio 2005, asseritamente conosciuta solo con il relativo deposito in giudizio, lamentando, in sintesi, quanto segue.

"1) Violazione di legge. Violazione dell’art. 7 della L. 7 agosto 1990, n. 241. Eccesso di potere per travisamento dei fatti e difetto dei presupposti. Eccesso di potere per difetto di motivazione, illogicità e carenza di istruttoria".

La deliberazione in questione non risultava mai notificata e/o comunicata al ricorrente per cui si era ingenerato in lui un legittimo affidamento in ordine alla stabile assegnazione della nuova abitazione dopo il trasferimento dall’immobile sito in via Liguria, non essendoci oltretutto ulteriori indicazioni nel verbale di consegna delle chiavi dell’alloggio di via Fei.

"2) Eccesso di potere per contraddittorietà".

Se la ragione della richiesta di rilascio risiedeva nelle conseguenze della definizione del precedente contenzioso, non si comprendeva per quale ragione erano state disposte le ispezioni del 21, 25 e 27 ottobre 2005 volte a verificare l’effettiva occupazione dell’alloggio di via Fei.

Tale iniziativa, ad opinione del ricorrente, confermava che tale assegnazione non era stata provvisoria ma legata alla valutazione dei requisiti economici e familiari per una nuova ed autonoma assegnazione, del tutto disgiunta dalla precedente e che, comunque, la verifica, limitata ad una sola settimana, non comprovava il periodo minimo di abbandono richiesto dall’art. 17, lett. b), DPR n. 1035/2, pari a tre mesi.

Con il secondo decreto presidenziale cautelare indicato in epigrafe era questa volta accolta la domanda interinale di sospensione del provvedimento impugnato che, però, non trovava conferma nella susseguente ordinanza collegiale, pure in epigrafe richiamata, che rigettava la domanda cautelare, con statuizione confermata in sede di appello dalla Sezione Quinta del Consiglio di Stato, con ordinanza n. 2311 del 12 maggio 2006.

Il ricorrente, però, con atto notificato ritualmente e depositato il 13 luglio 2006, riproponeva la domanda cautelare in prossimità dell’esecuzione del rilascio dell’immobile, sulla base di nuova documentazione acquisita successivamente alle pronunce cautelari in questione, consistenti in dichiarazioni autografe di inquilini, che erano in contrasto con quanto rilevato dall’Amministrazione con i sopralluoghi più volte sopra richiamati.

Ne conseguivano il terzo decreto cautelare presidenziale, di accoglimento della domanda di sospensione, e la successiva ordinanza collegiale istruttoria, pure in epigrafe entrambi richiamati, con cui erano disposti ulteriori incombenti.

In prossimità della nuova camera di consiglio del 31 ottobre 2006, il ricorrente depositava una memoria in cui chiedeva ulteriori incombenti istruttori, tra cui una prova per testi.

Con la relativa ordinanza, richiamata in epigrafe, questa Sezione rigettava infine anche la seconda domanda cautelare.

In prossimità della pubblica udienza, il Comune di Firenze depositava una memoria ad ulteriore illustrazione delle proprie tesi difensive.

Alla pubblica udienza del 5 luglio 2011, la causa era trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

Il ricorso non può trovare accoglimento.

Il Collegio, infatti, anche al più approfondito esame della fase di merito, ritiene di confermare l’orientamento tendente al rigetto indicato in cautelare.

Per quel che riguarda il vizio di incompetenza del Dirigente comunale lamentato con il primo motivo, il Collegio rileva di avere già precisato, anche recentemente ed in circostanza analoga, che dopo l’entrata in vigore dell’art. 107 d.lgs. n. 267/2000 la competenza all’adozione di un provvedimento di decadenza di alloggio di E.R.P. è propria del Dirigente e non del Sindaco, ai sensi della ripartizione generale di cui al TUEL che opera nel caso di specie (TAR Toscana, Sez. II, 1.9.11, n. 1366; 3.9.09, n. 1415 e 27.11.08, n. 3059).

In relazione alla violazione delle garanzie procedimentali di cui all’art. 7 l.n. 241/90 lamentata con il secondo motivo di ricorso, il Collegio rileva che il ricorrente ben conosceva la pendenza del procedimento sin da quando gli era stata notificata l’ordinanza di rilascio avverso cui aveva proposto anche ricorso presso questo Tribunale, poi definito con la decisione del Consiglio di Stato richiamata nel provvedimento impugnato, per cui, essendo quest’ultimo fondato su tutta la precedente fase procedimentale, non si vede quale ulteriore comunicazione doveva essere inviata al ricorrente il quale, dal canto suo, non ha fornito indicazione su quali altri apporti avrebbe potuto fornire rispetto alla definizione della vicenda giurisdizionale già conosciuta, anche ai sensi della previsione dell’art. 21 octies, comma 2, l.n. 241/90.

In relazione a quanto dedotto con il terzo motivo di ricorso, il Collegio rileva che nella determinazione n. 1640 del 17 febbraio 2005 che disponeva, tra altri, trasferimento della famiglia S. in via Fei, depositata in atti in seguito ad ordinanza istruttoria presidenziale, è chiaramente indicato che "…nei confronti della famiglia S.G. è pendente un provvedimento di rilascio dell’alloggio pubblico attualmente sospeso dal TAR Toscana fino alla pronunzia del Consiglio di Stato" e che si riteneva di procedere "…anche al trasferimento della famiglia S., subordinando lo stesso all’esito della pronuncia del Consiglio di Stato".

Appare evidente, quindi, l’infondatezza della tesi del ricorrente, secondo cui l’assegnazione dell’alloggio di via Fei era del tutto disgiunta dalla precedente ed era stata effettuata sulla base delle condizioni economiche della famiglia.

Né può avere rilevanza, in ordine alle effettive ragioni del disposto trasferimento provvisorio, la circostanza che tali ragioni non siano pedissequamente ripetute nel verbale di consegna delle chiavi, dato che tali chiavi risultano acquisite dalla moglie del ricorrente al fine, evidentemente, di usufruire dell’alloggio ai sensi della relativa assegnazione del febbraio 2005 e che, ad ogni modo, il ricorrente non fornisce alcun elemento idoneo, anche solo sotto il profilo indiziario, a verificare che l’assegnazione in questione sia frutto di un procedimento autonomo legato alla valutazione della sussistenza dei requisiti per occupare legittimamente l’alloggio in questione in relazione ad una specifica graduatoria stilata.

Analogamente deve essere ritenuto infondato quanto dedotto con il quarto motivo di ricorso in ordine alla inidoneità dei sopralluoghi effettuati dall’Amministrazione al fine di valutare l’effettiva occupazione dell’alloggio.

Fermo restando, infatti, che la ragione a fondamento del provvedimento impugnato con il ricorso era la cessazione della pendenza giudiziale richiamata, che faceva riprendere esecuzione al provvedimento originariamente impugnato in primo grado, e che i sopralluoghi in esame, quindi, avevano una mera funzione "rafforzativa" della precedente determinazione – orientata sempre sulla mancata stabile occupazione dell’alloggio assegnato – il Collegio torna a rilevare, come più volte evidenziato (da ult: di questa Sezione n. 1366/11 cit.), che il provvedimento di decadenza dall’assegnazione di un alloggio di edilizia residenziale pubblica per mancata occupazione stabile non ha natura sanzionatoria, consistendo nell’esercizio di un potere di autotutela a garanzia del perseguimento di sopperire alle esigenze di colui che abbia la concreta necessità dell’alloggio; pertanto, al fine della decadenza rileva essenzialmente la circostanza obiettiva della mancata utilizzazione dell’abitazione, da accertare – comunque – con adeguata istruttoria ed esprimere con adeguata motivazione (di questa Sezione,tra le ultime: TAR Toscana, Sez. II, 19.2.10, n. 437; v. anche Cons. Stato, Sez. V, 6.12.07, n. 6243; Sez. VI, 27.2.06, n. 844 e Sez. IV 14.4.04, n. 2107).

Alla gestione del patrimonio immobiliare ERP, infatti, sottende l’interesse pubblico – sempre prevalente su quello privato al godimento dell’alloggio in quanto tale – alla destinazione, mediante utilizzo di pubbliche risorse economiche, di un certo patrimonio immobiliare all’esigenza di chi abbia effettivamente necessità di un alloggio secondo determinati parametri (TAR Abruzzo, Aq, 30.1.07, n. 16).

Ebbene, dalla documentazione depositata in giudizio, emergono elementi specifici e concordanti da cui dedurre tale mancata stabile occupazione anche dell’alloggio di via Fei.

Nei resoconti dei sopralluoghi del 21, 25 e 27 ottobre 2005 risulta infatti che nessun componente della famiglia S. era stato trovato "in loco" e se pure – come sostiene il ricorrente – tali sopralluoghi sono avvenuti in orario "di lavoro" diurno, nella relativa relazione del Direttore Responsabile della P.M. di Firenze del 28 ottobre 2005 è precisato che il portalettere competente per la zona comprendente via del Chiuso, ove si riteneva che la famiglia S. alloggiasse, attestava, senza elementi idonei a smentirlo forniti in questa sede dal ricorrente, di portare proprio alla famiglia S. la relativa corrispondenza al civico n. 61, ove abitava la madre del ricorrente.

I sopralluoghi in questione, poi, furono confermati anche da successiva nota esplicativa del 24 luglio 2006, ove si indicavano i nomi dei condomini che avevano riferito la circostanza della mancata stabile occupazione dell’alloggio di via Fei n. 33/2.

Per quel che riguarda due dichiarazioni autografe depositate in giudizio dal ricorrente e datate 29 giugno 2006, ben posteriori alla proposizione del ricorso ed all’adozione del provvedimento impugnato nonché in sostanziale contrasto con la suddetta relazione di P.M. del 24 luglio 2006, il Collegio nuovamente torna a richiamare principi già espressi, secondo cui che tale tipo di dichiarazione non è utilizzabile nel processo amministrativo, trattandosi in sostanza di un mezzo surrettizio per introdurre in quest’ultimo la prova testimoniale inammissibile in tale giudizio fino all’entrata in vigore del d.lgs. n. 104/10 (TAR Toscana, Sez. II, n. 1366/11 e n. 437/10 citt.; Cons. Stato Sez. IV, 3 maggio 2005, n. 2094) e ora ammissibile solo su istanza di parte, ai sensi dell’art. 63, comma 3, cod. proc. amm., che però, nel caso di specie, non è stata avanzata dopo l’entrata in vigore suddetta, limitandosi il ricorrente, con memoria del 19 ottobre 2006, a chiedere prova testimoniale su un unico capitolo relativo, però, alla circostanza attestante se due vigili urbani si erano recati o meno presso l’abitazione di altri due inquilini, diversi dai suddetti dichiaranti, per chiedere informative sulla posizione del sig. S.. Premesso ciò, il Collegio ritiene comunque inconferente tale prova testimoniale ai fini del presente contenzioso, in quanto non idonea a confutare le risultanze sulla mancata stabile occupazione attestata più volte da agenti di P.M. in ordine al contenuto dei sopralluoghi in questione, che coinvolgeva anche altri condomini, espressamente indicati nella suddetta nota del 14 luglio 2006, diversi da quelli indicati nel capitolo di prova richiesto.

Per quel che riguarda i motivi aggiunti con cui si chiedeva l’annullamento della determina n. 1640 del 17 febbraio 2005 sopra ricordata, il Collegio ritiene ugualmente di rilevarne l’infondatezza.

Per quel che riguarda il primo motivo, infatti, la mancata notificazione di un provvedimento o l’assenza di prova di notificazione e/o comunicazione, qualora in presenza di atto "non ricettizio" come in questo caso, non è motivo di illegittimità ma, semmai, di mera irregolarità valutabile in sede di tempestività di sua impugnativa (infatti nel caso di specie non contestata), come attestato da giurisprudenza ormai consolidata (TAR Piemonte, Sez. II, 22.12.89, n. 702; Tar Lazio, Sez. II, 28.11.88, n. 1520).

Inserendosi il motivo in una domanda di annullamento del relativo provvedimento, quindi, la doglianza del ricorrente, sotto questo profilo, non può essere accolta.

Per quanto riguarda il "legittimo affidamento" che il ricorrente ritiene di aver desunto dalla mera consegna delle chiavi dell’alloggio di via Fei, si rimanda a quanto sopra dedotto in ordine al fondamento del provvedimento in questione, esplicitamente basato soltanto sulla pendenza del contenzioso e fino alla definizione dello stesso, contenzioso ben noto al ricorrente.

Ugualmente deve concludersi in ordine alla censura di mancata comunicazione di avvio del procedimento, dato che la pendenza giudiziale era ben nota al ricorrente e non sono state da lui fornite in questa sede domande e/o relative graduatorie da cui desumere che l’assegnazione in questione derivava invece da un autonomo procedimento.

Quanto ora evidenziato vale anche a confutazione del secondo motivo aggiunto, in quanto, come detto, le ispezioni/sopralluogo dell’ottobre 2005 erano meramente "rafforzative" della precedente determinazione e non avevano instaurato alcun nuovo procedimento ai sensi dell’art. 17 dpr n. 1035/72, perdurando la mancata stabile occupazione da tempo in relazione alla precedente determinazione di rilascio, oggetto di contenzioso poi definito dal Consiglio di Stato.

Per quanto dedotto, perciò, il ricorso ed i motivi aggiunti devono essere rigettati.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso ed i motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li rigetta.

Condanna il ricorrente a corrispondere al Comune di Firenze le spese di lite, che liquida in euro 3.000,00, oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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