Cass. civ. Sez. III, Sent., 25-01-2012, n. 1017

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

F.M. ha convenuto davanti al GdP il Comune di Roma, chiedendone la condanna al pagamento di Euro 641,66, a compenso per la custodia di un autoveicolo, rimosso dalle strade cittadine per ordine del Comune e non ritirato dal proprietario.

Il Comune di Roma ha resistito alla domanda, che il GdP ha respinto – con sentenza 3/11 gennaio 2006 n. 890 – ritenendo che legittimato a rispondere del compenso spettante all’attore era l’ente concessionario del servizio di rimozione e che mancavano i presupposti di cui agli art. 2041 e 2042 cod. civ.; in particolare gli estremi della sussidiarietà, non avendo l’attore proposto la sua domanda contro chi gli aveva dato l’incarico.

Il F. propone ricorso per cassazione, illustrato da memoria.

Resiste il Comune di Roma con controricorso.

Motivi della decisione

1.- Con l’unico motivo il ricorrente lamenta violazione di norma di diritto (non meglio specificata) e contraddittoria motivazione "circa il giudicato formatosi con la rinuncia agli atti di appello", sul rilievo che erroneamente il GdP ha ritenuto che il Comune sia carente di legittimazione passiva. Egli infatti ha fatto valere il rapporto di fatto in forza del quale la Polizia municipale gli ha affidato la vettura rimossa, che egli ha custodito; non il rapporto con i concessionari che gli è estraneo e di cui non conosce i termini; che pertanto neppure si può richiedere che egli esperisse le sue domande nei confronti dei concessionari, al fine di configurare la sussidiarietà dell’azione di ingiustificato arricchimento che il Comune non ha indicato a quali soggetti egli avrebbe dovuto rivolgersi per il pagamento e che quindi il principio della sussidiarietà dell’azione non può essere invocato nei suoi confronti; che è vero che l’utilità della prestazione deve essere riconosciuta dall’ente pubblico convento con l’azione di arricchimento, ma che nel caso in esame il riconoscimento era implicito nell’essersi esso avvantaggiato della prestazione.

2.- Il motivo è inammissibile.

2.1.- In primo luogo perchè non ricorrono gli estremi per la proposizione di ricorso per cassazione contro una sentenza del Giudice di pace, emessa secondo equità.

Nel regime anteriore al D.Lgs. n. 40 del 2006 – qual è quello applicabile al caso di specie – la sentenza pronunciata dal giudice di pace in una controversia di valore inferiore a lire due milioni, quindi secondo equità, ai sensi dell’art. 113 c.p.c., comma 2, è impugnabile per cassazione unicamente per violazione di norme costituzionali, comunitarie o processuali, o per violazione dei principi informatori della materia; e non anche per vizi di motivazione, salva l’ipotesi di motivazione del tutto mancante o puramente apparente (e, quindi inesistente), ovvero fondata su argomentazioni inidonee a evidenziare la ratio decidendi, ovvero ancora perplessa o assolutamente contraddittoria per contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili (Cass. civ. Sez. 3, 25 novembre 2005 n. 24903; Cass. civ. Sez. 2, 18 febbraio 2011 n. 4010;

Idem, 22 febbraio 2011 n. 4282).

Nella specie il ricorrente non illustra sotto quale profilo le violazioni di legge da lui denunciate rientrerebbero nell’ambito dei principi indicati.

2.2.- In secondo luogo il ricorso è inammissibile per l’omessa indicazione delle norme di legge che si assumono violate, o di altro dei presupposti in presenza dei quali l’art. 360 cod. proc. civ. dichiara proponibile il ricorso per cassazione, anche con riferimento a sentenze emesse secondo diritto.

Il ricorrente si limita a censurare le ragioni di merito che stanno alla base della sentenza impugnata, proponendo questioni non suscettibili di riesame in questa sede.

3.- Le spese del presente giudizio, liquidate nel dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte di cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate complessivamente in Euro 600,00, di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 400,00 per onorari; oltre al rimborso delle spese generali ed agli accessori previdenziali e fiscali di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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