Cass. civ. Sez. III, Sent., 25-01-2012, n. 1016

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

F.M. ha convenuto davanti al GdP il Comune di Roma, chiedendone la condanna al pagamento di Euro 739.10, a compenso per la custodia di un autoveicolo, rimosso dalle strade cittadine per ordine del Comune e non ritirato dal proprietario.

Ha premesso che il servizio di rimozione dei veicoli in sosta vietata od in posizione di intralcio al traffico era stato affidato dal Comune con apposite convenzioni ad enti diversi (A.C. Roma, ATAC, S.T.A.), i quali a loro volta si erano avvalsi di terzi, fra cui esso M., per il deposito e la custodia delle vetture rimosse; che egli non aveva ricevuto il pagamento relativo alle vetture non ritirate dagli interessati e che il Comune era tenuto a indennizzarlo del relativo importo a titolo di ingiustificato arricchimento. Il Comune di Roma ha resistito alla domanda, che il GdP ha respinto – con sentenza 3/11 gennaio 2006 n. 890 – ritenendo che legittimato a rispondere del compenso spettante all’attore era l’ente concssionario del servizio di rimozione e che mancavano i presupposti di cui agli art. 2041 e 2042 cod. civ.; in particolare gli estremi della sussidiarietà, non avendo l’attore proposto la sua domanda contro chi gli aveva dato l’incarico, ed il vantaggio del preteso arricchito, in quanto il Comune non aveva mai riconosciuto od ammesso che il servizio reso gli aveva arrecato una qualche utilità.

Il F. propone ricorso per cassazione illustrato da memoria.

Resiste il Comune di Roma con controricorso.

Motivi della decisione

1.- Con unico motivo, articolato in tre censure, il ricorrente lamenta violazione di norma di diritto (non meglio specificata) e contraddittoria motivazione "circa il giudicato formatosi con la rinuncia agli atti di appello". Assume che erroneamente il GdP ha ritenuto carente di legittimazione il Comune, in quanto egli ha fatto valere il rapporto di fatto in forza del quale la Polizia municipale gli ha affidato la vettura; che egli ha custodito la vettura rimossa dal (OMISSIS); che non era appaltatore in proprio del servizio, nè era al corrente di chi fosse il concessionario; che era intercorso fra il Comune ed il Consorzio Laziale del Traffico un accordo transattivo in base al quale il Comune aveva pagato la somma di Euro 1.800.000,00, a saldo e stralcio di ogni suo debito, ma che tale accordo non gli è opponibile, poichè non vi ha partecipato; che il Comune non ha indicato a quali soggetti egli avrebbe dovuto rivolgersi per il pagamento e che quindi il principio della sussidiarietà dell’azione non può essere invocato nei suoi confronti; che, se è pur vero che l’ente pubblico può essere convenuto con azione di ingiustificato arricchimento solo quando abbia riconosciuto l’utilità della prestazione, nel caso in esame il riconoscimento è da ritenere implicito nel fatto che il Comune si è avvantaggiato della prestazione.

2.- Il motivo è inammissibile sotto svariati profili.

2.1.- In primo luogo perchè non ricorrono gli estremi per la proposizione di ricorso per cassazione contro una sentenza del Giudice di pace, emessa secondo equità.

Nel regime anteriore al D.Lgs. n. 40 del 2006 – qual è quello applicabile al caso di specie – la sentenza pronunciata dal giudice di pace in una controversia di valore inferiore a L. due milioni, quindi secondo equità, ai sensi dell’art. 113 c.p.c., comma 2, è impugnabile per cassazione unicamente per violazione di norme costituzionali, comunitarie o processuali, o per violazione dei principi informatori della materia; e non anche per vizi di motivazione, salva l’ipotesi di motivazione del tutto mancante o puramente apparente (e, quindi inesistente), ovvero fondata su argomentazioni inidonee ad evidenziare la ratio decidendi, ovvero ancora perplessa o assolutamente contraddittoria per contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili (Cass. civ. Sez. 3, 25 novembre 2005 n. 24903; Cass. civ. Sez. 2, 18 febbraio 2011 n. 4010;

Idem, 22 febbraio 2011 n. 4282).

Nella specie il ricorso si fonda esclusivamente su considerazioni che attengono al merito della controversia; e la contraddittorietà della motivazione è prospettata con riferimento ad un peculiare aspetto (giudicato formatosi con la rinuncia all’atto di appello), che non si comprende a che cosa si riferisca e non concretizza gli addebiti di inesistenza della motivazione, che soli sono rilevanti ai fini del ricorso per cassazione contro sentenza emessa secondo equità.

Ogni altra censura è da ritenere assorbita.

3.- Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

4.- Le spese del presente giudizio, liquidate nel dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte di cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate complessivamente in Euro 800,00, di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 600,00 per onorari; oltre al rimborso delle spese generali ed agli accessori previdenziali e fiscali di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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