Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 15-06-2011) 19-09-2011, n. 34303

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza 4.5.2006 il Tribunale di Monza, sezione distaccata di DESIO dichiarava D.B.N. colpevole:

"a) del reato previsto e punito dagli artt. 110 e 629 c.p., perchè in concorso con il minorenne T.A.R., con violenza esercitata dal D.B., in più occasioni e consistita nel prendere a schiaffi la parte offesa, inducendo P.M. a consegnargli la somma di Euro 30, si procurava un ingiusto profitto con corrispondente danno per il P..

Accertato in (OMISSIS).

"b) del reato previsto e punito dall’art. 628 c.p., perchè alfine di procurarsi un ingiusto profitto, con violenza consistita nell’afferrare per un braccio e nello strattonare il minore P.M. e con minaccia consistita nell’intimargli di non andare dai Carabinieri altrimenti lo avrebbe ammazzato, si impossessava del telefono cellulare di proprietà della parte offesa.

In (OMISSIS)".

Il Tribunale, concesse le attenuanti generiche e l’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 4, ritenuta la continuazione fra gli illeciti contestati, ha quindi condannato l’imputato alla pena di anni due, mesi otto di reclusione e Euro 600,00 di multa.

La difesa dello imputato proponeva appello denunciando: 1) l’erronea qualificazione giuridica del fatto perchè integrante la meno grave ipotesi di violazione dell’art. 393 c.p.; 2) l’erroneo mancato riconoscimento della attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 6; 3) la eccessività del trattamento sanzionatorio che poteva essere mitigato in applicazione dei criteri previsti dall’art. 133 c.p.; 4) l’illegittimità del rifiuto di ammettere le prove dell’esame testimoniale della madre del P. e del confronto tra il D. B. e il P..

La Corte d’Appello, con sentenza 19.10.2010 respingendo tutti i motivi, confermava la decisione di primo grado.

Ricorre pertanto per Cassazione la difesa dell’imputato deducendo:

1.) violazione di legge e vizio di motivazione, perchè la richiesta di Euro 30,00 non doveva essere considerato un "ingiusto profitto", ma era da ricollegarsi ad un accordo intercorso fra le parti, avente carattere risarcitorio a favore dello imputato per la perdita della propria bicicletta per colpa del P. che la aveva ricevuta in prestito; quanto alla dazione del telefonino da parte del P., la difesa deduce che trattatasi di consegna di una garanzia reale in attesa dell’adempimento della consegna della somma di denaro di cui sopra.

2.) violazione di legge e vizio della motivazione perchè sarebbe stata configurata una ipotesi di estorsione consumata in luogo di quella tentata. La difesa deduce in particolare che non vi è prova che il P. abbia consegnato all’imputato la somma di 30,00 _ e che questa somma non è comunque entrata nella sfera di disponibilità dell’imputato stesso.

3.) violazione di legge e vizio della motivazione perchè è stato configurato il delitto di rapina laddove le modalità di apprensione del telefono cellulare sono pienamente legittime, non avendo l’imputato esercitato alcuna forma di violenza che appare incompatibile con la circostanza della immediata restituzione della scheda telefonica al P. e la pronta restituzione del telefonino appena l’imputato è stato nelle condizioni di farlo.

4.) violazione di legge e vizio della motivazione in ordine al mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 6, perchè sarebbe erronea la decisione della Corte d’Appello nel valutare come intempestivo l’atto risarcitorio che l’imputato ha potuto compiere solo nel momento in cui è stato messo nelle condizioni di poterlo materialmente compiere.

Il ricorso è manifestamente infondato.

I primi tre motivi consistono in considerazioni di merito che non si traducono in specifiche e puntuali censure riconducibili alle ipotesi previste dall’art. 606 c.p.p., comma 1. Nella sostanza la difesa propone una diversa lettura del fatto, che è preclusa in sede di legittimità, con conseguente inammissibilità delle doglianze.

Il quarto motivo di ricorso è pur esso manifestamente infondato, perchè la difesa formula mere considerazioni in fatto, senza tenere conto della regola di diritto prevista dall’art. 62 c.p., n. 6 e testualmente applicata dalla Corte territoriale.

Per le suddette ragioni il ricorso deve essere dichiarato pertanto inammissibile e il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende attesa la pretestuosità delle ragioni del gravame. Ai sensi del D.Lgs. n. 52 del 1996, art. 56 si manda al cancelliere perchè, nel caso di rilascio di copie della presente decisione, vengano omesse le generalità di P.M. e di T.A.R. e di quant’altro valga ad identificarli, perchè minorenni.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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