Cass. civ. Sez. III, Sent., 25-01-2012, n. 1015

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

F.M. ha convenuto davanti al GdP il Comune di Roma, chiedendone la condanna al pagamento di Euro 594,97, quale compenso a lui spettante per la custodia di un autoveicolo, rimosso dalle strade cittadine per ordine del Comune e non ritirato dal proprietario.

Ha premesso che il servizio di rimozione dei veicoli in sosta vietata od in posizione di intralcio al traffico era stato affidato dal Comune, con apposite convenzioni, ad enti diversi (A.C. Roma, ATAC, S.T.A.), i quali a loro volta si erano avvalsi di varie imprese, fra cui quella di esso M., per il deposito e la custodia delle vetture rimosse;

che egli non ha ricevuto il pagamento relativo alle vetture non ritirate dagli interessati e che il Comune è tenuto a indennizzarlo del relativo importo, anche a titolo di ingiustificato arricchimento.

Il Comune di Roma ha resistito alla domanda, che il GdP ha respinto – con sentenza 3-7 febbraio 2006 n. 8468 ritenendo insussistente il presupposto della sussidiarietà, essendo tenuto a rispondere del compenso spettante all’attore l’ente gestore del servizio di rimozione.

Il F. propone un motivo di ricorso per cassazione, illustrato da memoria.

Resiste il Comune di Roma con controricorso.

Motivi della decisione

1.- L’unico motivo di ricorso è inammissibile perchè generico.

Il ricorrente si limita a chiedere che sia respinta l’eccezione di mancanza di sussidiarietà, eccezione che il GdP ha accolto, ma non specifica quali siano le norme ipoteticamente violate dalla sentenza impugnata e per quali ragioni essa debba essere riformata.

Neppure è possibile individuare dal ricorso se ricorrano gli estremi per la proponibilità di ricorso per cassazione contro una sentenza del giudice di pace emessa secondo equità, considerato che – nel regime anteriore al D.Lgs. n. 40 del 2006, applicabile al caso di specie – la sentenza pronunciata dal giudice di pace in una controversia di valore inferiore a L. due milioni, ai sensi dell’art. 113 c.p.c., comma 2, era impugnabile per cassazione unicamente per violazione di norme costituzionali, comunitarie o processuali, o per violazione dei principi informatori della materia; e non anche per vizi di motivazione, salva l’ipotesi di motivazione del tutto mancante o puramente apparente (e, quindi inesistente) (Cass. civ. Sez. 3, 25 novembre 2005 n. 24903; Cass. civ. Sez. 2, 18 febbraio 2011 n. 4010; Idem, 22 febbraio 2011 n. 4282).

3.- Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

4.- Le spese del presente giudizio, liquidate nel dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte di cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate complessivamente in Euro 800,00, di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 600,00 per onorari; oltre al rimborso delle spese generali ed agli accessori previdenziali e fiscali di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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