T.A.R. Veneto Venezia Sez. I, Sent., 06-10-2011, n. 1474 Contratto di appalto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

E’ impugnata la procedura di gara nella quale il raggruppamento ricorrente è risultato secondo classificato, relativa all’aggiudicazione definitiva dell’appalto di servizio energia per la conduzione e gestione degli impianti e delle strutture sanitarie e sociosanitarie dell’azienda ULSS numero 17. Con il primo motivo deduce la mancata esclusione dell’aggiudicataria, in quanto la mandataria del raggruppamento vincitore avrebbe presentato la dichiarazione relativa alla insussistenza dei requisiti di cui alla lettera g) del disciplinare anche per gli altri soggetti puntualmente indicati, vale a dire tutti i soggetti muniti di poteri di rappresentanza, diversamente da quanto dalla stessa effettuato in relazione ad altre previsione del bando, laddove il legale rappresentante della predetta società si è limitato a dichiarare l’insussistenza nei propri confronti, rinviando alle dichiarazioni singole allegate dagli stessi soggetti la parimenti insussistenza delle condizioni ostative alla partecipazione alla gara Con il secondo motivo di ricorso deduce invece la mancata allegazione della dichiarazione di rappresentanti legali e direttori tecnici e degli altri soggetti cessati nel triennio.

Si è costituita l’amministrazione controdeducendo puntualmente.

Si è costituita la controinteressata spiegando ricorso incidentale, e concludendo dunque per l’inammissibilità del ricorso principale.

All’odierna udienza, dopo discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.

Preliminare alla disamina delle doglianze contenute nel ricorso principale e nell’atto di motivi aggiunti è lo scrutinio di fondatezza del ricorso incidentale, il cui carattere paralizzante, tale da determinare l’inammissibilità per carenza di interesse, è ben noto alla giurisprudenza, in particolare nel caso in cui i soggetti ammessi alla gara siano più di due, come avviene nella specie.

E tuttavia è la stessa decisione dell’Adunanza plenaria del Consiglio di stato che ha scolpito il ben noto principio- n.4/2011- ad affermare puntualmente, in tema di "ordo quaestionum", un altro arresto assolutamente pacifico, vale a dire che " l’esame del ricorso principale è ammesso, per ragioni di economia processuale, qualora sia evidente la sua infondatezza…".

Orbene la prima doglianza è assistita da tale carattere.

Deduce il ricorrente che il legale rappresentante di G., dopo aver elencato i soggetti muniti, a vario titolo, di poteri di rappresentanza, compresi i direttori tecnici, ha dichiarato per sé stesso il possesso dei requisiti di cui alle lettere b) e c) del primo comma dell’articolo 38 del decreto legislativo numero 163 del 2006, rinviando, per quanto riguarda i soggetti muniti di poteri di rappresentanza, alle dichiarazioni rese singolarmente dagli stessi, allegate all’istanza di partecipazione, mentre in relazione al requisito indicato alla lettera m) avrebbe indicato non solo per sé ma anche per tutti gli altri soggetti la insussistenza delle condizioni di cui all’articolo 38, comma uno, lettera m) ter del decreto legislativo numero 163 del 2006.

Trattasi della disposizione di cui all’articolo 38, comma primo, lettera m) ter del Codice dei contratti, di cui la sezione ha affermato la legittimità nella sentenza n. 5269/2010 di cui si richiamano i passi principali:

" deduce la contrarietà della disposizione alla normativa comunitaria, sicché ne chiede o la disapplicazione o la rimessione della questione pregiudiziale alla Corte di giustizia.

Con diffuse argomentazioni, che prendono le mosse dai lavori preparatori della disciplina normativa attinente alla sicurezza -e non alla specifica materia degli appaltirecata dall’articolo 2, comma 19, lettera a), della legge 15 luglio 2009, n. 94 che ha introdotto la lettera m) ter, sostengono difatti che la norma in esame perseguirebbe finalità estranee alla disciplina dei procedimenti a evidenza pubblica, non colpendo soggetti incorsi in circostanze volte a incrinare la loro moralità professionale e proponendosi invece di contrastare in generale fenomeni delittuosi di stampo mafioso. E, conseguentemente, si porrebbe in contrasto con l’ordinamento europeo, il quale consente agli Stati membri la previsione di ulteriori cause di esclusione, tuttavia a condizione che esse siano finalizzate a garantire il rispetto dei principi di parità di trattamento di trasparenza, e a condizione che tali misure non eccedano quanto necessario per conseguire dette finalità.

Dispone dunque la norma che "Sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi, nè possono essere affidatari di subappalti, e non possono stipulare i relativi contratti i soggetti:

b) nei cui confronti è pendente procedimento per l’applicazione di una delle misure di prevenzione di cui all’articolo 3 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423 o di una delle cause ostative previste dall’articolo 10 della legge 31 maggio 1965, n. 575; l’esclusione e il divieto operano se la pendenza del procedimento riguarda il titolare o il direttore tecnico, se si tratta di impresa individuale; il socio o il direttore tecnico se si tratta di società in nome collettivo, i soci accomandatari o il direttore tecnico se si tratta di società in accomandita semplice, gli amministratori muniti di poteri di rappresentanza o il direttore tecnico, se si tratta di altro tipo di società;

mter) di cui alla precedente lettera b) che, anche in assenza nei loro confronti di un procedimento per l’applicazione di una misura di prevenzione o di una causa ostativa ivi previste, pur essendo stati vittime dei reati previsti e puniti dagli articoli 317 e 629 del codice penale aggravati ai sensi dell’articolo 7 del decretolegge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, non risultino aver denunciato i fatti all’autorità giudiziaria, salvo che ricorrano i casi previsti dall’articolo 4, primo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689. La circostanza di cui al primo periodo deve emergere dagli indizi a base della richiesta di rinvio a giudizio formulata nei confronti dell’imputato nei tre anni antecedenti alla pubblicazione del bando e deve essere comunicata, unitamente alle generalità del soggetto che ha omesso la predetta denuncia, dal procuratore della Repubblica procedente all’Autorità di cui all’articolo 6, la quale cura la pubblicazione della comunicazione sul sito dell’Osservatorio."

Scopo della norma è dunque quello di escludere dagli appalti pubblici gli imprenditori onesti che non hanno avuto il coraggio di denunciare i fatti commessi in loro danno.

In altre parole, la causa di esclusione opera con riferimento a imprenditori "puliti" che non hanno denunciato, pur non avendo nulla a che fare con la criminalità organizzata; l’ipotesi in questione, infatti, rimane assolutamente distante e distinta rispetto a tutte quelle forme di concorso o connivenza tra imprenditori e associazioni criminali.

Per contro, l’imprenditore responsabile di gravi reati accertati con sentenza passata in giudicato, tra i quali anche quelli inerenti alla criminalità mafiosa, è escluso in ragione dell’art. 38, comma 1, lett. c), ed è chiaro che questa causa di esclusione opera anche nel caso in cui l’imprenditore si sia macchiato di fatti penalmente rilevanti che denotano contiguità con gli ambienti criminali, quali il favoreggiamento reale o personale oppure il concorso esterno in associazione mafiosa.

Quanto alla evidente pertinenza della disposizione con la materia degli appalti, il Collegio evidenzia che la rilevanza dell’omissione della denuncia di reati è di certo funzionale al contrasto del fenomeno criminale mafioso, ma mira a garantire la libera concorrenza e trasparenza nel settore dei pubblici appalti, considerando inaffidabile il contraente che non abbia denunciato le illecite richieste subite dalla criminalità organizzata.

Inoltre, in una recente decisione la Corte UE, pur richiamandosi in via generale al principio della tassatività delle cause di esclusione, ha affermato che l’art. 29 della direttiva 92/50/CEE (norma questa che prima della direttiva 2004/18 UE coordinava le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi) "…deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che uno Stato membro, in aggiunta alle cause di esclusione contemplate da tale disposizione, preveda ulteriori cause di esclusione finalizzate a garantire il rispetto dei principi di parità di trattamento e di trasparenza, a condizione che tali misure non eccedano quanto necessario per conseguire la suddetta finalità…" (Corte giustizia CE, sez. IV, 19 maggio 2009, causa 538/2007). Non vi è dunque una preclusione assoluta all’introduzione di ulteriori cause di esclusione dalle pubbliche gare a condizione che vengano rispettati quei fondamentali principi di trasparenza, imparzialità e proporzionalità per altro già richiamati all’art. 2 Codice Contratti. Lo Stato italiano, inoltre, potrebbe avanzare in sede europea la necessità di prevedere tale ulteriore causa di esclusione anche per evidenti ragioni di tutela dell’ordine pubblico.

Del resto nei protocolli di legalità sottoscritti tra enti aggiudicatori e stazioni appaltanti è reso evidente come l’obbligo di denuncia di ogni tentativo di estorsione, intimidazione o condizionamento di natura criminale sia funzionale a garantire la parità di trattamento e la trasparenza negli appalti pubblici."(cfr.ibidem)

Si noti, peraltro che anche la recente modifica di cui al d.l. n.70/2011 entrato in vigore nelle more della stesura della presente sentenza ha inciso solo sul dato temporale – un anno anziché tre anni- ma non sulla norma sostanziale, intendendosi dunque confermati da parte del legislatore l’impianto complessivo e la ratio della disposizione.

Prevedeva il disciplinare di gara che sarebbe dovuta essere rilasciata una dichiarazione sulla mancanza di pendenza di procedimento per l’applicazione di una delle misure di prevenzione di cui alla legislazione antimafia (lettera g)), "resa, pena l’esclusione dalla gara, da tutti i legali rappresentanti, da tutti i direttori tecnici; da tutti i soci se società in nome collettivo, da tutti i soci accomandatari in caso di società in accomandita semplice; da tutti gli amministratori muniti di poteri di rappresentanza se si tratta di altro tipo di società".

Proseguiva il disciplinare: "che, con riferimento alla lettera g), anche in assenza nei loro confronti di un procedimento per l’applicazione…", riportandosi il già richiamato il contenuto della lettera m) ter.

Se è dunque plausibile la tesi del ricorrente secondo cui anche la dichiarazione ex lettera m) ter sarebbe dovuta essere rilasciata con le modalità di cui alla lettera g), in quanto espressamente richiamata, è anche plausibile la tesi del controinteressato postulante l’inapplicabilità della stessa (che si ricordi si poneva come eccezione rispetto a quanto sopra stabilito dove si diceva che "tutte le sottoelencate dichiarazioni vanno rese, pena l’esclusione dalla gara, dai legali rappresentanti dei soggetti che partecipano in forma singola nonché dei soggetti che costituiscono o costituiranno il raggruppamento, consorzio, Geie ai sensi dell’articolo 34 del decreto legislativo numero 163 del 2006," e quindi costitutiva di lettura di stretta interpretazione) in quanto non espressamente richiamata, a differenza di quanto peraltro successivamente disposto per le ipotesi di cui alla lettera h) (inesistenza di condanne passate in giudicato…), laddove espressamente si prevedeva" alla dichiarazione resa, pena l’esclusione dalla gara, dagli stessi soggetti di cui al precedente punto g)".

Inoltre mentre per le richiamate dichiarazioni di cui alle lettere b) e c) era prevista nel modello predisposto dall’amministrazione la casella da barrare con l’opzione della dichiarazione singola dagli stessi soggetti in allegato, per la dichiarazione di cui alla lettera m)- ove pure contenuto il riferimento alla lettera b), similmente a quanto fatto nel disciplinare con il richiamo alla lettera g) – v’è solo l’alternativa di barrare o la casella ove si dichiara l’avvenuta denuncia dei fatti all’autorità giudiziaria, ovvero quella ove si dichiara che non si è verificato quanto previsto dalla citata disposizione di legge, non prevedendosi dunque la possibilità di dichiarazione singola da parte dei vari soggetti contemplati.

Attesa dunque l’equivocità della disposizione contenuta nel disciplinare di gara, e la non congruità con lo stesso del modello predisposto dalla stazione appaltante per la predisposizione dell’istanza di partecipazione e ammissione alla gara, non è predicabile la irreparabile conseguenza dell’esclusione, sicché per noti principi di favor partecipationis non può essere accolta la censura.

Anche la seconda doglianza risulta palesemente infondata, aderendo ormai la sezione alla più recente giurisprudenza che legge in modo restrittivo la disposizione indicante i soggetti passivi della dichiarazione, limitandola ai soli amministratori muniti di poteri di rappresentanza, ed escludendosi pertanto institori e procuratori (confronta Consiglio di Stato, sezione quinta, 25 gennaio 2011 n.513).

Il ricorso deve dunque essere respinto, con declaratoria di improcedibilità del ricorso incidentale.

Le spese possono essere compensate.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Dichiara il ricorso incidentale improcedibile.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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