Cass. civ. Sez. III, Sent., 25-01-2012, n. 1013

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

F.M. ha convenuto davanti al GdP il Comune di Roma, chiedendone la condanna al pagamento di Euro 828,42 quale compenso a lui spettante per la custodia di un autoveicolo, rimosso dalle strade cittadine per ordine del Comune e non ritirato dal proprietario.

Ha premesso che il servizio di rimozione dei veicoli in sosta vietata od in posizione di intralcio al traffico era stato affidato dal Comune, con apposite convenzioni, ad enti diversi (A.C. Roma, ATAC, S.T.A.), i quali a loro volta si sono avvalsi di varie imprese, fra cui quella di esso M., per il deposito e la custodia delle vetture rimosse; che egli non ha ricevuto il pagamento relativo ad una vettura non ritirata da alcuno e che il Comune è tenuto a indennizzarlo del relativo importo a titolo di ingiustificato arricchimento.

Il Comune di Roma ha resistito alla domanda, che il GdP ha respinto – con sentenza 3/11 gennaio 2006 n. 890 – ritenendo insussistenti i presupposti di cui agli art. 2041 e 2042 cod. civ., sul rilievo che tenuti a rispondere del compenso spettante all’attore sono gli enti gestori del servizio di rimozione, nei confronti dei quali l’attore avrebbe dovuto proporre la sua domanda; che l’azione di ingiustificato arricchimento spetta solo in mancanza di ogni altro rimedio e che manca altresì il vantaggio del preteso arricchito, in quanto il Comune non ha mai riconosciuto od ammesso che il servizio gli abbia arrecato una qualche utilità.

Il F. propone un motivo di ricorso per cassazione, illustrato da memoria.

Resiste il Comune di Roma con controricorso.

Motivi della decisione

1.- Con l’unico motivo il ricorrente lamenta violazione di norma di diritto (non meglio specificata) e contraddittoria motivazione "circa il giudicato formatosi con la rinuncia agli atti di appello", svolgendo tre censure.

Con la prima afferma che erroneamente il GdP ha ritenuto carente di legittimazione il Comune, in quanto egli ha fatto valere il rapporto di fatto in forza del quale ha custodito fino al giorno (OMISSIS) l’automobile rimossa per contravvenzione; non le convenzioni stipulate dal Comune con gli enti incaricati dell’accertamento e della rimozione, del cui contenuto non è a conoscenza.

Critica poi l’asserita mancanza del presupposto della sussidiarietà ed il mancato riconoscimento dell’utilità per il Comune dell’attività da lui svolta.

2.- Il motivo è inammissibile sotto svariati profili.

2.1.- In primo luogo perchè il ricorrente omette di indicare le norme di legge di cui lamenta la violazione, come ogni altro presupposto per la proponibilità del ricorso per cassazione a norma dell’art. 360 cod. proc. civ., limitandosi a censurare il merito della sentenza impugnata. Ne consegue che non è neppur possibile valutare se ricorrano gli estremi per la proposizione del ricorso per cassazione contro sentenza del giudice di pace emessa secondo equità. Si ricorda che nel regime anteriore al D.Lgs. n. 40 del 2006 – applicabile al caso di specie – la sentenza pronunciata dal giudice di pace in una controversia di valore inferiore a lire due milioni, quindi secondo equità, ai sensi dell’art. 113 c.p.c., comma 2, era indubbiamente sottratta all’appello; ma poteva essere impugnata con ricorso per cassazione solo per violazione di norme costituzionali, comunitarie o processuali, o per violazione dei principi informatori della materia. Non era impugnabile per vizi di motivazione, salva l’ipotesi di motivazione del tutto mancante o puramente apparente (quindi inesistente), ovvero fondata su argomentazioni inidonee a evidenziarne la ratio decidendi ovvero ancora perplessa o assolutamente contraddittoria per contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili (Cass. civ. Sez. 3, 25 novembre 2005 n. 24903; Cass. civ. Sez. 2, 18 febbraio 2011 n. 4010; Idem, 22 febbraio 2011 n. 4282).

Nella specie non risulta quale profilo le asserite violazioni di legge rientrerebbero nell’ambito dei principi indicati.

Si censura il diniego della legittimazione passiva del Comune senza specificare se si tratti della legittimazione processuale – nel qual caso il ricorso sarebbe ammissibile, perchè attinente a questione di rito – o della legittimazione sostanziale, ovverosia della mancata titolarità del rapporto controverso, come risulterebbe dalla motivazione della sentenza impugnata e dalle eccezioni del Comune. Il ricorrente denuncia poi contraddittoria motivazione con riferimento ad un peculiare aspetto (asserito giudicato, formatosi con la rinuncia all’atto di appello in relazione ad altra controversia), che non spiega quale attinenza abbia con la vertenza in esame.

La motivazione della sentenza impugnata, per contro, non è suscettibile di censura sotto il profilo della logicità e congruenza delle argomentazioni.

2.2.- In secondo luogo il ricorso non è autosufficiente poichè non specifica le premesse in fatto essenziali al fine di ricostruire il rapporto dedotto in giudizio: non specifica, cioè, da chi, per quali ragioni ed in forza di quale rapporto, il F. abbia preso in custodia l’autovettura, si da consentire di individuare il soggetto che ha direttamente assunto nei suoi confronti la responsabilità per il pagamento del compenso.

Il ricorrente non chiarisce se abbia proposto la domanda di pagamento nei confronti di tale soggetto, nè se la domanda stessa sia stata o meno disattesa, e per quali ragioni: si da consentire di verificare se si tratti di ragioni compatibili con la dedotta responsabilità sussidiaria del Comune.

3.- Sotto ogni aspetto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

4.- Le spese del presente giudizio, liquidate nel dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte di cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate complessivamente in Euro 800,00, di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 600,00 per onorari; oltre al rimborso delle spese generali ed agli accessori previdenziali e fiscali di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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