T.A.R. Veneto Venezia Sez. I, Sent., 06-10-2011, n. 1468 Bellezze naturali e tutela paesaggistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con un primo provvedimento del 19 febbraio 1992 il Soprintendente per i beni ambientali e architettonici di Venezia ordinava alla ricorrente di provvedere alla rimozione e al ripristino delle opere asseritamente eseguite senza autorizzazione e precisamente: installazione di infisso e porta vetro; copertura di soffitto con l’inserimento di plafoniere; rivestimenti lignei di pareti; impianti vari.

Con nota raccomandata del 28 febbraio la ricorrente informava l’autorità procedente che tali lavori

sarebbero stati approvati con atto numero 413 del 1989, a seguito di apposita istanza presentata nel 1988, e chiedeva l’annullamento d’ufficio della diffida, che, stante il silenzio opposto dall’amministrazione, veniva impugnata con il primo dei ricorsi in epigrafe.

Con un secondo atto dell’8 maggio il soprintendente disponeva nuovamente: "facendo seguito alla diffida del 19 febbraio, constatato che non è stato ottemperato a quanto richiesto, ossia di rimuovere le opere realizzate abusivamente rispetto quanto approvato con la nota numero 413 del 4 aprile 1989, constatato personalmente col sopralluogo che dette opere consistono nella realizzazione di una copertura a tenda di colore verde collocata al di sopra di quella, color canapa naturale, prevista nel progetto approvato, e nella realizzazione di pannellature lungo tutte le pareti del piano terra del cortile, considerato che tali opere costituiscono una indebita alterazione dell’immobile tutelato in quanto con la seconda tenda sovrapposta viene realizzata in pratica una copertura con camera d’aria di isolamento, per quanto riguarda le pannellature lignee collocate lungo le pareti, pur considerandole rimovibili, si fa rilevare che occultano indebitamente la parte basamentale dei prospetti architettonici del cortile cinquecentesco, con tutto ciò trasformandolo in una sala coperta".

Seguiva l’invito alla rimozione, con riserva in caso di inottemperanza di adottare le sanzioni ex art.59 della legge n.1089/39.

La ricorrente, ritenendo anche questo atto illegittimo lo impugna deducendo:

violazione dell’articolo 7 della legge numero 241 del 1990 per omessa comunicazione di avvio del procedimento;

violazione degli articoli 9 della legge numero 1089 del 1939 e 82 del regolamento, omessa comunicazione del preavviso di ispezione, posto che dal provvedimento impugnato risulta che il Soprintendente avrebbe effettuato personalmente il sopralluogo, il quale, a mente delle disposizioni citate, sarebbe dovuto essere preceduto da preavviso al proprietario;

violazione degli articoli 11 e 18 della legge, difetto dei presupposti, eccesso di potere per travisamento di fatti, poiché il progetto approvato dal Soprintendente con nota del 4 aprile 1989 prevedeva la realizzazione di due tende a bracci estensibili, combacianti al culmine, che si avvolgono su rulli infissi ai due lati contrapposti della corte. Sotto i rulli di avvolgimento, e sopra la cornice lignea contenenti tubi fluorescenti è previsto un altro telo, con mera funzione di mascheramento dei bracci estensibili, sicché la copertura realizzata dalla ricorrente costituirebbe esecuzione del progetto approvato;

violazione degli articoli 11 e 18 sotto altri profili, posto che la realizzazione delle pannellature non comporta alcuna modificazione fisica del bene, sicché non trattandosi di opere che incidono in qualche modo sulla composizione fisica del bene vincolato il provvedimento risulta viziato per difetto dei presupposti e per sviamento di potere;

violazione dell’articolo 2 della legge, difetto dei presupposti, posto che dalla documentazione fotografica allegata alla domanda è evidenziabile che il cortile interno ha assunto l’attuale fisionomia già nel secolo scorso e comunque in epoca precedente l’apposizione del vincolo;

eccesso di potere per contraddittorietà e difetto di motivazione, perché i due provvedimenti sarebbero in contrasto in quanto il progetto dapprima sarebbe stato approvato e poi ne sarebbe contestata la puntuale esecuzione.

Si è costituita l’amministrazione controdeducendo puntualmente.

All’odierna udienza dopo discussione la causa è stata trattenuta in decisione.

I ricorsi vanno riuniti preliminarmente per evidente connessione oggettiva soggettiva.

In via altrettanto preliminare deve essere dichiarata la l’improcedibilità del primo dei ricorsi in epigrafe, in quanto la prima diffida è stata sostituita dalla successiva, costituendone il provvedimento impugnato con il ricorso numero 2270/92 la prosecuzione procedimentale e dunque trasferendosi al secondo provvedimento il sindacato di legittimità dell’intervento repressivo minacciato.

Il ricorso non è fondato.

In proposito, si richiama la giurisprudenza formatasi in merito alla pregressa normativa secondo cui il reato contravvenzionale originariamente previsto dall’art. 59 della L. n.. 1089/39 si configura come reato di condotta, che consiste nel demolire, rimuovere, modificare o restaurare le cose di interesse artistico ad opera di soggetti che sono titolari di poteri o di facoltà sul bene o da terzi senza l’autorizzazione del ministero competente, e di pericolo, poichè non è richiesta la lesione in concreto del patrimonio artistico, che è il bene tutelato dalla norma, ma semplicemente la consapevolezza nell’agente del vincolo storico artistico cui è soggetto il bene. Ciò diversamente dal reato previsto dall’art. 733 c.p. che è reato di evento di danno e punisce il deterioramento o danneggiamento di monumenti o di altre cose di pregio rilevante quando da ciò derivi un nocumento al patrimonio storicoartistico nazionale. Né si può dubitare della natura permanente della fattispecie de qua: "la lesione del bene penalmente tutelato si protrae per volontà dell’agente sino a che questo pone in essere una condotta uguale e contraria a quella iniziale o sino a che l’autorità competente non ratifica la sua condotta, il che è elemento distintivo dei reati permanenti" (cfr. Cass. pen., sez. III, 2 luglio 1997, Franceschetti.)

In caso di verificazione del reato, trattandosi di condotte pregiudizievoli per il patrimonio storicoartistico, il Consiglio di Stato ha precisato che l’amministrazione è vincolata a emanare provvedimenti di riduzione in pristino mediante demolizione dei manufatti abusivi, con esclusione di valutazioni discrezionali conservative, ancorchè tali opere concernano beni sottoposti a vincolo indiretto, senza che sul dovere di disporre la riduzione in pristino incida il lungo tempo trascorso dal compimento della violazione edilizia; peraltro l’imposizione del ripristino dei luoghi vincolati può essere ordinata dall’amministrazione non soltanto nei riguardi dei proprietari, detentori e possessori dei beni, ma anche nei riguardi di chiunque abbia eseguito i lavori vietati.

Nell’esegesi degli artt. 139 e 146, d.lgs. n. 42/2004, oggi vigenti, si deve ritenere che il sopravvenuto vincolo paesaggistico non è opponibile, e dunque non impone la richiesta di autorizzazione paesaggistica: a) per interventi edilizi che siano già stati autorizzati sotto il solo profilo edilizio o anche sotto quello paesaggistico in virtù di un precedente regime, e di cui sia già iniziata l’esecuzione; b) per interventi edilizi che siano già stati autorizzati sotto il solo profilo edilizio o anche sotto quello paesaggistico in virtù di un precedente regime, e per i quali l’esecuzione non sia iniziata nei termini assegnati per fatto non imputabile al soggetto autorizzato. Invece, il sopravvenuto vincolo paesaggistico è opponibile, e dunque impone la richiesta di autorizzazione paesaggistica: a) per interventi edilizi che non siano stati ancora autorizzati nemmeno sotto il profilo edilizio; b) per interventi edilizi che siano già stati autorizzati sotto il solo profilo edilizio o anche sotto quello paesaggistico in virtù di un precedente regime, e per i quali l’esecuzione non sia iniziata nei termini assegnati per fatto imputabile al soggetto autorizzato. All’ipotesi di inizio dei lavori deve assimilarsi quella in cui l’inizio non vi sia stato per factum principis non imputabile all’interessato, ove risulti che i lavori sarebbero potuti legittimamente e tempestivamente iniziare.(cfr. CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI – 17 giugno 2010, n. 3851).

Ciò premesso, deve rilevarsi l’infondatezza delle doglianze relative alla mancata comunicazione di avvio del procedimento, configurandosi la prima diffida proprio come la segnalazione dell’avvio di un procedimento in cui la partecipazione del privato è stata completa, sicchè nessuna lesione può essere predicabile, come pure in tema di avvenuta ispezione.

Quanto al merito della questione, e ricordato che la valutazione tecnica dell’amministrazione titolare della tutela del vincolo non è sindacabile per profili di disparità di trattamento o eccesso di potere se non sotto il profilo della manifesta illogicità o irragionevolezza, premesso che non si rileva alcuna contraddittorietà, apparendo invece il secondo atto logica e quasi necessitata conseguenza del primo, risulta che il rilievo principale non consiste nella posa di una copertura a tenda di colore verde, asseritamente autorizzata, quanto nel fatto che per mezzo di tale seconda tenda viene realizzata una copertura con camere d’aria di isolamento, mentre le pannellature lignee, di cui si riconosce il carattere di amovibilità, peraltro, si rileva che occultano indebitamente la parte basamentale dei prospetti architettonici del cortile cinquecentesco, che per effetto di questi due interventi si trasforma in una sala coperta, laddove anche il provvedimento di imposizione del vincolo osserva che "il secondo gruppo di unità residenziali… si organizza su di un sistema di cortili interni…"

Dunque risulta dimostrato che l’intervento autorizzato e l’intervento realizzato differiscono, per quanto affermato nel provvedimento impugnato.

Conseguentemente il primo ricorso deve essere dichiarato improcedibile e il secondo respinto, pur sussistendo giuste ragioni per disporre l’integrale compensazione delle spese di giudizio tra le parti costituite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sui ricorsi, come in epigrafe proposti, riunitili:

dichiara improcedibile il ricorso n. 1298/92;

respinge il ricorso n. 2270/92.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 9 giugno 2011 con l’intervento dei magistrati:

Vincenzo Antonio Borea, Presidente

Riccardo Savoia, Consigliere, Estensore

Alessandra Farina, Consigliere

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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