Cass. civ. Sez. III, Sent., 25-01-2012, n. 1011

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Va rilevato in fatto:

1.1. che l’arch. M.M. ricorre – affidandosi a due motivi – per la cassazione della sentenza n. 480/09 della Corte di appello di Roma, pubbl. il 2.2.09 e notificata il 20.7.09, con la quale, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di quel capoluogo, era stato ridotto ad Euro 15.000 il risarcimento del danno da quegli patito a causa di una reiterata espressione ingiuriosa di Sa.

L. nel corso di un’assemblea dell’associazione di cui quest’ultimo era presidente e che aveva conferito al primo incarichi professionali per lavori ad un proprio immobile;

1.2. che L. e S.S., dichiarati eredi di Sa.

L., resistono con controricorso e, presentata dal ricorrente memoria ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ., il loro difensore partecipa alla discussione orale alla pubblica udienza del giorno 8.11.11;

2. Va rilevato in diritto che:

2.1. il ricorrente impugna la gravata sentenza: 2.1.1. con un primo motivo – rubricato "nullità della sentenza per vizio del procedimento derivante da nullità della procura ed assenza di ius postulandi – violazione dell’art. 83 c.p.c." – sostenendo l’irritualità del conferimento della procura ai nuovi difensori in grado di appello e concludendo con il seguente quesito di diritto:

dica la Suprema Corte se la procura posta su un atto diverso da quelli elencati dall’art. 83 c.p.c. e per di più su un atto assolutamente non previsto dal codice di rito prodotto irritualmente a danno della tutela del contraddittorio debba considerarsi nulla ed inesistente e conseguentemente determini un vizio del procedimento che si riflette nella sentenza, procurandone la nullità;

2.1.2. con secondo motivo – rubricato "motivazione insufficiente e contraddittoria su fatti decisivi per il giudizio" – censurando l’erroneità della riduzione del quantum del risarcimento;

2.2. i controricorrenti contestano in rito e nel merito le doglianze avversarie; ma, quanto a loro, va rilevato che l’eccezione del ricorrente, di cui alla memoria ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ., è fondata:

2.2.1. essi hanno speso, nel controricorso, la qualità di eredi di Lu.Sa., incontestabilmente unica controparte dell’odierno ricorrente nei gradi di merito del giudizio;

2.2.2. che essi peraltro non documentano tale qualità, non risultando sul punto documentazione prodotta nelle rigorose forme previste per il giudizio di legittimità, nè indicata nel controricorso;

2.2.3. che, in caso di decesso della parte costituita nel precedente giudizio di merito, colui il quale, in sede di giudizio di legittimità, abbia proposto ricorso assumendo di esserne il successore, deve provare, a pena di inammissibilità del gravame, la propria legittimazione processuale attraverso le produzioni documentali consentite dalla norma di cui all’art. 372 cod. proc. civ., e tale prova, indispensabile in presenza di apposita eccezione di controparte, può essere fornita in tempi anche successivi a quello del deposito del ricorso, purchè precedenti la discussione del medesimo, in modo che siano resi edotti di tale circostanza sopravvenuta gli eventuali controricorrenti: con la conseguenza che, in difetto, anche di ufficio va rilevata l’inammissibilità dell’impugnazione (tra le più recenti: Cass. 14 ottobre 1997, n. 10022; Cass. 14 marzo 2002, n. 3756; Cass. 21 marzo 2006, n. 6238;

Cass. 27 giugno 2006, n. 14784; Cass. Sez. Un., 25 febbraio 2009, n. 4468; Cass. 18 settembre 2009, n. 20255; Cass. 25 giugno 2010, n. 15352);

2.2.4. che il principio si applica anche al controricorso, quand’anche con esso non sia formulata impugnazione incidentale, per evidente identità di ratio: sicchè il controricorso dei S. è inammissibile;

2.3. il ricorso è peraltro a sua volta inammissibile per vizio della formulazione dei quesiti di diritto o dei momenti di sintesi o riepilogo delle doglianze di vizio di motivazione; ed infatti, ricordato che alla fattispecie si applica l’art. 366-bis cod. proc. civ. (come introdotto dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6 applicabile – in virtù dell’art. 27, comma 2 del medesimo Decreto – ai ricorsi per cassazione proposti avverso le sentenze e gli altri provvedimenti pubblicati a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto, cioè dal 2 marzo 2006, senza che possa rilevare la sua abrogazione ad opera della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47, comma 1, lett. d) in virtù della disciplina transitoria dell’art. 58 della medesima Legge):

2.3.1. quanto ai motivi di nullità del procedimento e, in generale, di violazione di legge:

– i quesiti non devono risolversi in un’enunciazione di carattere generale e astratto, priva di qualunque indicazione sul tipo della controversia e sulla sua riconducibilità alla fattispecie in esame, tale da non consentire alcuna risposta utile a definire la causa nel senso voluto dal ricorrente, non potendosi desumere il quesito dal contenuto del motivo o integrare il primo con il secondo, pena la sostanziale abrogazione del suddetto articolo (Cass. Sez. Un., 11 marzo 2008, n. 6420);

– i quesiti devono essere formulati in termini tali da costituire una sintesi logico-giuridica della questione, così da consentire al giudice di legittimità di enunciare una regula iuris suscettibile di ricevere applicazione anche in casi ulteriori rispetto a quello deciso dalla sentenza impugnata; in altri termini, devono compendiare: a) la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito; b) la sintetica indicazione della regola di diritto applicata dal quel giudice; c) la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie (tra le molte e per limitarsi alle più recenti: Cass. Sez. Un., ord. 5 febbraio 2008, n. 2658; Cass., ord. 17 luglio 2008, n. 19769; Cass. 25 marzo 2009, n. 7197; Cass., ord. 8 novembre 2010, n. 22704);

i quesiti sono allora tali da comportare l’inammissibilità del motivo nel caso in cui manchi anche una sola delle suddette indicazioni (Cass. 30 settembre 2008, n. 24339);

– nel caso di specie, esso si risolve nella generica tesi dell’irritualità di una procura conferita in non meglio precisato atto non previsto dalla legge ed in quella, non pertinente al caso di specie ed errata nella sua assolutezza (poichè, a tutto concedere, perfino una eventuale irritualità della costituzione di un nuovo difensore non avrebbe affatto eliso l’originaria ritualità della proposizione del gravame), della conseguente nullità della sentenza;

2.3.2. quanto al vizio di motivazione:

– la oramai consolidata giurisprudenza di questa Corte esige che il quesito indichi in modo sintetico, evidente ed autonomo, chiaramente il fatto controverso in riferimento al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, come pure le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione (da ultimo, v. Cass., ord. 30 dicembre 2009, n. 27680);

– occorre, in particolare, la formulazione conclusiva e riassuntiva di uno specifico passaggio espositivo del ricorso, nel quale e comunque anche nel quale si indichi non solo il fatto controverso riguardo al quale si assuma omessa, contraddittoria od insufficiente la motivazione, ma anche – se non soprattutto – quali siano le ragioni per cui la motivazione è conseguentemente inidonea sorreggere la decisione (Cass., ord. 18 luglio 2007, n. 16002);

– nel caso di specie, il momento di sintesi censura in modo inammissibile gli apprezzamenti di fatto operati dal giudice del merito per ridurre il quantum del risarcimento, auspicandone una diversa conclusione, senza dar conto del tenore degli elementi di riscontro e della sede processuale in cui quelli erano stati offerti, nè tener conto del carattere equitativo espressamente impresso dalla Corte territoriale alla valutazione del danno; mentre, sulla negazione dell’aumento dell’importo risarcibile, il medesimo riepilogo è del tutto apodittico e generico in ordine agli elementi pretermessi idonei a fondare il chiesto aumento;

2.3.3. e non potendo rilevare le indicazioni od integrazioni, volte a colmare le originarie riscontrate lacune del ricorso stesso, contenute nella memoria ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ..

3. L’inammissibilità dei motivi per vizio dei quesitì o momenti di sintesi previsti dall’art. 366-bis cod. proc. civ. comporta la declaratoria di inammissibilità del ricorso; ma, per la vista irritualità del controricorso e quindi della stessa partecipazione della controparte al giudizio di legittimità, non vi è luogo a provvedere sulle relative spese.

Motivi della decisione

1. Va rilevato in fatto:

1.1. che l’arch. M.M. ricorre – affidandosi a due motivi – per la cassazione della sentenza n. 480/09 della Corte di appello di Roma, pubbl. il 2.2.09 e notificata il 20.7.09, con la quale, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di quel capoluogo, era stato ridotto ad Euro 15.000 il risarcimento del danno da quegli patito a causa di una reiterata espressione ingiuriosa di Sa.

L. nel corso di un’assemblea dell’associazione di cui quest’ultimo era presidente e che aveva conferito al primo incarichi professionali per lavori ad un proprio immobile;

1.2. che L. e S.S., dichiarati eredi di Sa.

L., resistono con controricorso e, presentata dal ricorrente memoria ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ., il loro difensore partecipa alla discussione orale alla pubblica udienza del giorno 8.11.11;

2. Va rilevato in diritto che:

2.1. il ricorrente impugna la gravata sentenza: 2.1.1. con un primo motivo – rubricato "nullità della sentenza per vizio del procedimento derivante da nullità della procura ed assenza di ius postulandi – violazione dell’art. 83 c.p.c." – sostenendo l’irritualità del conferimento della procura ai nuovi difensori in grado di appello e concludendo con il seguente quesito di diritto:

dica la Suprema Corte se la procura posta su un atto diverso da quelli elencati dall’art. 83 c.p.c. e per di più su un atto assolutamente non previsto dal codice di rito prodotto irritualmente a danno della tutela del contraddittorio debba considerarsi nulla ed inesistente e conseguentemente determini un vizio del procedimento che si riflette nella sentenza, procurandone la nullità;

2.1.2. con secondo motivo – rubricato "motivazione insufficiente e contraddittoria su fatti decisivi per il giudizio" – censurando l’erroneità della riduzione del quantum del risarcimento;

2.2. i controricorrenti contestano in rito e nel merito le doglianze avversarie; ma, quanto a loro, va rilevato che l’eccezione del ricorrente, di cui alla memoria ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ., è fondata:

2.2.1. essi hanno speso, nel controricorso, la qualità di eredi di Lu.Sa., incontestabilmente unica controparte dell’odierno ricorrente nei gradi di merito del giudizio;

2.2.2. che essi peraltro non documentano tale qualità, non risultando sul punto documentazione prodotta nelle rigorose forme previste per il giudizio di legittimità, nè indicata nel controricorso;

2.2.3. che, in caso di decesso della parte costituita nel precedente giudizio di merito, colui il quale, in sede di giudizio di legittimità, abbia proposto ricorso assumendo di esserne il successore, deve provare, a pena di inammissibilità del gravame, la propria legittimazione processuale attraverso le produzioni documentali consentite dalla norma di cui all’art. 372 cod. proc. civ., e tale prova, indispensabile in presenza di apposita eccezione di controparte, può essere fornita in tempi anche successivi a quello del deposito del ricorso, purchè precedenti la discussione del medesimo, in modo che siano resi edotti di tale circostanza sopravvenuta gli eventuali controricorrenti: con la conseguenza che, in difetto, anche di ufficio va rilevata l’inammissibilità dell’impugnazione (tra le più recenti: Cass. 14 ottobre 1997, n. 10022; Cass. 14 marzo 2002, n. 3756; Cass. 21 marzo 2006, n. 6238;

Cass. 27 giugno 2006, n. 14784; Cass. Sez. Un., 25 febbraio 2009, n. 4468; Cass. 18 settembre 2009, n. 20255; Cass. 25 giugno 2010, n. 15352);

2.2.4. che il principio si applica anche al controricorso, quand’anche con esso non sia formulata impugnazione incidentale, per evidente identità di ratio: sicchè il controricorso dei S. è inammissibile;

2.3. il ricorso è peraltro a sua volta inammissibile per vizio della formulazione dei quesiti di diritto o dei momenti di sintesi o riepilogo delle doglianze di vizio di motivazione; ed infatti, ricordato che alla fattispecie si applica l’art. 366-bis cod. proc. civ. (come introdotto dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6 applicabile – in virtù dell’art. 27, comma 2 del medesimo Decreto – ai ricorsi per cassazione proposti avverso le sentenze e gli altri provvedimenti pubblicati a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto, cioè dal 2 marzo 2006, senza che possa rilevare la sua abrogazione ad opera della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47, comma 1, lett. d) in virtù della disciplina transitoria dell’art. 58 della medesima Legge):

2.3.1. quanto ai motivi di nullità del procedimento e, in generale, di violazione di legge:

– i quesiti non devono risolversi in un’enunciazione di carattere generale e astratto, priva di qualunque indicazione sul tipo della controversia e sulla sua riconducibilità alla fattispecie in esame, tale da non consentire alcuna risposta utile a definire la causa nel senso voluto dal ricorrente, non potendosi desumere il quesito dal contenuto del motivo o integrare il primo con il secondo, pena la sostanziale abrogazione del suddetto articolo (Cass. Sez. Un., 11 marzo 2008, n. 6420);

– i quesiti devono essere formulati in termini tali da costituire una sintesi logico-giuridica della questione, così da consentire al giudice di legittimità di enunciare una regula iuris suscettibile di ricevere applicazione anche in casi ulteriori rispetto a quello deciso dalla sentenza impugnata; in altri termini, devono compendiare: a) la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito; b) la sintetica indicazione della regola di diritto applicata dal quel giudice; c) la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie (tra le molte e per limitarsi alle più recenti: Cass. Sez. Un., ord. 5 febbraio 2008, n. 2658; Cass., ord. 17 luglio 2008, n. 19769; Cass. 25 marzo 2009, n. 7197; Cass., ord. 8 novembre 2010, n. 22704);

i quesiti sono allora tali da comportare l’inammissibilità del motivo nel caso in cui manchi anche una sola delle suddette indicazioni (Cass. 30 settembre 2008, n. 24339);

– nel caso di specie, esso si risolve nella generica tesi dell’irritualità di una procura conferita in non meglio precisato atto non previsto dalla legge ed in quella, non pertinente al caso di specie ed errata nella sua assolutezza (poichè, a tutto concedere, perfino una eventuale irritualità della costituzione di un nuovo difensore non avrebbe affatto eliso l’originaria ritualità della proposizione del gravame), della conseguente nullità della sentenza;

2.3.2. quanto al vizio di motivazione:

– la oramai consolidata giurisprudenza di questa Corte esige che il quesito indichi in modo sintetico, evidente ed autonomo, chiaramente il fatto controverso in riferimento al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, come pure le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione (da ultimo, v. Cass., ord. 30 dicembre 2009, n. 27680);

– occorre, in particolare, la formulazione conclusiva e riassuntiva di uno specifico passaggio espositivo del ricorso, nel quale e comunque anche nel quale si indichi non solo il fatto controverso riguardo al quale si assuma omessa, contraddittoria od insufficiente la motivazione, ma anche – se non soprattutto – quali siano le ragioni per cui la motivazione è conseguentemente inidonea sorreggere la decisione (Cass., ord. 18 luglio 2007, n. 16002);

– nel caso di specie, il momento di sintesi censura in modo inammissibile gli apprezzamenti di fatto operati dal giudice del merito per ridurre il quantum del risarcimento, auspicandone una diversa conclusione, senza dar conto del tenore degli elementi di riscontro e della sede processuale in cui quelli erano stati offerti, nè tener conto del carattere equitativo espressamente impresso dalla Corte territoriale alla valutazione del danno; mentre, sulla negazione dell’aumento dell’importo risarcibile, il medesimo riepilogo è del tutto apodittico e generico in ordine agli elementi pretermessi idonei a fondare il chiesto aumento;

2.3.3. e non potendo rilevare le indicazioni od integrazioni, volte a colmare le originarie riscontrate lacune del ricorso stesso, contenute nella memoria ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ..

3. L’inammissibilità dei motivi per vizio dei quesitì o momenti di sintesi previsti dall’art. 366-bis cod. proc. civ. comporta la declaratoria di inammissibilità del ricorso; ma, per la vista irritualità del controricorso e quindi della stessa partecipazione della controparte al giudizio di legittimità, non vi è luogo a provvedere sulle relative spese.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *