T.A.R. Veneto Venezia Sez. I, Sent., 06-10-2011, n. 1462 Annullamento dell’atto in sede giurisdizionale Atti amministrativi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La ricorrente ha presentato in data 19 gennaio 2010 al Gestore dei servizi energetici- GSE di Roma la richiesta della tariffa incentivante impianto totalmente integrato, relativamente all’impianto fotovoltaico a essa intestato, come da decreto del ministero dello sviluppo economico del 19 febbraio 2007.

Gestore dei servizi energetici con nota del 23 febbraio 2010 comunicava ai sensi dell’articolo cinque del predetto decreto ministeriale e della delibera n. 90 del 2007 della Autorità per l’energia elettrica e il gas che "il soggetto responsabile è tenuto a inviare ulteriore documentazione, completa e priva di inesattezze tecniche, entro il termine di 90 giorni, pena l’esclusione dell’impianto dall’ammissione alle tariffe incentivanti."

La ricorrente chiedeva chiarimenti e, non essendo giunto alcun riscontro, la società completava i lavori per l’impianto totalmente integrato seguendo la guida del Gestore.

Tuttavia, ancor prima della scadenza dei 90 giorni surricordati, con provvedimento 28 aprile 2010, con riferimento alla richiesta di tariffe incentivanti per impianto fotovoltaico totalmente integrato, comunicava che era stata riconosciuta una tipologia di integrazione architettonica differente rispetto a quella proposta, riconoscendo solo la parziale integrazione.

Inoltre, nello stesso provvedimento, evidenziava che "ai sensi dell’articolo 10 bis della legge 7 agosto 1990 numero 241 è possibile presentare in forma scritta al GSE, entro il termine di 10 giorni dal ricevimento della presente, vostre osservazioni, eventualmente correlate da documenti. Decorso inutilmente il predetto termine il provvedimento si intenderà definitivo."

Venivano inviate foto scattate al termine dei lavori per evidenziare la tipologia di impianto totalmente integrato, ma GSE riteneva non comportassero nuove e diverse valutazioni e quindi confermava la precedente determinazione.

Entrambi i provvedimenti venivano impugnati con il ricorso in epigrafe, deducendosi violazione di legge ed eccesso di potere sotto svariati profili.

Si è costituita l’amministrazione resistente, controdeducendo puntualmente.

All’odierna udienza, dopo discussione la causa è stata trattenuta la decisione.

Il ricorso è fondato nei termini in cui motivazione.

Preliminarmente deve esaminarsi la doglianza di tipo procedimentale dedotta consistente nella violazione dell’articolo 10 bis della legge numero 241/1990 L’intero iter procedimentale così come rappresentato nella narrativa mostra l’ illegittimità dell’impostazione seguita dal GSE per quanto attiene all’applicazione del disposto dell’articolo 10 bis della legge n.241/90, del quale viene operata, per così dire una lettura inversa di quella corretta.

Infatti a mente della disposizione, prima di adottare il provvedimento negativo in caso di procedimento a istanza di parte l’amministrazione è tenuta a comunicare le ragioni ostative all’adozione del provvedimento favorevole, consentendo la presentazione di osservazioni entro un termine che la legge fissa in giorni 10, ma che possono essere prorogati nel caso in cui l’istante ne faccia motivata richiesta.

Lo scopo evidente della disposizione, sotteso all’altrettanto evidente ratio legis volta alla qualificazione di eccezionalità delle ipotesi di diniego, trattandosi nel caso di istanza di parte ipotesi in cui la valutazione previa di ammissibilità della richiesta risulta essere stata effettuata dal privato con l’ausilio dei tecnici professionisti, è quello di ricercare una composizione di interessi quanto più efficace, una volta conclusa l’istruttoria, quindi una volta che il richiedente conosca l’avviso dell’amministrazione, e ciò al fine di evitare quanto più possibile inutili contenziosi che potrebbero essere definiti previamente in sede amministrativa.

La qualificazione di atto endoprocedimentale della comunicazione di preavviso di diniego, come viene comunemente definita, impedisce tuttavia la impugnazione di tale preavviso, trasferendosi l’eventuale illegittimità dello stesso solo al momento dell’adozione del provvedimento definitivo, il quale, lungi dall’essere un atto meramente confermativo, da un lato non può addurre motivi ostativi diversi da quelli già comunicati con l’atto di preavviso- a meno che ciò non sia necessitato dalla introduzione nelle osservazioni presentate di nuove ragioni legittimanti l’accoglimento della domanda, dall’altro deve dar conto delle ragioni di reiezione delle osservazioni presentate.

Riassumendo: la comunicazione ex 10 bis non è impugnabile, non è provvedimento, deve essere seguita da un provvedimento di natura costitutiva e non meramente confermativa.

Nel caso in esame è accaduto esattamente il contrario.

Il preavviso di diniego si conclude con l’affermazione che in caso di mancata presentazione delle osservazioni il provvedimento – vale dire il preavviso stessosi intenderà definitivo; inoltre il provvedimento che segue alla presentazione delle osservazioni viene qualificato come atto meramente confermativo.

Il Collegio ritiene di affermare il principio che la comunicazione dei motivi ostativi debba essere sempre garantita in caso di potenziale diniego, non valendo alla declaratoria di non annullabilità l’applicazione del disposto dell’articolo 21 octies, co.2, prima e seconda parte.

Ciò per la ragione che la conseguenza della volontà espressa dall’amministrazione di negare il rilascio del provvedimento richiesto comporta, ex lege, la conseguenza che mina il principio della certezza del tempo procedimentale, su cui il proponente fa puntuale affidamento, costituita dall’interruzione del procedimento, con rilevanti profili anche in tema di responsabilità dell’amministrazione per il danno da ritardo; in altri termini è la mera adozione del preavviso di diniego a interrompere i termini del procedimento, indipendentemente dalla presentazione o meno di osservazioni e, nonostante parte della dottrina abbia cercato di leggere la disposizione come volta semplicemente a sospendere i termini, proprio per la necessità di contenere quanto possibile il tempo del procedimento – si veda per esempio il regolamento paesaggistico cosiddetto semplificato, laddove con una evidente incongruenza si parla di sospensione del procedimento ai sensi dell’articolo 10 bis -, la chiara lettera della norma obbliga l’interprete a vedere invece disciplinata la interruzione, e ciò ben a ragione, dovendosi consentire all’amministrazione che riceva le osservazioni – vale a dire l’atto di reazione al provvedimento oggi endoprocedimentale, ieri definitivo- l’intero termine procedimentale originario per la valutazione della fondatezza delle stesse, nell’ottica come si è detto di un rapporto compositivo, che può giungere o alla modifica della domanda originariamente introdotta nel senso voluto e determinato dall’orientamento espresso nel preavviso di diniego, ovvero all’adozione di quegli accordi sostitutivi che, va ricordato, mentre nella disposizione originaria erano consentiti esclusivamente nei casi previsti dalla legge, con la legge 15 del 2005, grazie alla espunzione della locuzione" nei casi previsti dalla legge" ha assunto carattere di generalità, nel rispetto dell’interesse pubblico e dell’assenza di pregiudizio nei confronti di terzi, legge 15 che è proprio la medesima nella quale è stato introdotto il preavviso di diniego.

Se dunque è tale la valenza procedimentale del preavviso di diniego, poco importa che ci si trovi di fronte ad atto vincolato o all’atto discrezionale – di cui alla prima e alla seconda parte dell’articolo 21 octies, e ciò prescindere da chi afferma anche che tale disposizione sia norma riferita al processo, la quale non incide sulla qualificazione del provvedimento adottato in violazione di norma formale o procedimentale che resta illegittimo anche a seguito della valutazione che il vizio non ha inciso sul suo contenuto dispositivo.

Il ricorso deve dunque essere accolto con l’annullamento degli atti impugnati.

Le spese del giudizio possono essere compensate attesa l’incertezza ancora esistente in giurisprudenza sull’istituto esaminato.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla gli atti impugnati.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 23 giugno 2011 con l’intervento dei magistrati:

Vincenzo Antonio Borea, Presidente

Claudio Rovis, Consigliere

Riccardo Savoia, Consigliere, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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