T.A.R. Veneto Venezia Sez. II, Sent., 06-10-2011, n. 1489 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

A. Il ricorrente, proprietario di un terreno a destinazione agricola in Comune di Codevigo, si avvedeva nel mese di febbraio 2000 dell’infissione di una serie di paletti atti a individuare il perimetro di un fabbricato da erigere nel terreno confinante con il proprio.

B. L’1.3.2000 i tecnici comunali esperivano, su richiesta di parte ricorrente, un sopralluogo presso la proprietà del controinteressato accertando l’esecuzione del solo tracciamento di un edificio e della stesa degli inerti di sottofondo.

C. Il successivo 4.3.2000 il ricorrente presentava domanda di accesso agli atti relativi alla concessione edilizia rilasciata al controinteressato e, una volta verificatane l’illegittimità per violazione del vincolo di accessorietà ex art. 2 lett. e) della L.R. n. 24/1984, oltre che la decadenza per mancato inizio dei lavori nel termine annuale prescritto, depositava un’istanza per ottenere l’annullamento in autotutela del detto titolo abilitativo ovvero la declaratoria della sua inefficacia per decorso del termine decadenziale.

D. Con nota del 17.3.2000 il Comune di Codevigo comunicava al ricorrente di non ritenere accoglibile sia la domanda di annullamento in autotutela della concessione edilizia n. 1574/1999 in assenza di illegittimità del provvedimento e di un interesse pubblico alla sua rimozione, sia la domanda di declaratoria di inefficacia del predetto titolo.

E. Il ricorrente deduce l’illegittimità del provvedimento comunale del 17.3.2000:

1) per violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990, per violazione e falsa applicazione dell’art. 78, ultimo comma, della L.R. n. 61/1985, per violazione dell’art. 97 Cost. e dei principi di imparzialità e di buon andamento della P.A., nonché per eccesso di potere per difetto di motivazione, travisamento dei presupposti e contraddittorietà manifesta. Il Comune resistente, infatti, da un lato si è limitato ad affermare l’insussistenza dei presupposti per l’esercizio dell’autotutela senza indicare specificamente quali fossero, mentre dall’altro ha denegato la declaratoria di inefficacia del titolo edilizio evidenziando la possibilità per il controinteressato di richiedere una nuova e identica concessione, in assenza di modifiche alle norme urbanistiche di riferimento.

2) per violazione e falsa applicazione dell’art. 31 della legge n. 1150/1942 e dell’art. 78 della L.R. n. 61/1985 in quanto, pur prevedendo espressamente il titolo abilitativo che i lavori avrebbero dovuto avere inizio entro i dodici mesi dal rilascio, emerge dal sopralluogo eseguito dai tecnici comunali che alla data dell’1.3.2000 i detti lavori non erano ancora stati intrapresi, non potendosi considerare idonei a tale scopo né la modanatura del terreno, né la posa di calcinacci e detriti sul sedime del fabbricato erigendo.

Con riguardo alla concessione edilizia n. 1574 /1999 il ricorrente ne ha dedotto l’illegittimità:

3) per violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 6 della L.R. n. 24/1985, avendo l’Amministrazione comunale autorizzato il controinteressato a realizzare sul proprio fondo un annesso rustico di 1.478,77 mq. da adibire a ricovero di attrezzi agricoli, nonché alla selezione, cura, conservazione e confezionamento dei prodotti orticoli, nonostante le dimensioni del fabbricato risultassero palesemente eccessive rispetto alla produzione aziendale e mancasse, quindi, il nesso funzionale richiesto dalla normativa regionale citata. Peraltro, la stessa relazione agronomica allegata al progetto dava atto che parte delle celle frigorifere ubicate all’interno dell’annesso sarebbero servite a ospitare anche prodotti provenienti da altre aziende della zona.

Sulla scorta delle predette censure il ricorrente ha, infine, chiesto la condanna al risarcimento dei danni patiti a causa del rilascio al controinteressato del titolo abilitativo illegittimo.

F. Il Comune di Codevigo, ritualmente costituito in giudizio, ha concluso per la reiezione del ricorso evidenziando l’inizio dei lavori di cui alla concessione n. 1574 del 18.2.1999 entro l’anno dal rilascio del titolo, come emerge dal sopralluogo dell’1.3.2000, e ribadendo il rispetto della percentuale del 5% tra estensione del fondo (ha 3.26.77) e dimensioni del manufatto (mq. 1478,77), stabilito dall’art. 6 della L.R. n. 24/1985, nonché l’esistenza del collegamento funzionale tra l’annesso rustico e l’attività agricola svolta dal F..

G. Alla pubblica udienza del 14.7.2011 la causa è stata trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

1. Il ricorso non è fondato e va disatteso per le seguenti motivazioni.

2. Il Collegio ritiene opportuno seguire l’esame delle censure nell’ordine proposto dalla difesa del ricorrente in sede di memoria ex art. 73 c.p.a., partendo, quindi, dal terzo motivo con il quale si deduce l’illegittimità della concessione edilizia n. 1574/1999 per violazione degli artt. 2 e 6 della L.R. n. 24/1985.

2.1. Ad avviso di parte ricorrente l’annesso rustico realizzato dal controinteressato sarebbe privo del collegamento funzionale con il fondo, così come prescritto dall’art. 6 della citata L.R. n. 24/1985, in quanto adibito ad impieghi "che nulla hanno a che vedere con la conduzione dell’azienda agricola (parte del capannone viene utilizzata, infatti, per il rimessaggio di macchine agricole di terzisti) e, addirittura, nulla hanno a che fare con la pratica agricola, dal momento che nel fabbricato trovano ricovero anche caravan, autocaravan e automezzi di vario tipo, quali camion e furgoni".

2.2. Orbene l’art. 6 della L.R. n. 24/1985 stabilisce che "la costruzione di annessi rustici, come definiti all’articolo 2, è ammessa, nei limiti di una superficie lorda di pavimento pari al rapporto di copertura del 5% del fondo rustico", dovendosi intendere, in base al richiamato art. 2 della medesima legge, per "fondo rustico" "l’insieme dei terreni ricadenti in zona agricola, anche non contigui, costituenti una stessa azienda, e iscrivibili, sia pur parzialmente, in un cerchio di m. 4.000 di diametro nelle zone agrarie di pianura e collina e di m. 8.000 per quelle di montagna, ovvero collegati tra loro con nesso funzionale tecnicoeconomico sulla base del piano di sviluppo aziendale (…)" e per "annesso rustico" "il complesso di strutture edilizie, organicamente ordinate alla funzione produttiva del fondo rustico e dell’azienda agricola a esso collegata, anche a carattere associativo ivi comprendendo gli allevamenti, l’acquacoltura o altre colture specializzate".

2.3. Tanto premesso va evidenziato che nel caso di specie non è posto in dubbio il rispetto del limite dimensionale, all’epoca fissato nel 5% della superficie del fondo, quanto piuttosto la sussistenza del collegamento funzionale tra l’annesso rustico e l’attività esercitata dall’azienda agricola del controinteressato, poiché il fabbricato non sarebbe esclusivamente destinato allo svolgimento dell’attività del fondo F., come si evince sia dalla relazione agronomica originariamente allegata al progetto che da quella fatta redigere da parte ricorrente.

2.4. Il Collegio non ritiene di poter condividere la tesi di parte ricorrente.

2.5. Premesso che la legittimità di un titolo abilitativo deve essere valutata al momento del suo rilascio, essendo irrilevanti gli eventuali fatti successivi che abbiano determinato una situazione di illegittimità, se del caso suscettibile di sanzione, occorre evidenziare che dalla lettura della relazione agronomica allegata al progetto non solo emerge il rispetto del limite dimensionale del 5%, ma anche l’esistenza del richiesto collegamento funzionale tra annesso rustico e attività agricola svolta sul fondo.

2.5.1. In particolare dalla predetta relazione si evince che il richiedente la concessione è imprenditore agricolo che conduce in forma diretta il fondo costituente un unico corpo aziendale; che il fondo è sprovvisto di altre infrastrutture destinate ad annesso rustico; che l’intera produzione orticola è commercializzata al momento della raccolta a causa della mancanza di strutture dove effettuare le operazioni di cernita e di confezionamento dei prodotti; che la disponibilità dei locali da destinare alla cura e selezione dei prodotti, nonché al loro deposito aumenterebbe la redditività dell’azienda e consentirebbe anche di ampliare il numero di specie coltivate; che la struttura erigenda servirebbe anche da deposito delle macchine agricole e delle attrezzature attualmente ricoverate all’aperto per carenza di locali. L’unico accenno in ordine all’utilizzazione da parte di terzi del detto annesso riguarda la possibilità che le celle frigorifere, installate al suo interno, fungano da deposito anche di prodotti orticoli extra aziendali.

2.6. Ad avviso del Collegio, quindi, tale ultima circostanza non poteva indurre l’Amministrazione procedente a ritenere inesistente il collegamento funzionale tra fondo e annesso, anche nei termini specificati dalla circolare regionale n. 4 del 13.1.1986. E, infatti, tale atto, avente pacificamente natura esplicativa del disposto della L.R. n. 24/1985, precisa che l’annesso rustico deve costituire una pertinenza del fondo ed essere connesso con l’esercizio su di esso di un’attività agricola, circostanze tutte presenti nella fattispecie esaminata dal Collegio. Né l’eventuale uso di parte delle celle frigorifere per il deposito di prodotti agricoli extra aziendali vale a elidere il collegamento funzionale con l’attività agricola del fondo, poiché in base al criterio di interpretazione letterale, il legislatore regionale non sembra avere richiesto l’esclusiva destinazione dell’intero annesso solo alla produzione agricola del fondo, quanto piuttosto il suo collegamento funzionale con l’attività agricola, onde salvaguardare "la destinazione agricola del suolo, valorizzando le caratteristiche ambientali e le specifiche vocazioni produttive" e "favorire il recupero del patrimonio edilizio rurale esistente soprattutto in funzione delle attività agricole" (cfr. art. 1 della L.R. n. 24/1985).

2.7. Rileva, infine, il Collegio che neanche le considerazioni contenute nella relazione agronomica prodotta da parte ricorrente sono idonee a dimostrare l’inesistenza del predetto collegamento funzionale poiché esprimono una serie di valutazioni concernenti essenzialmente la convenienza dal punto di vista economico della realizzazione dell’annesso e la sua estensione rispetto al fondo che, peraltro, in quanto contenuta nel limite del 5%, è insuscettibile di rilievo sotto altro profilo.

2.8 Alla luce di tutte le suesposte considerazioni deve, pertanto, essere disattesa la terza censura.

3. Occorre ora esaminare le ulteriori due censure con le quali parte ricorrente si duole della mancata declaratoria di inefficacia della concessione n. 1574/1999 per omesso inizio dei lavori nel termine annuale prescritto e del diniego di esercizio del potere di autotutela a fronte dell’illegittimità del predetto titolo per le ragioni esposte nel terzo motivo di censura.

4. Con riguardo alla seconda censura concernente la perdita di efficacia della concessione edilizia per mancato inizio dei lavori nei termini prescritti, il Collegio rileva che si tratta di un istituito giuridico fondato sull’elemento oggettivo del decorso del tempo ed è rivolto, una volta effettuati gli accertamenti del caso, a dare certezza di una situazione già prodottasi al verificarsi delle condizioni temporali previste dalla legge (cfr. tra le tante TAR Toscana, III, 17.11.2008, n.2533).

4.1. Inoltre, in ordine alla qualificazione delle opere da ritenersi come valido inizio dei lavori, la giurisprudenza ha affermato i principi per cui le opere eseguite devono essere finalizzate alla realizzazione del manufatto, oltreché avere una certa consistenza, dovendosi escludere che possano costituire inizio dei lavori quelle opere solo fittiziamente eseguite e che, perciò stesso, non evidenziano l’esistenza di una concreta "voluntas aedificandi" da parte del titolare della concessione edilizia.

4.2. Tanto premesso, nel caso in esame, va precisato in punto di fatto che la concessione edilizia n. 1574 è stata rilasciata il 18.2.1999; che il titolare comunicava l’inizio dei lavori in data 31.1.2000; che l’1.3.2000, a seguito di sopralluogo richiesto da parte ricorrente, gli agenti di Polizia Municipale accertavano che "i lavori sono effettivamente iniziati con la stesa degli inerti di sottofondo e il tracciamento dell’edificio", sebbene in assenza di cartello edilizio e di tombinamento del fosso per l’accesso carraio.

4.3. Dall’esame degli atti istruttori eseguiti dagli organi comunali deputati a detti accertamenti si evince allora che nella specie nell’arco temporale dell’anno sopra indicato i lavori edilizi sono iniziati e, comunque, le opere eseguite alla data dell’1.3.2000, sebbene esigue, risultano compatibili con la data indicata quale inizio dei lavori e assurgono alla rilevanza utile al fine di considerarle come espressione della volontà di edificazione.

4.4. Per tali ragioni va rigetta la seconda censura.

5. Infine deve essere disattesa anche la prima censura, con la quale parte ricorrente lamenta il mancato esercizio del potere di annullamento in autotutela del titolo abilitativo rilasciato al controinteressato.

5.1. Il riesame di legittimità del provvedimento amministrativo ai fini del suo annullamento in via di autotutela implica, infatti, l’esercizio di una potestà discrezionale rimessa alla più ampia valutazione di merito dell’Amministrazione, (la stessa novella introdotta dall’art. 21 nonies della legge n. 241/1990 ribadisce che il provvedimento illegittimo "può essere annullato d’ufficio sussistendo le ragioni di interesse pubblico") e quindi con scelta che, ancorché sussistano ipotetici vizi afferenti alla validità dell’atto, resta subordinata ad una preventiva ed insindacabile valutazione di opportunità.

5.2. Orbene, posto che secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza condiviso dal Collegio, l’Amministrazione non ha l’obbligo di rivedere in autotutela le proprie determinazioni in quanto non sussiste alcun dovere di pronunciarsi su un’istanza volta ad ottenere un siffatto provvedimento, va evidenziato che nel caso di specie il Comune di Codevigo ha, invece, risposto in modo espresso alla domanda presentata da parte ricorrente, comunicando l’insussistenza, a proprio parere, non solo dei presupposti di illegittimità del titolo edilizio, ma anche di quelli concernenti l’interesse pubblico all’adozione di una simile determinazione.

Ora, se non è configurabile l’obbligo di pronunciarsi espressamente sulle istanze in autotutela, qualora l’Amministrazione lo faccia non è per questo tenuta a specificare analiticamente le ragioni della mancata adozione dell’atto richiesto.

Tale conclusione trova conferma del resto anche nel fatto che l’eventuale diniego di annullamento in autotutela non è idoneo a incidere negativamente nella sfera giuridica del destinatario rispetto alla quale si sono già prodotti gli effetti del provvedimento oggetto dell’istanza di riesame.

Per il resto vanno richiamate le considerazioni già espresse in merito alla seconda e alla terza censura.

6. Il ricorso deve, quindi, essere rigettato così come la connessa domanda di risarcimento dei danni.

7. Appaiono sussistere giustificati motivi, in considerazione della peculiarità delle questioni trattate, per compensare integralmente tra le parti le spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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