Cass. civ. Sez. II, Sent., 26-01-2012, n. 1132

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Giudice di pace di Torino, con sentenza depositata il 24 marzo 2009, ha dichiarato inammissibile il ricorso depositato il 15 settembre 2008 con il quale C.C., nella sua qualità di legale rappresentante della M.R.B. Consulting S.r.l., aveva proposto opposizione alla cartella esattoriale emessa da Equitalia Nomos s.p.a. nei confronti di M.R.B. Consulting s.r.l., notificata il 16 giugno 2008, assumendo a motivo dell’opposizione l’assenza di rituale e/o efficace notifica del verbale di contestazione di una violazione di norme del codice della strada.

Il giudice di pace ha rilevato la tardivita dell’opposizione in quanto la cartella era stata notificata il 16 giugno 2008 laddove il ricorso era stato depositato il 15 settembre 2008; sicchè, essendo il termine per l’opposizione stabilito dalla L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 22 in 30 giorni, l’opposizione era stata proposta fuori termine, non trovando applicazione la sospensione feriale dei termini.

Per la cassazione di questa sentenza ha proposto ricorso M.R.B. Consulting S.r.l. sulla base di un unico motivo di ricorso; la Prefettura di Torino ed Equitalia Nomos s.p.a. non hanno svolto attività difensiva.

Motivi della decisione

Il Collegio ha deliberato l’adozione della motivazione in forma semplificata.

Con l’unico motivo di ricorso la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, violazione e o falsa applicazione dell’art. 204-bis C.d.S. e della L. n. 689 del 1981, art. 23, comma 1.

La ricorrente precisa in primo luogo di proporre ricorso per cassazione in quanto il contenuto del provvedimento adottato dal giudice di pace corrisponde a quello delineato dalla citata L. n. 689, art. 23, comma 1 ancorchè detta disposizione stabilisca che il Giudice di pace pronunci con ordinanza l’inammissibilità per tardività del ricorso. Ove peraltro si dovesse ritenere che il rimedio esperibile avverso il provvedimento impugnato fosse l’appello, la ricorrente sollecita la rimessione degli atti alla Corte costituzionale perchè sia valutata la legittimità della L. n. 689 del 1981, art. 23, nella parte in cui non prevede che se il giudice dell’opposizione dichiara inammissibile l’opposizione con sentenza ai sensi del comma 11, anche questa sia ricorribile per cassazione, così come sarebbe tale decisione ove assunta nella forma dell’ordinanza ai sensi del medesimo art. 23, comma 1.

Nel merito la ricorrente rileva che, ai sensi dell’art. 204-bis C.d.S., il termine per la proposizione dell’opposizione al verbale è di 60 giorni, sicchè l’opposizione sarebbe stata nel caso di specie tempestiva, trovando applicazione il detto termine anche nel caso in cui l’opposizione sia proposta avverso cartella esattoriale di tipo recuperatorio.

Il ricorso è inammissibile per una duplice concorrente ragione.

Innanzitutto, perchè il rimedio esperibile avverso la sentenza impugnata era l’appello e non già il ricorso per cassazione.

Determinante al fine di individuare la impugnazione proponibile è il rilievo che la L. n. 689 del 1981, art. 23, comma 1, è applicabile nel caso in cui il giudice, inaudita altera parte, pronunci la inammissibilità dell’opposizione rilevando la tardività della stessa. Nel caso di specie, emerge invece dalla sentenza impugnata che il giudice di pace ha fissato l’udienza per la comparizione delle parti e che a detta udienza nessuno è comparso. Emerge altresì che vi è stata anche una successiva udienza nella quale sono stati esaminati i documenti prodotti dalla Prefettura e che all’esito di tale attività il giudice ha pronunciato sentenza mediante lettura del dispositivo in aula. In tale contesto, deve affermarsi che il rimedio proponibile era l’appello, senza che possa porsi al riguardo alcun dubbio di legittimità costituzionale, non essendo omogenee le situazioni poste a raffronto (inammissibilità dell’opposizione emessa Inaudita altera parte con ordinanza; l’inammissibilità dell’opposizione pronunciata con sentenza dopo la fissazione e lo svolgimento dell’udienza di comparizione delle parti).

Il ricorso è altresi inammissibile per violazione dell’art. 366-bis.

Invero, il provvedimento impugnato è stato depositato il 24 marzo 2009, e cioè nel vigore dell’art. 366-bis cod. proc. civ., il quale reca una specifica disciplina circa la formulazione dei motivi di ricorso per cassazione.

Nella giurisprudenza di questa Corte si è chiarito che "il quesito di diritto imposto dall’art. 366-bis cod. proc. civ., rispondendo all’esigenza di soddisfare l’interesse del ricorrente ad una decisione della lite diversa da quella cui è pervenuta la sentenza impugnata, ed al tempo stesso, con una più ampia valenza, di enucleare, collaborando alla funzione nomofilattica della S.C. di cassazione, il principio di diritto applicabile alla fattispecie, costituisce il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del principio generale, e non può consistere in una mera richiesta di accoglimento del motivo o nell’interpello della Corte di legittimità in ordine alla fondatezza della censura così come illustrata nello svolgimento dello stesso motivo, ma deve costituire la chiave di lettura delle ragioni esposte e porre la Corte in condizione di rispondere ad esso con l’enunciazione di una regola juris che sia, in quanto tale, suscettibile di ricevere applicazione in casi ulteriori rispetto a quello sottoposto all’esame del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata" (Cass., n. 11535 del 2008).

In particolare, il quesito di diritto di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ. "non può essere desunto dal contenuto del motivo, poichè in un sistema processuale, che già prevedeva la redazione del motivo con l’indicazione della violazione denunciata, la peculiarità del disposto di cui all’art. 366-bis cod. proc. civ., introdotto dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6 consiste proprio nell’imposizione, al patrocinante che redige il motivo, di una sintesi originale ed autosufficiente della violazione stessa, funzionalizzata alla formazione immediata e diretta del principio di diritto e, quindi, al miglior esercizio della funzione nomofilattica della Corte di legittimità" (Cass., ord. n. 20409 del 2008).

Nella specie, il motivo con il quale è denunciata violazione di legge è del tutto carente della prescritta formulazione del quesito di diritto.

Con specifico riferimento alla richiesta della ricorrente di sollevare questione di legittimità costituzionale, è peraltro opportuno ricordare che "in tema di ricorso per cassazione, a seguito della riforma di cui al D.Lgs. n. 40 del 2006, la prospettazione di una questione di costituzionalità, essendo funzionale alla cassazione della sentenza impugnata e postulando – non diversamente da quanto avveniva prima della riforma – la prospettazione di un motivo che giustificherebbe la cassazione della sentenza una volta accolta la questione di costituzionalità, suppone ora necessariamente che, a conclusione dell’esposizione del motivo così finalizzato, sia indicato il corrispondente quesito di diritto" (Cass., S.U., 28050 del 2008; Cass. n. 4072 del 2007).

Con riferimento alla rilevata applicabilità dell’art. 366-bis cod. proc. civ., si deve solo aggiungere che non rileva la circostanza che il ricorso sia stato notificato quando la L. 18 giugno 2009, n. 69, che ha abrogato il citato articolo, era già stata pubblicata ed entrata in vigore.

Infatti, alla stregua del principio generale di cui all’art. 11 preleggi, comma 1, secondo cui, in mancanza di un’espressa disposizione normativa contraria, la legge non dispone che per l’avvenire e non ha effetto retroattivo, nonchè del correlato specifico disposto della L. n. 69 del 2009, art. 58, comma 5 in base al quale le norme previste da detta legge si applicano ai ricorsi per cassazione proposti avverso i provvedimenti pubblicati a decorrere dalla data di entrata in vigore della medesima Legge (4 luglio 2009), l’abrogazione dell’art. 366-bis cod. proc. civ. (intervenuta ai sensi della citata L. n. 69 del 2009, art. 47) è diventata efficace per i ricorsi avanzati con riferimento ai provvedimenti pubblicati successivamente alla suddetta data, con la conseguenza che per quelli proposti – come nella specie – contro provvedimenti pubblicati antecedentemente (e dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40) tale norma è da ritenere ancora applicabile (Cass. n. 22578 del 2009; Cass. n. 7119 del 2010);

In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Non vi è luogo a provvedere sulle spese nei confronti degli intimati, non avendo questi svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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