T.A.R. Lazio Roma Sez. I bis, Sent., 07-10-2011, n. 7803 U. S. L. inquadramento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto notificato il 9 luglio 1996, depositato nei termini, la Dott.ssa R.C. ha chiesto l’annullamento, previa sospensione, della delibera del Direttore Generale dell’Azienda U.S.L. "Roma A" (già U.S.L. RM/2) n. 1468 del 6 giugno 1996, comunicata con nota n. 010741 del 21 giugno 1996, con la quale è stata annullata e riproposta la precedente delibera n. 468 del 7 marzo 1996 che, in presunta esecuzione del "Contratto per l’ottemperanza della Decisione del Consiglio di Stato n. 247/1992" aveva annullato la delibera della U.S.L. RM/2 n. 865 del 4 maggio 1989 di inquadramento della ricorrente, in applicazione della lettera a) dell’art. 117 del D.P.R. n. 270/1987, nella posizione funzionale di Direttore Amministrativo – Capo Servizio – XI livello retributivo. Con il medesimo atto si chiede l’annullamento del contratto di ottemperanza della suddetta decisione del Consiglio di Stato, sottoscritto il 4 luglio 1995, il D.P.C.M. del 18 maggio 1995, della nota della Regione Lazio – Assessorato alla Salvaguardia e Cura della Salute n. 6351 datata 8 agosto 1995 e della nota del Settore Contenzioso legale dell’Azienda U.S.L. Roma A n. 540 del 28 maggio 1996.

La ricorrente, proveniente dalla F.A.S.D.A.I. – Fondo di Assistenza Sanitaria per i Dirigenti di Aziende Industriali, dove risultava in servizio di ruolo con la qualifica di Capo Servizio da oltre cinque anni con l’incarico di Direttore del Servizio Affari Generali, fa presente di essere transitata alla U.S.L. RM12 (oggi Azienda U.S.L. "Roma A"), dove veniva inquadrata, a norma dell’art. 64 del D.P.R. n. 761/1979, nella posizione di Direttore Amministrativo – X livello. Successivamente, in applicazione della lettera a) dell’art. 117 del D.P.R. 270/1987 la U.S.L. RM/2, con delibera del Comitato di Gestione n. 865 del 4 maggio 1989, disponeva l’inquadramento della ricorrente nell’XI livello retributivo – posizione funzionale di Direttore Amministrativo – Capo Servizio.

A seguito della riformulazione dell’art. 117 lett. a), b) e c) del D.P.R. n. 270/1987, in ottemperanza alle decisioni del Consiglio di Stato – Sez. IV, n. 274/92 e del T.A.R. Lazio – Sez. I n. 1032/94, il Direttore Generale dell’Azienda U.S.L. "Roma A", con delibera n. 446 del 7 marzo 1996 annullava la delibera della U.S.L. n. 865 del 4 maggio 1989, disponendo altresì il recupero delle maggiori somme corrisposte.

La ricorrente, che nel frattempo in data 2 gennaio 1994 era cessata dal servizio, proponeva ricorso avverso la suddetta delibera dinanzi a questo Tribunale.

A seguito di tale ricorso il Direttore Generale dell’Azienda U.S.L. "Roma A", con la delibera impugnata ha annullato e riproposto la precedente delibera n. 865 del 4 maggio 1989 che aveva disposto l’inquadramento della ricorrente nella posizione funzionale di Direttore Amministrativo – X livello a far data dal 12 luglio 1987, disponendo altresì la rideterminazione del trattamento di previdenza e quiescenza.

A sostegno del gravame la ricorrente deduce le seguenti censure:

1)violazione della L. n. 70/1975, del DPR n. 761/1979, della L. n. 241/1990, del giudicato derivante dalla decisione della IV Sezione del Consiglio di Stato n. 274/1992 e delle decisioni del Tar Lazio, sez. I bis dalla stessa confermate, della sentenza Tar Lazio, sez. I bis, n. 1032/1994 e dei principi generali in materia di annullamento di atti amministrativi e di ripetizione dell’indebito nonché eccesso di potere sotto vari profili, difetto di motivazione e disparità di trattamento:

1.1)l’accordo stipulato in data 4 luglio 1995 ha stabilito, per la parte di interesse, criteri che esulano e differiscono rispetto alle statuizioni del giudicato di cui alla decisione del Consiglio di Stato, sez. IV, n. 274 del 12 marzo 1992;

1.2)detto accordo, pur dichiarando di volersi attenere ai limiti del giudicato, ha introdotto elementi limitativi assolutamente non giustificati, che hanno portato all’esclusione della ricorrente dal beneficio dell’inquadramento nel XI livello; in tal modo, è stata attuata non già l’ottemperanza del giudicato ma un formulazione completamente autonoma e diversa, contrastante con quella originaria;

1.3)la nuova limitazione è assolutamente immotivata in violazione dell’art. 3 della L. n. 241/1990.

1.4)l’annullamento o revoca degli atti amministrativi richiede anche concrete ragioni di pubblico interesse, diverse dal mero ripristino della legalità, che devono essere adeguatamente esternate, ancor più se l’autotutela viene esercitata a notevole distanza di tempo riformando in peius il trattamento economico ed al solo fine di consentire che sia respinto il gravame proposto avverso l’atto viziato impugnato;

1.5)la ASL doveva limitarsi ad effettuare mere proposte alla Regione Lazio, alla quale spettava adottare gli atti deliberativi in ordine all’applicazione del nuovo criterio di inquadramento di cui all’art. 117, lett. a): invece, il direttore generale della ASL ha esso stesso adottato il provvedimento annullando l’inquadramento della ricorrente;

1.6) la delibera n. 1468/1996 ha erroneamente ritenuto che la ricorrente rivestiva presso l’Ente di provenienza la qualifica di collaboratore e non quella di Direttore richiesta dalla lettera a) dell’art. 117;

1.7) si sostiene che l’Amministrazione non poteva esimersi dal valutare la posizione particolare della ricorrente e quindi motivare circa la sussistenza di concrete e specifiche ragioni di interesse pubblico all’esercizio dell’autotutela;

1.8)non è stata data comunicazione di avvio del procedimento di annullamento;

Si è costituita in giudizio l’Azienda U.S.L. "Roma A", la cui difesa contesta le ragioni dell’impugnativa ed insiste per il rigetto del ricorso siccome infondato.

Si è parimenti costituita in giudizio la Regione Lazio, la cui difesa controdeduce alle argomentazioni avversarie, eccependo anche l’inammissibilità del gravame, per carenza di lesività, nella parte in cui viene impugnata la nota n. 6351/1995.

Alla Camera di Consiglio del 29 agosto 1996, l’istanza incidentale di sospensione è stata accolta.

Alla pubblica udienza del 28 giugno 2011 la causa è passata in decisione.

Motivi della decisione

Oggetto della presente impugnativa sono la deliberazione del Direttore Generale dell’Azienda U.S.L. "Roma A" (già U.S.L. RM/2) n. 1468 del 6 giugno 1996 con la quale è stata annullata e riproposta la precedente delibera n. 1468 del 6 giugno 1996 con la quale è stata annullata e riproposta la precedente delibera n. 468 del 7 marzo 1996 che, in presunta esecuzione del "Contratto di ottemperanza della decisione del Consiglio di Stato n. 247/92", aveva annullato la delibera della ex U.S.L. RM/2 n. 865 del 4 maggio 1989 di inquadramento della ricorrente nella posizione funzionale di Direttore Amministrativo – Capo Servizio – XI livello retributivo, oltre agli altri provvedimenti indicati nell’epigrafe del ricorso.

Il gravame si appalesa fondato per le seguenti considerazioni.

Va premesso, in punto di fatto, che la ricorrente venne inquadrata, nel 1989, secondo quanto allora stabilito dall’art 117 del d.p.r. n° 270 del 1987, nell’undicesimo profilo professionale, ai sensi della lettera a) di tale articolo, in quanto dirigente direttore di sede regionale o provinciale di ente nazionale o di cassa mutua provinciale.

Il Consiglio di Stato con sentenza n° 274 del 1992 annullava il suddetto decreto, ritenendolo illegittimo, in quanto in maniera irrazionale si riferiva solo ad alcune categorie (i titolari e reggenti degli uffici provinciali).

Dall’annullamento in sede giurisdizionale, secondo quanto affermato dal Tar Lazio, nella sentenza n° 1032 del 1994, resa in sede di ottemperanza, trattandosi di annullamento di un regolamento che dava efficacia alla contrattazione collettiva non poteva che sorgere l’obbligo della esecuzione del giudicato in capo alle parti sociali, per una nuova contrattazione. "Le decisioni del giudice amministrativo che annullano disposizioni regolamentari, non possono avere altro effetto che quello di rimuovere la disposizione riconosciuta viziata, restituendo al governo ed alle parti sociali, nel caso di atto di recepimento di accordo di lavoro, il potere già invalidamente esercitato".

Sia la sentenza n° 274 del 1992 sia la successiva sentenza resa in sede di ottemperanza dal Tar Lazio n° 1032 del 1994 annullavano i criteri previsti dalla lettera a) del d.p.r. n° 270 del 1987, affidando quindi la successiva attività amministrativa al successivo riesercizio del potere che, in questo caso, trattandosi di decreto di attuazione della contrattazione collettiva doveva passare per una successiva attività di contrattazione.

Il nuovo contratto è stato sottoscritto il 471995. Tale contratto, espressamente qualificato "in ottemperanza" alle decisioni del Consiglio di Stato e del Tar Lazio riformulava la norma della lettera a) dell’art 117 prevedendo, altresì, gli effetti del nuovo inquadramento dal luglio 1995, salvo per coloro che avevano proposto ricorso avverso tale decreto.

Nella premessa del contratto si fa espresso riferimento non solo agli effetti della sentenza e alla necessità di adeguarsi al giudicato, ma anche agli effetti sui rapporti in corso: "Considerato che il Consiglio di Stato con la citata sentenza, nel riconoscere la fondatezza dell’impugnativa, ha affermato che l’annullamento delle lettere a), b) e c) dell’art. 117 – valido erga omnes – non persegue come risultato ultimo la restituzione dei beneficiari allo status quo ma, essendo la norma di provenienza pattizia, determina la riapertura del negoziato sulle clausole controverse e le ulteriori decisioni cui le parti potranno pervenire, che possono "consistere, eventualmente, nel ripristinare in tutto o in parte la concessione dei benefici", nel rispetto: a) delle compatibilità finanziarie; b) della coerenza logica del contratto; c) dell’attualità delle mansioni; d) dell’equilibrio di rapporti con le altre categorie, evitando la disparità di trattamento giuridica irrazionale ed illegittima.

La premessa del contratto dà atto altresì della sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione Ibis, del 28 giugno 1994, n. 1032, con la quale il giudice amministrativo, nel confermare l’obbligo di ottemperanza alla decisione n. 274/1992 del Consiglio di Stato, ha richiamato il dovere di procedere alla rivalutazione della norma caducata attraverso una riapertura del negoziato, il cui risultato finale è rimesso alla discrezionalità dei soggetti contraenti con il solo vincolo, nascente dal giudicato, dell’eliminazione della irrazionalità della norma, individuata nella circostanza che essa, prendendo in esame le sole funzioni periferiche, aveva preteso di incidere…, a distanza di quasi un decennio, su di un assetto posto in sede di prima organizzazione dei nuovi servizi sanitari, quando ormai il personale del ruolo unico dirigenziale era addetto a funzioni unitarie ed aveva pari qualifica e dignità professionale per effetto degli inquadramenti disposti dal decreto del Presidente della Repubblica n. 761/1979, tabella allegato 2.

In tale contesto, la delibera della ASL che annulla, a distanza di circa sette anni, il precedente inquadramento, disposto in base ad una interpretazione estensiva di una normativa allora vigente, in mancanza di qualsiasi motivazione, deve ritenersi illegittima.

Infatti, per quanto fosse intervenuto l’annullamento in via giurisdizionale della norma regolamentare, peraltro nel 1992, il provvedimento di revoca dell’inquadramento è pur sempre un provvedimento di autotutela che resta soggetto ai principi generali elaborati dalla giurisprudenza per la legittimità dell’esercizio del potere di autotutela.

Presupposti dell’esercizio del potere di annullamento d’ufficio con effetti ex tunc sono l’illegittimità originaria del provvedimento, l’interesse pubblico concreto ed attuale alla sua rimozione diverso dal mero ripristino della legalità, l’assenza di posizioni consolidate in capo ai destinatari (Consiglio Stato, sez. IV, 27 novembre 2010, n. 8291).

Quindi, se astrattamente la decorrenza dell’inquadramento avrebbe dovuto essere posticipata al 1995, come previsto dal nuovo contratto, peraltro la ricorrente aveva svolto le funzioni di undicesimo livello dal 1989 fino al 2 gennaio 1994, data di cessazione dal servizio, in forza di una interpretazione estensiva data allora nel 1989 dalla ASL, ma ritenuta sostanzialmente legittima dal Consiglio di Stato, anche se rimandando alla contrattazione collettiva.

La posizione specifica della ricorrente, che aveva avuto il più favorevole inquadramento previsto dalla norma, non poteva non essere oggetto di specifica valutazione da parte dell’Amministrazione, tenendo conto, inoltre, che comunque per il passato la ricorrente avrebbe avuto diritto alle maggiori somme percepite, avendo ella prestato le relative mansioni.

A sostegno di tale interpretazione resta anche il fatto che l’accordo prevede espressamente la decorrenza giuridica al 12 luglio 1987, con il che esprime un principio generale che se non può tornare a vantaggio di chi non abbia proposto ricorso (per i quali era prevista la decorrenza al 4 luglio 1995) neppure può danneggiare chi non lo ha proposto, non avendovi interesse, avendo già avuto (come la dott. Cortese) l’inquadramento all’undicesimo livello, per una interpretazione estensiva da parte della propria amministrazione.

Se la giurisprudenza in materia di inquadramento ritiene che, in caso di annullamento d’ufficio di un illegittimo provvedimento di inquadramento, il quale abbia determinato ingiustificati oneri per l’Erario, non occorre una specifica motivazione sull’interesse pubblico all’intervento in autotutela, in quanto tale interesse è in re ipsa, ed è quello di risparmiare ed evitare spese non giustificate in base alla normativa, il che significa che per procedere all’annullamento d’ufficio di un inquadramento illegittimo è sufficiente l’esigenza di ripristinare la legalità (Consiglio Stato, sez. VI, 16 marzo 2009, n. 1550), tali affermazioni non si attagliano al caso di specie in cui gli emolumenti erogati in relazione alle funzioni corrispondenti al livello di inquadramento, oltre al fatto di essere stati percepiti in perfetta buona fede, sono da considerare quali controprestazioni delle mansioni effettivamente svolte legittimamente; tali emolumenti, pertanto, sarebbero spettati comunque fino all’annullamento dell’inquadramento (Consiglio Stato, sez. V, 13 novembre 2002, n. 6283).

Se quindi, in generale, si afferma che l’interesse pubblico all’annullamento d’ufficio dell’illegittimo inquadramento di un pubblico dipendente è in re ipsa e non richiede specifica motivazione, in quanto l’atto oggetto di autotutela produce un danno per l’Amministrazione consistente nell’esborso di denaro pubblico senza titolo, con vantaggio ingiustificato per il dipendente, né in tali casi rileva il tempo trascorso dalla emanazione del provvedimento di recupero dell’indebito (Consiglio Stato, sez. V, 22 marzo 2010, n. 1672), nel caso specifico la illegittimità era derivante da una norma annullata successivamente dal giudice amministrativo, ma oggetto di un ulteriore contrattazione sindacale.

Il provvedimento avrebbe necessitato dunque di una specifica valutazione dell’interesse pubblico attuale e concreto all’annullamento dell’atto, tenendo conto in particolare che la ricorrente aveva già esercitato le funzioni dell’undicesimo livello per quasi cinque anni (dal 1989 al 1994); che poteva avere comunque in forza della norma vigente diritto all’inquadramento e che la contrattazione del 1995 non comportava in maniera automatica l’annullamento dei precedenti inquadramenti (cfr CDS Sez. IV, sent. n. 5206 del 07092006, per cui con il nuovo testo dell’art. 117 del D.P.R. n. 270/87 si è stabilita la conferma dei criteri di cui alle lettere a), b) e c) dell’art. 117 medesimo, salvo alcune integrazioni, nonché la conferma dei provvedimenti di inquadramento emanati sulla base del precedente testo di accordo ovvero, ancora, la riadozione dei provvedimenti d’inquadramento che nel frattempo fossero stati, a far data dal 12 luglio 1987, revocati).

In conclusione, il ricorso in esame va accolto, nei sensi di cui in motivazione.

L’accoglimento del gravame comporta l’annullamento della delibera n. 1468 del 6 giugno 1996.

In considerazione della peculiarità delle questioni, sussistono giusti motivi per la compensazione, fra le parti, delle spese processuali.

P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie, nei sensi e limiti di cui in motivazione e per l’effetto annulla la delibera del Direttore generale della ASL, Roma A), n. 1468 del 6 giugno 1996.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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