Cass. pen. Sez. feriale, Sent., (ud. 15-09-2011) 20-09-2011, n. 34352

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con ordinanza del 29 ottobre 2007 (notificata il 1 agosto 2011), la Corte d’appello di Brescia ha applicato al ricorrente la misura della custodia cautelare in carcere per il mandato d’arresto europeo del 21 agosto 2007, emesso dalla Procura della Repubblica di Hof (Germania) in relazione a un procedimento penale pendente per fatti di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di furti con scasso ai danni di abitazioni di privata dimora e di ambienti dediti a studio professionale in diverse località tedesche. La Corte ha, in particolare, rilevato l’insussistenza di cause ostative alla consegna e il concreto pericolo che il prevenuto – per la natura e la molteplicità dei fatti, le modalità di commissione dei reati, la mancanza di vincoli territoriali – si sottragga alla consegna stessa.

2. – Avverso tale provvedimento l’interessato ha proposto ricorso tramite il difensore, per ottenere la revoca della misura e, in subordine, la sua sostituzione con quella degli arresti domiciliari.

Con ordinanza del 5 agosto 2011, la Corte d’appello di Brescia ha respinto tale ricorso, sul rilievo che – contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente – i reati per i quali è stata chiesta la consegna sono esclusivamente alcuni furti e un tentato furto commessi in Germania, a nulla valendo una eventuale loro progettazione nel territorio italiano, perchè tale progettazione, consistente in un mero proposito, non connoterebbe l’elemento materiale del delitto di furto. A tali considerazioni la stessa Corte aggiunge che il mandato d’arresto in questione non fa riferimento al reato di associazione a delinquere in quanto tale, ma solo come aggravante dei reati di furto che ne sono oggetto e che la circostanza – rilevata dal ricorrente – dell’apertura di un procedimento penale a suo carico da parte della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Brescia (n. 396/2008 r.g.n.r.) non è idonea ad escludere la consegna, in quanto "trattasi di iniziativa successiva alla richiesta di consegna". 3. – Con l’impugnazione oggi all’esame di questa Corte – qualificata dal ricorrente come richiesta di riesame dell’ordinanza del 29 ottobre 2007 e atto di appello nei confronti dell’ordinanza del 5 agosto 2011 e indirizzata al Tribunale di Brescia – si deduce, in primo luogo, la violazione della L. n. 69 del 2005, art. 18, comma 1, lett. p). Afferma il ricorrente che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte d’appello, il mandato d’arresto in questione fa riferimento al reato di associazione a delinquere in quanto tale e non solo come aggravante dei reati di furto che ne sono oggetto; con la conseguenza che troverebbe applicazione quanto affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza del 18 dicembre 2007, la quale – in relazione alla posizione del correo L.M. – ha ritenuto commessi in Italia i reati di associazione a delinquere e istigazione finalizzati alla consumazione di furti poi realizzati in Germania.

Si prospetta, in secondo luogo, la violazione della L. n. 69 del 2005, art. 18, comma 1, lett. o),censurando l’affermazione dell’impugnata ordinanza del 5 agosto 2011, secondo cui l’apertura di un procedimento penale a carico dello stesso ricorrente e per gli stessi fatti da parte della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Brescia non è idonea ad escludere la consegna, in quanto "trattasi di iniziativa successiva alla richiesta di consegna". Ad avviso del ricorrente, la disposizione della citata lett. o) – che esclude la consegna "se, per lo stesso fatto che è alla base del mandato d’arresto europeo, nei confronti della persona ricercata, è in corso un procedimento penale in Italia" – deve essere interpretata nel senso che il momento rilevante per valutare la sussistenza del procedimento penale interno non è quello della richiesta di consegna, ma quello della decisione della Corte d’appello sulla richiesta di esecuzione, ai sensi della L. n. 69 del 2005, art. 17.

Il ricorrente contesta, in terzo luogo, la motivazione in punto di sussistenza delle esigenze cautelari, rilevando di essersi spontaneamente consegnato alle forze dell’ordine, ponendo in essere, così, un comportamento incompatibile con il pericolo di fuga.

Chiede, in via subordinata, la sostituzione della misura con quella degli arresti domiciliari.

4. – Con ordinanza del 25 agosto 2011, il Tribunale di Brescia ha dichiarato "la propria incompetenza a conoscere sull’impugnazione proposta nell’interesse di L.R. avverso l’ordinanza datata 29 ottobre 2007 e depositata il 9 novembre 2007" e ha disposto l’immediata trasmissione degli atti alla Corte di Cassazione, sul rilievo che nel procedimento de quo non sarebbero applicabili i rimedi di cui all’art. 309 e ss. c.p.p., ma il solo ricorso in Cassazione di cui all’art. 719 c.p.p., disposizione espressamente richiamata dalla L. n. 69 del 2005, art. 9, comma 7.

Motivi della decisione

5. – Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

Deve preliminarmente rilevarsi che il Tribunale adito dal ricorrente ha correttamente affermato che nel procedimento de quo non sarebbero utilizzabili i rimedi di cui all’art. 309 e ss. c.p.p., ma il solo ricorso in Cassazione. Trova, infatti, applicazione il principio, consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, secondo cui la L. n. 69 del 2005, art. 9, comma 7, richiamando, quanto all’impugnazione delle misure cautelari disposte a seguito della ricezione del mandato d’arresto europeo, l’art. 719 c.p.p., esclude la competenza del Tribunale del riesame (ex multis, Sez. 6, 10 maggio 2011, n. 20538;

10 febbraio 2009, n. 7482).

Questa Corte risulta pertanto investita del gravame proposto nei confronti di entrambe le ordinanze impugnate, da riqualificarsi come ricorso in Cassazione.

5.1. – Il primo motivo di ricorso – con cui si deduce la violazione della L. n. 69 del 2005, art. 18, comma 1, lett. p), – è infondato.

Come correttamente rilevato dalla Corte d’appello, dalla lettura del mandato d’arresto in questione, si evince, in primo luogo, che la condotta tenuta dal prevenuto in Italia ha una portata meramente preparatoria e non integra, perciò, un segmento della condotta tipica di furto; in secondo luogo, l’associazione a delinquere è richiamata solo come aggravante dei reati di furto e tentato furto che ne sono oggetto e non come autonoma fattispecie di reato.

Con riferimento al primo profilo, trova applicazione l’orientamento espresso da questa Corte nella sentenza Sez. 6, 7 gennaio 2008, n. 1180, pronunciata nei confronti di un correo dell’odierno ricorrente.

Si precisa, infatti, in tale pronuncia che "una generica programmazione di recarsi all’estero per commettere furto non può essere configurata quale segmento di una condotta tipica poi realizzata integralmente in territorio estero". E ciò, sul rilievo che, affinchè possa radicarsi, ex art. 6 c.p., la giurisdizione nel territorio dello Stato, si deve essere in presenza di un frammento di azione che sia riconducibile ad una specifica condotta delittuosa in concreto individuata. In altri termini: il reato si considera commesso nel territorio dello Stato solo quando l’azione o l’omissione, che ne costituisce la condotta, si è effettivamente ivi realizzata anche soltanto in parte, dovendosi tale termine intendersi in senso naturalistico, come un momento dell’"iter criminoso".

Connotazione che non può essere riconosciuta a un generico proposito, privo di concretezza e specificità, di realizzare nel territorio di altro Stato fatti delittuosi che poi, sotto il profilo soggettivo e oggettivo, sono lì integralmente realizzati.

Ne a tale conclusione può opporsi che, secondo un’altra sentenza di questa Corte, pronunciata a carico di un diverso soggetto anch’egli correo dell’odierno ricorrente (Sez. 6, 18 dicembre 2007, n. 47133), vi sarebbe la giurisdizione del giudice italiano. In tale sentenza, infatti, sono stati ritenuti commessi in Italia i reati di associazione a delinquere e istigazione finalizzati alla consumazione di furti poi realizzati in Germania; circostanza di fatto che è, invece, correttamente esclusa nel caso qui in esame dalle impugnate ordinanze della Corte d’appello di Brescia.

Quanto al secondo profilo, va evidenziato che, dalla semplice lettura del testo del mandato d’arresto riportato dallo stesso ricorrente si evince chiaramente che l’associazione a delinquere è richiamata solo come aggravante dei reati di furto e tentato furto che ne sono oggetto e non come autonoma fattispecie di reato ("I fatti predetti sono passibili di pena in quanto furto aggravato commesso da banda in 7 casi e tentativo di furto aggravato commesso da banda in un caso").

Non trova, in conclusione, applicazione il divieto di consegna di cui alla L. n. 69 del 2005, cit. art. 18, comma 1, lett. p), perchè esso si riferisce all’ipotesi – diversa da quella in esame – in cui "il mandato d’arresto europeo riguarda reati che dalla legge italiana sono considerati reati commessi in tutto o in parte nel suo territorio". 5.2. – Il secondo motivo di impugnazione – con cui si censura l’affermazione dell’impugnata ordinanza del 5 agosto 2011, secondo cui l’apertura di un procedimento penale a carico dello stesso ricorrente e per gli stessi fatti da parte della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Brescia non è idonea ad escludere la consegna, in quanto "trattasi di iniziativa successiva alla richiesta di consegna" – è del pari infondato.

Deve rilevarsi che la disposizione della L. n. 69 del 2005, art. 18, comma 1, lett. o) – che esclude la consegna "se, per lo stesso fatto che è alla base del mandato d’arresto europeo, nei confronti della persona ricercata, è in corso un procedimento penale in Italia" – non può essere interpretata nel senso di attribuire rilievo a procedimenti penali interni iniziati, per gli stessi fatti, in un momento successivo all’emanazione dell’ordinanza che dispone la misura cautelare. Dal tenore letterale della disposizione si evince, infatti, che gli unici procedimenti penali che possono costituire ostacolo alla consegna e, conseguentemente, all’applicazione della misura cautelare sono solo quelli già "in corso".

Tale principio trova applicazione anche nel caso in esame, in cui il prevenuto, destinatario di un mandato di arresto europeo e di una misura cautelare emessi nell’anno 2007, vorrebbe che fosse attribuito rilievo ad un procedimento penale a suo carico iniziato nel 2008, e cioè ben dopo la richiesta di consegna e l’applicazione della custodia cautelare relativa alla stessa.

5.3. – Il terzo motivo di ricorso – relativo alla motivazione sulla sussistenza delle esigenze cautelari e all’eventuale sostituzione della misura della custodia cautelare con altra meno afflittiva – è manifestamente infondato.

La motivazione della Corte d’appello sul punto è, infatti, pienamente sufficiente e coerente, laddove evidenzia la natura e la molteplicità dei fatti, le modalità di commissione dei reati, la mancanza di vincoli territoriali e ne fa conseguire il concreto pericolo che il prevenuto si sottragga alla consegna.

6. – Il ricorso deve, in conclusione, essere rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 22, comma 5.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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