Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 26-01-2012, n. 1102 Contributi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza depositata in data 3.5.2007 la Corte d’appello di Milano, confermando la sentenza impugnata, ha rigettato l’opposizione proposta dalla Metro Italia Cash and Carry spa avverso la cartella esattoriale con cui era stato intimato alla società il pagamento della somma di Euro 118.083,46 a titolo di contributi e somme aggiuntive in relazione a somme corrisposte ai propri dipendenti a titolo di indennità sostitutiva di ferie non godute per il periodo dicembre 1991-luglio 1996. A tale conclusione la Corte territoriale è pervenuta ritenendo che la corresponsione della indennità sostitutiva delle ferie ha natura retributiva e che, comunque, un eventuale suo concorrente profilo risarcitorio non escluderebbe la sua assoggettabilità a contribuzione. Quanto al computo delle sanzioni, il giudice d’appello ha ritenuto operante la L. n. 388 del 2000, art. 116, comma 18, con riferimento al meccanismo del conguaglio previsto dalla medesima disposizione.

Avverso tale sentenza ricorre per cassazione la Metro Italia Cash and Carry spa affidandosi a sei motivi di ricorso cui resiste con controricorso l’Inps.

La Esatri spa non ha svolto attività difensiva.

La società ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

1.- Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione della L. n. 153 del 1969, art. 12 (nella formulazione precedente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 314 del 1997), chiedendo a questa Corte di stabilire che "l’indennità sostitutiva di ferie non godute ha natura risarcitoria e non retributiva e, quindi, non è ricompresa nella definizione di retribuzione imponibile ai sensi della L. n. 153 del 1969, art. 12". 2.- Con il secondo motivo si denuncia il vizio di omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia, individuato nella valutazione della natura, retributiva o risarcitoria, dell’indennità sostitutiva delle ferie non godute.

3.- Con il terzo motivo si lamenta il vizio di omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, indicato nel divieto di monetizzazione del periodo di ferie introdotto dal D.Lgs. n. 66 del 2003, art. 10 e nelle relative conseguenze anche in ordine all’imputazione delle somme corrisposte come indennità sostitutiva di ferie non godute.

4.- Con il quarto motivo si denuncia violazione del D.Lgs. n. 66 del 2003, art. 10, chiedendo a questa Corte di affermare il principio secondo cui "il D.Lgs. n. 66 del 2003, art. 10, esclude il diritto alla indennità sostitutiva per le ferie non godute per il periodo minimo di quattro settimane, anche per quelle maturate prima della sua entrata in vigore". 5.- Con il quinto motivo si denuncia la violazione dell’art. 1193 c.c. e D.Lgs. n. 66 del 2003, art. 10, chiedendo a questa Corte di stabilire che "escludendo il D.Lgs. n. 66 del 2003, art. 10, il diritto alla indennità sostitutiva per le ferie non godute per il periodo minimo di quattro settimane, anche per quelle maturate prima della sua entrata in vigore, l’eventuale corresponsione di somme da parte del datore di lavoro al lavoratore per "indennità sostitutiva di ferie non godute" costituisce una attribuzione senza titolo non in dipendenza del rapporto di lavoro e comunque, ai sensi dell’art. 1193 c.c., non è consentita una imputazione diversa". 6.- Con il sesto motivo si lamenta il vizio di omessa motivazione in ordine alle argomentazioni svolte dalla società in merito ai criteri di determinazione delle somme aggiuntive, indicando quale fatto controverso, in ordine al quale la motivazione risulta omessa, le modalità di determinazione della sanzioni in caso di omissioni contributive derivanti da oggettive incertezze connesse a contrastanti ovvero sopravvenuti orientamenti giurisprudenziali della Corte di cassazione in ordine all’obbligo contributivo sugli importi corrisposti ai dipendenti a titolo di indennità sostitutiva delle ferie non godute.

7.- I primi cinque motivi, che possono essere trattati congiuntamente in quanto connessi, sono infondati. La giurisprudenza di questa Corte ha già precisato che l’indennità di ferie non godute è assoggettabile a contribuzione previdenziale a norma della L. n. 153 del 1969, art. 12, sia perchè, essendo in rapporto di corrispettività con le prestazioni lavorative effettuate nel periodo di tempo che avrebbe dovuto essere dedicato al riposo, ha un carattere retributivo e gode della garanzia prestata dall’art. 2126 c.c., a favore delle prestazioni effettuate con violazione di norme poste a tutela del lavoratore, sia perchè un eventuale suo concorrente profilo risarcitorio non ne escluderebbe la riconducibilità all’ampia nozione di retribuzione imponibile delineata nella L. n. 153 del 1969, art. 12, costituendo essa comunque un’attribuzione patrimoniale riconosciuta a favore del lavoratore in dipendenza del rapporto di lavoro e non essendo ricompresa nell’elencazione tassativa delle erogazioni escluse dalla retribuzione (cfr. ex plurimis Cass. n. 11262/2010, Cass. n. 17761/2005, Cass. n. 6607/2004, Cass. n. 4839/98). Nè a diverse conclusioni è possibile pervenire sulla scorta del disposto del D.Lgs. n. 66 del 2003, art. 10, come modificato dal D.Lgs. n. 213 del 2004, che, dando attuazione alla direttiva CE n. 93/104, ha disposto che il trattamento per ferie non godute non può essere più sostituito da una indennità, o sul rilievo della natura retroattiva della norma, affermata dalla Corte di Giustizia CE con decisione C- 124/05 del 6 aprile 2006, posto che, come questa Corte ha già avuto modo di precisare, il carattere risarcitorio dell’erogazione corrisposta per compensare le ferie non godute dal dipendente non è di ostacolo all’assoggettamento a contribuzione della predetta erogazione, trattandosi in ogni caso di compenso corrisposto in dipendenza del rapporto di lavoro ed in relazione a una prestazione lavorativa, non dovuta, ma comunque effettuata dal lavoratore, sicchè essa è comunque riconducibile nell’ambito di applicazione della L. n. 153 del 1969, art. 12 (in questo senso, specificamente, Cass. n. 11262/2010 cit., cui adde Cass. n. 19023/2006).

8.- Alla luce delle suesposte considerazioni, deve ritenersi ormai superato il contrasto interpretativo segnalato dalla ricorrente in relazione all’orientamento giurisprudenziale che riconosce all’indennità sostitutiva delle ferie non godute natura risarcitoria, escludendone l’assoggettabilità a contribuzione (cfr.

Cass. n. 12580/2003, Cass. n. 10173/2000; a tale orientamento non sono ascrivibili Cass. n. 9999/2009 e n. 10341/2011, che pure hanno affermato la natura risarcitoria dell’indennità in questione, ma ciò ai soli fini della individuazione del termine di prescrizione applicabile, e non, dunque, per escludere che la stessa sia assoggettabile a contribuzione), dovendo qui ribadirsi quanto già espresso da questa Corte (in particolare, con la sentenza n. 6607/2004) circa la compatibilità dell’affermazione di un profilo risarcitorio dell’indennità sostitutiva di ferie non godute con la sua assoggettabilità a contribuzione, considerando anche che l’orientamento opposto "tralascia di considerare l’autonomia (rispetto alla retribuzione che rappresenta il corrispettivo della prestazione sul piano del rapporto sinallagmatico di lavoro) della definizione di retribuzione imponibile ai fini contributivi recata dalla L. n. 153 del 1969, art. 12, nel testo applicabile ai fatti controversi, definizione che non può non rendere "dipendenti" dal rapporto di lavoro le somme erogate a titolo di risarcimento del danno da inadempimento delle obbligazioni derivanti dallo stesso rapporto. Nel senso, infatti, di ritenere assoggettate a contribuzione le somme pagate al dipendente a titolo di risarcimento per inadempimento (obbligazione succedanea) da parte del datore di lavoro delle obbligazioni derivanti dal contratto di lavoro (obbligazioni primarie), la giurisprudenza della Corte è assolutamente pacifica, interpretando in senso restrittivo anche il disposto del D.Lgs. n. 314 del 1997, art. 6, siccome non sarebbe ragionevole ritenere imponibile l’obbligazione primaria, ma non quella secondaria che la sostituisce in caso di inadempimento (cfr.

Cass. 15621/2001; 11148/1999)". 9- Richiamata la circostanza che, nella specie, si tratta di ferie non fruite negli anni 1991-1996, e che la Direttiva CE del 1993 è stata recepita nel 2003, va dato atto che la Corte di Giustizia della Comunità Europea ha dichiarato che il divieto di monetizzazione delle ferie ha carattere retroattivo; ma, come questa Corte ha già osservato in fattispecie analoghe (cfr. Cass. n. 19023/2006 cit.), "il divieto di monetizzazione non può riguardare ferie già pagate prima del 1998 (nel senso che certamente il datore di lavoro non potrebbe ripetere dal lavoratore ciò che ha pagato a tale titolo) e tutto ciò non varrebbe a rendere esente da contribuzione la liquidazione del danno corrispondente, posto che l’istituto della monetizzazione delle ferie non fruite non ha più cittadinanza nell’ordinamento, ma che, una volta accertato che a fronte degli anni 1992-1996 determinati lavoratori non hanno fruito di ferie e che la monetizzazione è (o era) illegittima, il problema si sposta sul danno contrattuale in generale e va risolto, mediante il criterio della dipendenza dal contratto di lavoro, ovvero della riferibilità del danno al rapporto di lavoro, con il principio dell’assoggettamento a contribuzione di tutto quanto il lavoratore riceva in dipendenza ovvero in collegamento col rapporto di lavoro". 10.- I motivi in esame devono essere pertanto respinti.

11.- Il sesto motivo deve ritenersi inammissibile nella parte in cui denuncia come vizio di motivazione un vizio di omessa pronuncia, che doveva essere fatto valere esclusivamente a norma dell’art. 360 c.p.c., n. 4 (oltre che per violazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, in quanto non specifica se le argomentazioni svolte davanti al primo giudice in ordine alla determinazione delle sanzioni civili sono state riproposte anche in appello), ed è comunque infondato alla stregua dei principi già espressi da questa Corte (cfr. da ultimo Cass. n. 11262/2010 cit.) secondo cui "il disposto della L. n. 388 del 2000, art. 116, comma 18, non ha efficacia retroattiva e il riferimento ai "crediti in essere e accertati al 30 settembre 2000" esclude che vi sia stata deroga al principio di irretroattività quanto all’obbligo di immediato pagamento delle sanzioni, che restano dovute nella misura e secondo le modalità fissate dalle disposizioni di legge che in precedenza regolavano la materia, limitandosi la norma a prevedere per i suddetti crediti un meccanismo in base al quale la differenza tra quanto dovuto (secondo le leggi previgenti) e quanto calcolato ai sensi dei precedenti commi dell’art. 116 cit. costituisce un credito contributivo da porre a conguaglio successivamente". 12.- In conclusione, il ricorso deve essere respinto.

Sussistono giusti motivi, desumibili anche dalla complessità delle questioni trattate, per compensare integralmente tra le parti le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; spese compensate.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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