Cass. pen. Sez. feriale, Sent., (ud. 06-09-2011) 20-09-2011, n. 34341

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. In data 22.12.2009 la Corte di appello di Roma riformava la sentenza emessa il 25.9.2008 dal Tribunale della stessa città assolvendo P.L., K.I., W.S. e A. I. (alias O.Z.) dal reato di cui all’art. 416 cod. pen. contestato al capo A); per insussistenza del fatto e riduceva la pena confermando la condanna in ordine ai reati contestati agli imputati rispettivamente ai capi B) e C) – detenzione ed utilizzazione di carte bancomat donate; falsificazione ed uso di passaporto falso per il solo A..

2. Hanno proposto ricorso per cassazione tutti gli imputati, a mezzo del difensore di fiducia.

I ricorrenti ribadiscono la mancanza della prova del reato associativo contestato per insussistenza dell’elemento oggettivo e soggettivo, come ritenuto dalla Corte di merito. Quindi, deducono che la Corte di appello ha "motivato in modo contraddittorio il mancato accoglimento del gravame sugli altri punti di diritto, limitandosi ad apodittiche affermazioni di responsabilità e, inoltre è priva di motivazione la quantificazione della pena residuale".

Motivi della decisione

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Premesso che – come si è detto – con la sentenza impugnata tutti i ricorrenti sono stati assolti dal reato associativo contestato e che i motivi di appello non avevano riguardo alla contestazione di cui al capo B) – in relazione alla quale anche nel ricorso si da atto della condotta posta in essere dai ricorrenti – deve, comunque, rilevarsi che i motivi di ricorso sono assolutamente generici. Come è noto il requisito della specificità dei motivi trova la sua ragione di essere nella necessità di porre il giudice dell’Impugnazione in grado di individuare i punti e i capi del provvedimento impugnato oggetto delle censure: inerisce al concetto stesso di "motivo" di impugnazione l’individuazione di questi punti ai quali la censura si riferisce (Sez. 4, n. 25308, 06/04/2004, Maviglia, rv. 228926). Si tratta di un requisito espressione di un’esigenza di portata generale, che implica, a carico della parte, non solamente l’onere di dedurre le censure che intende muovere a uno o più punti determinati della decisione, ma anche quello di indicare, in modo chiaro e preciso, gli elementi che sono alla base delle censure medesime e le ragioni per le quali si ritiene ingiusta o contra legem la decisione, al fine di consentire al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi e di esercitare il proprio sindacato (Sez. 4, n. 24054, 01/04/2004, Distante, rv. 228586).

Il ricorso deve essere, quindi, dichiarato inammissibile ai sensi del combinato disposto dell’art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c) e art. 581 c.p.p., lett. c).

Alla declaratoria di inammissibilità segue per legge, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno al versamento della somma ritenuta congrua di Euro 1.000,00 (mille) in favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di mille Euro ciascuno alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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