Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 26-01-2012, n. 1095 Lavoro subordinato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 24.10.2007/10.1.2008 la Corte di appello di Perugia, pronunciando in sede di rinvio dalla Suprema Corte di Cassazione, confermava la decisione di primo grado che aveva rigettato la domanda proposta da S.J. e S.L. M. nei confronti della RAI Radiotelevisione Italiana spa (di seguito RAI) per il riconoscimento della natura subordinata dell’attività di annunciatore-traduttore svolta dal febbraio del 1993 per la S. e dal maggio del 1996 per la Si..

Osservava in sintesi la corte territoriale che non risultava alcun elemento di prova dal quale potesse desumersi uno stabile inserimento delle lavoratrici nell’organizzazione aziendale nè la soggezione delle stesse al potere direttivo, disciplinare e di controllo del datore di lavoro.

Per la cassazione della sentenza propongono ricorso S.J. e Si.Lo.Ma. con due motivi.

Resiste con controricorso la RAI. Entrambe le parti hanno depositato memorie.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo, svolto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, le ricorrenti lamentano omessa motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio ed, in particolare, rileva che la corte territoriale aveva omesso di accertare, per come prescritto dalla sentenza rescindente, se le ricorrenti avessero l’obbligo di trattenersi nel posto di lavoro per l’orario stabilito; circostanza che, peraltro, risultava dalla documentazione prodotta, ma non era stata esaminata di giudici di appello.

Con il secondo motivo le ricorrenti, denunciando ancora vizio di motivazione, prospetta che la corte territoriale non aveva preso in considerazione un complesso di circostanze documentali dalle quali risultava che la prestazione delle ricorrenti era inserita nella struttura organizzativa della RAI e sottoposta al potere direttivo e di controllo di quest’ultima, essendo tenuto ad osservare gli orari di lavoro unilateralmente stabiliti dall’azienda e restando soggetto, in mancanza, a rilievi disciplinari.

2. I motivi possono essere esaminati congiuntamente, in quanto connessi, e risultano meritevoli di accoglimento.

3. Ha accertato la sentenza rescindente come si manifestasse la necessità, alla luce della genericità di molte delle valutazioni operate dai giudici di merito, di completare l’indagine istruttoria in ordine alle modalità concrete di espletamento da parte delle lavoratrici di una prestazione di cui andava tenuta presente la specifica natura intellettuale.

Laddove, nella fattispecie, erano stati pretermessi doverose indagini e opportuni rilievi argomentativi in ordini ad elementi, ivi compresa l’analisi della struttura di controllo della prestazione ed eventuali interventi a tal fine dispiegati dal datore di lavoro e loro natura e modalità, idonei a sostenere affermazioni altrimenti apodittiche, quali l’inserimento delle lavoratrici nell’organizzazione aziendale, la continuità della prestazione, la messa a disposizione delle energie lavorative.

4. In esecuzione di tale compito, la corte di rinvio ha ritenuto che non emergesse dagli atti alcun elemento di prova dal quale potesse desumersi uno stabile inserimento delle lavoratrici nell’organizzazione aziendale e che, in particolare, la RAI non aveva esercitato un controllo diverso da quello diretto alla verifica del "buon risultato" della prestazione, con la predisposizione di un palinsesto delle trasmissioni che prevedeva determinate cadenze temporali, che necessariamente sfuggivano alla discrezione delle lavoratrici.

Nell’esprimere tale valutazione, i giudici del rinvio non hanno, tuttavia, operato quel confronto con il materiale istruttorio ritualmente acquisito agli atti che la Suprema Corte aveva ritenuto necessario per accertare, in termini concreti e non per mera deduzione da una astratta configurazione della fattispecie, le reali modalità di svolgimento della prestazione, completando una indagine istruttoria che era apparsa, per molti aspetti, viziata da genericità ed indeterminatezza.

In particolare, non risultano in alcun modo esplicitate le ragioni per le quali non si sono prese in considerazione le richieste istruttorie avanzate da entrambe le parti e tese a dimostrare, fra l’altro, la sussistenza o meno dell’obbligo delle lavoratrici di mantenersi a disposizione dell’azienda, in esecuzione di un rapporto avente carattere di sostanziale continuità, al pari di quello svolto dai traduttori-annunciatori assunti con contratto di lavoro subordinato a tempo parziale.

Al pari di come non si sono presi in considerazione, senza alcuna plausibile motivazione, i molteplici documenti prodotti dalle ricorrenti (in particolare le svariate note di servizio) relativi all’organizzazione e determinazione dei tempi di lavoro degli annunciatori-traduttori, alla tipologia ed alle caratteristiche dei controlli esercitati dall’azienda ed alle modalità di aggiornamento professionale da quest’ultima predisposte, seppur si trattasse di documenti oltremodo rilevanti (per come ha ritenuto questa Corte in analoghe fattispecie: v. ad es. Cass. n. 5079/2009; Cass. n. 23320/2010; Cass. n. 23502/2010) per apprezzare se la società intimata fosse in grado di determinare le coordinate spaziali e temporali della prestazione, garantendone il proficuo e duraturo inserimento nell’organizzazione aziendale; o, in altri termini, per verificare, in termini di concreta analisi della fattispecie, la sussistenza in capo all’azienda di un potere unilaterale di conformazione della prestazione di lavoro, secondo come richiesto dalla sentenza rescindente.

Il che ha precluso di valutare se i poteri organizzativi della RAI avessero, con riferimento alla prestazione lavorativa delle ricorrenti, "una ampiezza di estrinsecazione tale da consentirle) di disporre della stessa nell’ambito delle esigenze proprie della sua organizzazione produttiva", e si è assegnato, invece, rilievo ad una astratta "caratteristica della prestazione…predefinita e cognita al momento di accettazione dell’incarico", del tutto ingiustificabile alla luce del valore dichiarativo che assume, ai fini della configurazione della fattispecie lavoristica, l’esecuzione del rapporto contrattuale.

5. Ne, infine, per giustificare tale esito possono richiamarsi i limiti cognitivi che la legge assegna al giudizio di rinvio. Tale assunto risulta incontrovertibile dal momento che (non essendo controverso che la prestazione di lavoro delle ricorrenti si sia da sempre svolta con le medesime caratteristiche) la valutazione della documentazione acquisita nel corso del giudizio di riassunzione ben poteva trovare fondamento nel tempo della formazione di questi documenti e nella necessità, imposta dalla sentenza rescindente, di indagare le modalità di concreto espletamento del rapporto di servizio, in coerenza con le caratteristiche stesse della cassazione per vizi di motivazione, in esito alla quale, come noto, il giudice di rinvio conserva tutti i poteri di indagine e di valutazione della prova e può compiere anche ulteriori accertamenti che trovino giustificazione nella sentenza di annullamento e nell’esigenza di colmare le lacune e le insufficienze da questa riscontrate, valutando liberamente i fatti di causa, al fine di pervenire ad un nuovo, e complessivo apprezzamento, adeguato ai rilievi svolti dal giudice di legittimità. E non senza che al riguardo si rammentino le esigenze di ricerca della verità materiale che, pur nell’ambito del rigoroso sistema di produzione documentale che ispira il processo del lavoro, il giudice deve, comunque, perseguire anche attraverso l’esercizio dei poteri di ufficio che appaiono indispensabili ai fini della decisione della causa, in coerenza con la tutela differenziata riconosciuta ai diritti che trovano realizzazione nel relativo giudizio (cfr. SU n. 8202/2005).

6. Il ricorso va, pertanto, accolto, con la conseguente cassazione della sentenza impugnata ed il rinvio ad altro giudice di pari grado, il quale provvederà a nuovo esame, alla luce dei criteri indicati, regolando, altresì, pure le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla Corte di appello di Roma.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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