T.A.R. Lazio Roma Sez. I ter, Sent., 07-10-2011, n. 7787

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Attraverso l’atto introduttivo del presente giudizio, notificato in data 10 agosto 2010 e depositato il successivo 6 settembre 2010, la ricorrente impugna il verbale di Conferenza di Servizi decisoria del 14 giugno 2010, con il quale è stato preso atto che "ad oggi non ci sono le condizioni per poter dare parere positivo alla proposta" dalla predetta presentata di "adeguamento dell’impianto di termovalorizzazione di pneumatici fuori uso (PFU) al trattamento di ASR (carfluff), sito nel Comune di Anagni", nonché i relativi atti presupposti.

In particolare, la ricorrente espone quanto segue:

– in data 21 aprile 2006, il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare stipulava un accordo di programma con la M. s.r.l., "società del Gruppo M., proprietaria dell’impianto di termovalorizzazione di pneumatici fuori uso (d’ora in poi PFU) di Anagni, gestito da M.T.," per "risolvere il problema del carfluff" attraverso "la promozione dello sviluppo di tecniche appropriate e di sistemi di controllo per l’eliminazione, per mezzo di termovalorizzazione, dei rifiuti derivanti dalla frantumazione di carcasse di autoveicoli dismessi", stabilendo "l’esecuzione di una sperimentazione, presso l’impianto di Anagni, finalizzata a valutare l’idoneità della tecnologia dello stesso e le modifiche da apportare per la ricezione del carfluff";

– atteso che dette prove sperimentali producevano "ottimi risultati", in data 10 febbraio 2009 presentava domanda per il rilascio della valutazione di impatto ambientale (d’ora in poi VIA) e dell’autorizzazione integrata ambientale (d’ora in poi AIA) al fine di realizzare l’"adeguamento tecnico del termovalorizzatore" di PFU di Anagni "per la termovalorizzazionegassificazione dei rifiuti che residuano dal processo di rottamazionefrantumazione di autoveicoli fuori uso", rifiuti definiti – appunto – "carfluff o ASR – Autovehicle Shredded Residues", da ritenere di particolare importanza, tenuto conto che attualmente il carfluff viene conferito in discariche ma che "a partire dal 31 dicembre 2010" ciò non sarà più possibile (a meno di voler ricorrere ad un’ennesima "proroga di un sistema inidoneo e dannoso");

– con nota del 14 settembre 2009 l’Ufficio regionale Area VIA le comunicava che "è in corso l’istruttoria di VIA e che ai fini del giudizio di compatibilità ambientale questo potrà essere emanato nell’ambito di Conferenza di Servizi ai sensi della Legge Regionale n. 14/2008", la quale – all’art. 1, comma 21 – prevede che "il provvedimento di VIA fa luogo dell’autorizzazione integrata ambientale….";

– in data 22 ottobre 2009 "aveva inizio la conferenza di servizi";

– con nota del 30 novembre 2009 veniva invitata a fornire integrazioni e chiarimenti;

– a ciò provvedeva in data 9 febbraio 2010;

– intervenivano nuove richieste di integrazioni e chiarimenti;

– a tali richieste prontamente ottemperava;

– in data 14 giugno aveva, pertanto, luogo la Conferenza di Servizi decisoria, la quale si concludeva negativamente per la predetta "in base all’intendimento espresso dall’Area VIA regionale" e "anche in base ai dissensi motivati dalle Amministrazioni Provinciale e Comunale, nonché in base ai pareri del Servizio Spresal della ASL di Frosinone e dell’ARPA Lazio", come risulta dal relativo verbale.

Ai fini dell’annullamento di tale verbale – ritenuto immediatamente impugnabile anche in ragione del preannuncio, nell’ambito dello stesso, della chiusura del procedimento "con l’espressione del parere negativo dell’Area VIA" – e degli atti allo stesso presupposti, la ricorrente deduce i seguenti motivi di impugnativa:

– CON RIFERIMENTO AL PARERE DEL COMUNE DI ANAGNI:

VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELLA LEGGE 241/1990 ARTT. 14, 14 BIS, 14 TER, 14 QUATER; VIOLAZIONE DELLA LEGGE REGIONALE DEL LAZIO N. 13/1997, ART. 7; INCOMPETENZA; VIOLAZIONE D.LGS. 59/2005 ART. 5 E REGIO DECRETO 27 LUGLIO 1934 N. 1265 ARTT. 216 E 217; ECCESSO DI POTERE, TRAVISAMENTO DEI FATTI, SVIAMENTO, ILLOGICITA" MANIFESTA, PERPLESSITA’, CONTRADDITTORIATA" MANIFESTA, IRRAGIONEVOLEZZA. Il Comune non si è espresso sulla materia igienicosanitaria, l’unica di competenza. Non si tratta, poi, di un dissenso propositivo. "Per mero tuziorismo si evidenzia inoltre che il Comune non avrebbe nemmeno potuto esprimere un parere negativo per quanto concerne la materia igienicosanitaria in quanto la ASL territorialmente competente ha manifestato il proprio parere di supporto tecnico al Comune…. esprimendosi positivamente". Ciò detto, sussiste travisamento dell’Amministrazione procedente, perché quest’ultima avrebbe dovuto considerare acquisito l’assenso dell’Amministrazione comunale, "non avendo la stessa espresso il richiesto parere";

– CON RIFERIMENTO AL PARERE DELL’AREA VIA:

VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELLA LEGGE 241/90 ARTT. 14, 14 BIS, 14 TER, 14 QUATER; VIOLAZIONE DELLA DELIBERAZIONE DELLA GIUNTA REGIONALE 15 MAGGIO 2009, N. 363; ECCESSO DI POTERE PER DIFETTO DI ISTRUTTORIA; VIOLAZIONE DEL GIUSTO PROCEDIMENTO; VIOLAZIONE DEL LEGITTIMO AFFIDAMENTO – TRAVISAMENTO ERRONEITÀ – CONTRADDITTORIETÀ – TRAVISAMENTO DEI FATTI – IRRAGIONEVOLEZZA – ARBITRARIETA" – IRRAZIONALITA" – PERPLESSITA’.

– VIOLAZIONE PROCEDIMENTALE. Posto che, ai sensi della deliberazione di Giunta Regionale del 15 maggio 2009, n. 363, le strutture regionali devono procedere all’espletamento dell’attività istruttoria "prima dell’indizione della conferenza", le richieste di integrazioni dell’Area VIA sono illegittime. In ogni caso, la ricorrente vi ha sempre ottemperato.

– PRETESE CARENZE DELLE RISPOSTE ALLE RICHIESTE DI INTEGRAZIONE. La documentazione relativa all’andamento delle polveri non manca perché depositata "in data 19 febbraio 2010". Alla conferenza di servizi del 7 aprile 2010, la società ha poi chiarito che "non sarebbe stata utilizzata né urea né composti ammoniacali". Già dalla relazione dell’ISPRA risulta che "durante le prove sono state effettuate in continuo le misure di NOx". Lo studio sulle matrici ambientali doveva essere condotto da ARPA Lazio o, comunque, da istituti di ricerca quali CNR.

– PRETESA MANCATA COMUNICAZIONE DEI VALORI DELLE SPERIMENTAZIONI sui campioni di car fluff nn. 1, 2 e 3. Tale richiesta è pretestuosa. Sono stati, infatti, prodotti i dati relativi alla sperimentazione n. 4, in quanto più significativi. Nella seduta istruttoria del 7 aprile 2010, sono state, inoltre, indicate le temperature raggiunte in camera di postcombustione ed è stato chiarito ogni aspetto del processo di gassificazione.

– LA SCELTA DEL SITO. La contestazione della localizzazione dell’impianto appare illogica e contraddittoria, tenuto – in particolare – conto che si tratta di impianto già esistente ed è intervenuto parere positivo del Consorzio ASI.

– CRITICITA" AMBIENTALE DELLA ZONA, QUALITA" DELL’ARIA. Il Comune di Anagni è classificato – in verità – in classe 2, "cioè in zona dove sia stato accertato l’effettivo superamento o l’elevato rischio di superamento del limite da parte di almeno un inquinante, nella specie PM10 (materiale particolato)". Il problema delle PM10 non può derivare dall’attività dell’impianto. Del resto, l’Area Regionale della Conservazione Qualità dell’Ambiente e Promozione Sostenibilità Ambientale ha affermato che "dagli studi modellistici di simulazione… non si evince… un peggioramento della qualità dell’aria" (nota del 25 agosto 2009). Non è stato considerato il parere positivo dell’ARPA Lazio. Esiste contraddittorietà, poi, con la relazione conclusiva dell’ISPRA.

– SULLA RICHIESTA DI MONITORAGGIO. Tale richiesta è di impossibile esecuzione: "sembrerebbe richiedersi la modifica dell’impianto prima ancora di aver ottenuto la necessaria autorizzazione".

– CON RIFERIMENTO AL PARERE DELL’ARPA LAZIO:

VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELLA LEGGE 241/90 ARTT. 14, 14 BIS, 14 TER, 14 QUATER – VIOLAZIONE DELLA LEGGE 241/90 ART. 3 – MOTIVAZIONE CONTRADDITTORIA ECCESSO DI POTERE PER SVIAMENTO – TRAVISAMENTO DEI FATTI – CONTRADDITTORIETA" INTERNA – CONTRADDITTORIETA" TRA IL VERBALE DELLA CONFERENZA DI SERVIZI ED IL PARERE DELL’ARPA LAZIO. Il parere dell’Arpa Lazio è indicato come negativo ma, invece, è positivo.

– CON RIFERIMENTO AL PARERE DELLA PROVINCIA DI FROSINONE:

VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELLA LEGGE 241/1990 ARTT. 14, 14 BIS, 14 TER, 14 QUATER – VIOLAZIONE DELL’ART. 269 DEL D.LGS. 152/2006. VIOLAZIONE DELL’ART. 124 E SS. DEL. D.LGS. 152/2006 – ECCESSO DI POTERE PER CONTRADDITTORIETA" DEL VERBALE DELLA CONFERENZA DI SERVIZI E PARERE DELLA PROVINCIA DI FROSINONE – ECCESSO DI POTERE PER ILLOGICITA" ED IRRAGIONEVOLEZZA DELL’AZIONE AMMINISTRATIVA – ECCESSO DI POTERE PER SVIAMENTO – VIOLAZIONE DELL’ART. 3 DELLA LEGGE N. 241/1990 – ECCESSO DI POTERE PER MOTIVAZIONE CONTRADDITTORIA – ECCESSO DI POTERE PER MOTIVAZIONE ILLOGICA – ECCESSO DI POTERE PER DIFETTO DI ISTRUTTORIA – ECCESSO DI POTERE PER TRAVISAMENTO DEI FATTI. Nella seduta del 7 aprile 2010 la Provincia di Frosinone ha consegnato una relazione tecnica "a firma del Prof. Buonanno". "La relazione tecnica di un professionista non può essere intesa… quale parere della Provincia". "Anche a voler ritenere che detta relazione costituisca parere riferibile allo stesso Ente, essa costituirebbe comunque un parere illegittimo" perché non riporta accenni agli argomenti di competenza ("emissioni in atmosfera e corpo idrico") ed è contraddittorio.

– CON RIFERIMENTO AL PARERE DELLA ASL DI FROSINONE, SERVIZIO SPRESAL:

VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELLA LEGGE N. 241/1990 ARTT. 14, 14 BIS, 14 TER, 14 QUATER – ECCESSO DI POTERE PER CONTRADDITTORIETA" DEL VERBALE DELLA CONFERENZA DI SERVIZI E PARERE DELLA ASL DI FROSINONE – ECCESSO DI POTERE PER ILLOGICITA" ED IRRAGIONEVOLEZZA DELL’AZIONE AMMINISTRATIVA – ECCESSO DI POTERE PER SVIAMENTO – VIOLAZIONE DELL’ART. 3 DELLA LEGGE N. 241/1990 – ECCESSO DI POTERE PER MOTIVAZIONE CONTRADDITTORIA – ECCESSO DI POTERE PER MOTIVAZIONE ILLOGICA – ECCESSO DI POTERE PER DIFETTO DI ISTRUTTORIA- ECCESSO DI POTERE PER TRAVISAMENTO DEI FATTI.

In ultimo, la ricorrente formula istanza istruttoria e, precisamente, chiede di disporre consulenza tecnica per accertare la rispondenza degli elaborati progettuali e tecnici prodotti e depositati dalla stessa "a quanto richiesto dagli Enti partecipanti alla Conferenza di Servizi".

Tale istanza risulta reiterata in data 22 settembre 2010.

Con atto depositato in data 9 settembre 2010 si sono costituiti il Ministero dell’Interno, Ufficio Territoriale del Governo Frosinone, il Comando Provinciale VVFF di Frosinone e l’ISPRA, astenendosi – nel prosieguo – dal produrre memorie e/o documenti.

In data 13 settembre 2010 si è costituita l’Associazione "Anagni Viva", la quale – nel prosieguo e precisamente in data 17 settembre 2010 – ha prodotto una memoria con la quale – oltre ad eccepire l’inammissibilità del ricorso perché proposto avverso un atto endoprocedimentale – ha così confutato le censure formulate: – il car fluff è classificato come rifiuto speciale pericoloso; – la particolare problematicità del trattamento di tale rifiuto è dimostrata anche dalla circostanza che in tutta Europa "ancora non è attivo un solo impianto di termo combustione del car fluff"; – in ragione di tale intrinseca problematicità, sono stati necessari approfondimenti; – ancorché la società sia stata pronta nel rispondere alle richieste formulate, "non è stata evidentemente in grado di fornire sufficienti elementi e garanzie per far superare" le perplessità; – del resto, la ricorrente insiste sulla esaustività della documentazione prodotta ma, mai, pone l’accento sulla intrinseca (in)idoneità del progetto, da ricollegare alla "localizzazione" dell’impianto, comunque considerata dall’Area VIA, dal Comune di Anagni e dall’Associazione controinteressata nelle osservazioni prodotte, ed alla contaminazione di diossina nelle aree circostanti l’impianto, accertata proprio a seguito di un incidente verificatosi presso la stabilimento di fabbricazione pneumatici M. (adiacente al termovalorizzatore) in data 25 marzo 2009 e, dunque, in epoca successiva all’indizione della conferenza di servizi; – nella valutazione della proposta progettuale del Gruppo M. è stata giustamente data applicazione del principio di precauzione, sancito anche all’art. 178, comma 2, del d.lgs. n. 152/2006 (c.d. Codice dell’Ambiente), di particolare rilevanza nel caso di specie ove si tenga conto anche del livello allarmante dei tumori raggiunto nella zona; – le autorità interessate si sono, dunque, espresse in piena conformità alla disciplina del settore.

Con atto depositato in data 14 settembre 2010 si è costituita la Regione Lazio, la quale – in data 21 settembre 2010 – ha prodotto una memoria con la quale ha – in via preliminare – eccepito l’inammissibilità del ricorso in ragione della natura di atto non conclusivo del procedimento del provvedimento impugnato. Nel merito ha così sostenuto la legittimità del proprio operato: – la società ha fornito integrazioni insufficienti e, comunque, non rispondenti a quanto richiesto; – in particolare, i dati forniti hanno rivelato incremento di emissioni, non sono chiare le modalità di conduzione delle sperimentazioni ecc.; – in applicazione del principio di precauzione, l’Area Via non poteva pervenire ad una valutazione diversa da quella effettuata; – stante l’ampia discrezionalità esercitata dall’Amministrazione in sede di VIA, la scelte effettuate hanno natura sostanzialmente insindacabili "se non nel caso di… macroscopica illogicità o manifeste incongruenze", le quali – nel caso di specie – sono insussistenti.

In data 18 settembre 2010 si è costituito anche il Comune di Anagni, sollevando – in primis – eccezione di inammissibilità del ricorso per carenza di interesse, posto che l’accordo del 2006 "con il Ministero è stato stipulato dalla M. srl’ e, quindi, è questa ad avere interesse allo smaltimento del car fluff. Nel merito, ha – in particolare – affermato di aver esercitato legittimamente i propri poteri, in linea, tra l’altro, con gli artt. 216 e 217 del T.U, sulle leggi sanitarie.

Con atto depositato in data 22 settembre 2010 si è costituita la Provincia di Frosinone.

Risultano prodotti anche atti di intervento ad opponendum, rispettivamente dalla Rete per la tutela della Valle del Sacco, dall’Associazione "Diritto alla Salute" e dall’Associazione "Comitato di Quartiere Osteria della Fontana in data 17 settembre 2010 e dalle Associazioni CODICI, CODICI Lazio, Codici Frosinone e CODICI AMBIENTE in data 22 settembre 2010.

Con ordinanza n. 4135 del 22 settembre 2010 il Tribunale ha respinto la domanda incidentale di sospensione. Nel contempo, non ha ravvisato ragioni per aderire all’istanza istruttoria più volte formulata dalla parte ricorrente.

Tale ordinanza è stata riformata dal Consiglio di Stato con ordinanza n. 716 del 16 febbraio 2011, "limitatamente alla fissazione in via prioritaria dell’udienza di trattazione del merito del ricorso".

In data 1 giugno 2011 l’Associazione Anagni Viva ha prodotto documenti

In data 3 giugno 2011 anche la ricorrente ha prodotto documenti, tra cui una relazione tecnica in cui si dà evidenza che i valori indicati nel SIA (ossia nello studio impatto ambientale) rivestono carattere prudenziale e, comunque, restano "ben al di sotto dei limiti imposti dalla normativa".

Con memoria depositata il 10 giugno 2011 l’Associazione Anagni Viva ha nuovamente ricordato l’incidente occorso nel 2009 e la gravità dei risultati dei rilevamenti in seguito effettuati – ribadendo la "situazione di criticità ambientale" in cui versa la zona – a giustificazione dell’attività istruttoria espletata nel corso della conferenza di servizi. Ha, altresì, nuovamente insistito sull’"aspetto localizzativo come specifica criticità del progetto", sulla "natura del car fluff come rifiuto pericoloso", come dimostrato dalle osservazioni dell’APAT prodotte agli atti, e sul "rapporto fra contaminazione emersa e principi di precauzione e di prevenzione".

Con memoria deposita in data 13 giugno 2011 la Provincia di Frosinone ha posto in evidenza: – l’obbligo per le pubbliche amministrazioni di far prevalere le esigenze sottese alla prevenzione dei rischi per la salute delle persone "anche sugli interessi economici dei singoli", ossia il carattere orientativo generale del "principio di prevenzione" e di quello di precauzione; – la sussistenza dell’obbligo di indicare modifiche progettuali solo ove non si tratti di "una valutazione assolutamente negativa dell’impatto ambientale"; – la carenza di ogni titolo in capo alla ricorrente per censurare il rapporto contrattuale intercorso tra "la Provincia e il Prof. Buonanno".

In medesima data anche la ricorrente ha prodotto una memoria, reiterando – in sintesi – le censure formulate nonché l’istanza istruttoria.

Sempre in data 13 giugno 2011 è stato depositato atto di intervento ad adiuvandum da parte di Trasporti Dolciami di Dolciami A. e G & C. s.n.c., C.L.I. srl, V.A. srl, I. srl Divisione E. ed E. srl, a supporto delle censure della ricorrente.

Con memoria prodotta il 23 giugno 2011 il Comune di Anagni ha affermato che "la soluzione del caso, sotto il profilo giuridico, sta nell’applicazione del Principio di precauzione" e dell’osservanza del principio dello sviluppo sostenibile, rilevando a sua volta che – trattandosi di un impianto compatibile con il trattamento dei rifiuti pericoli – non può essere insediato in pieno centro abitato.

In medesima data anche gli intervenienti ad opponendum hanno depositato memorie, confutando – in particolare – i valori indicati dalla ricorrente e l’ammissibilità dell’intervento ad adiuvandum nonché affermando la necessità dell’applicazione del principio di precauzione.

Sempre in data 23 giugno 2011 l’Associazione Anagni Viva ha depositato una memoria di replica.

Nei medesimi termini ha proceduto anche la ricorrente, contestando la natura pericolosa del rifiuto ed il significato attribuito al "principio di precauzione".

In data 13 luglio 2011 la ricorrente ha, poi, nuovamente depositato "istanza istruttoria".

All’udienza pubblica del 14 luglio 2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Motivi della decisione

1. In relazione alla questione prospettata, la quale si profila matura per la decisione in ragione dei termini in cui risulta formulato il verbale impugnato ma anche della copiosità della documentazione prodotta agli atti, il Collegio ravvisa la necessità di valutare – in via preliminare – le eccezioni di inammissibilità sollevate dalle parti resistenti.

Tali eccezioni sono infondate.

1.1. Come esposto nella narrativa che precede, la Regione Lazio, e l’Associazione Anagni Viva sostengono l’inammissibilità del ricorso in quanto proposto avverso un atto meramente endoprocedimentale.

In particolare, rilevano che:

– "il verbale della conferenza di servizi impugnato rinvia la chiusura del procedimento alla espressione del parere definitivo dell’Area VIA della Regione Lazio" (cfr. memoria della Regione depositata in data 21 settembre 2010);

– posto che la definitiva espressione del rigetto – conclusivo del procedimento – compete al parere dell’Area VIA, non ancora "emesso", il ricorso "pare allo stato inammissibile in quanto volto all’annullamento di un atto ancora endoprocedimentale" (cfr. memoria dell’Associazione Anagni Viva prodotta il 17 settembre 2010).

Tale eccezione non è meritevole di condivisione.

Al riguardo, appare opportuno ricordare che – nel caso di specie – si tratta di una conferenza di servizi "decisoria", relativa al procedimento integrato di VIA/AIA, attivato dalla ricorrente al fine della realizzazione dell’adeguamento tecnico del termovalorizzatore di pneumatici fuori uso di Anagni "per la termovalorizzazione – gassificazione dei rifiuti che residuano dal processo di rottamazione – frantumazione di veicoli fuori uso, rifiuti definiti carfluff o ASR – Autovehicle Shredded Residues".

Ciò detto, si è ben a conoscenza dell’orientamento giurisprudenziale – di recente espresso dal Consiglio di Stato anche con la decisione 9 novembre 2010, n. 7981 – secondo il quale "specie all’indomani della novella normativa del 2000 appare maggiormente persuasiva la tesi secondo cui sussista ancora uno iato sistematico fra la determinazione conclusiva della Conferenza (anche se di tipo decisorio) ed il successivo provvedimento finale, nonché la tesi secondo cui solo al secondo di tali atti possa essere riconosciuta una valenza effettivamente determinativa della fattispecie (con conseguente sorgere dell’onere di immediata impugnativa), mentre alla determinazione conclusiva deve essere riconosciuto un carattere meramente endoprocedimentale" (cfr. C.d.S., Sez. VI, 11 novembre 2008, n. 5620), con conseguente inammissibilità dell’impugnativa proposta avverso quest’ultima.

Orbene, il Collegio ritiene che l’assunto di cui è stata data evidenza sia indiscutibilmente meritevole di apprezzamento e condivisione, basandosi sul principio secondo il quale il procedimento amministrativo costituisce un’ordinata sequela di atti, la quale sfocia nell’adozione di un "provvedimento" a cui soltanto può essere riconosciuto carattere lesivo della situazione soggettiva del privato.

Nel contempo, ritiene però che la disamina di casi concreti possa anche indurre a conclusioni diverse qualora ricorrano peculiarità tali da rafforzare il valore della determinazione conclusiva della conferenza, a scapito del contenuto decisorio del provvedimento finale.

In particolare, rileva che, nei casi in cui – come quello in esame – la determinazione conclusiva della conferenza palesi in termini inequivoci il contenuto del provvedimento finale, tanto da anticipare in termini espliciti quest’ultimo, non possono riscontrarsi preclusioni all’immediata impugnativa di detta determinazione.

In altri termini, il Collegio si pone a favore di una ricostruzione sostanzialistica della fattispecie:

– in ragione dell’anticipazione di cui sopra, la lesione della situazione soggettiva non può non essere concreta ed attuale o, comunque, pienamente avvertita dall’interessato già in virtù di quanto riportato nel verbale della conferenza di servizi;

– l’attualità della lesione ben giustifica l’immediata reazione per mezzo della proposizione del ricorso giurisdizionale.

In definitiva, la determinazione conclusiva della conferenza ha sì carattere di atto endoprocedimentale ma – nei casi in cui tale determinazione già riveli in termini espliciti la decisione finale, tanto che quest’ultima finisce con l’assumere carattere meramente esecutivo e/o riproduttivo – non si ravvisano elementi ostativi all’immediata impugnativa della determinazione conclusiva in esame.

In ragione delle considerazioni di cui sopra, l’eccezione di cui trattasi è infondata.

1.2. Anche il Comune di Anagni contesta l’ammissibilità del ricorso in quanto ravvisa carenza di interesse in capo alla M.T. S.p.A., adducendo che l’accordo di programma del 21 aprile 2006 – finalizzato a "risolvere il problema del carfluff attraverso la promozione di tecniche appropriate e di sistemi di controllo per l’eliminazione, per mezzo di termovalorizzazione, dei rifiuti derivanti dalla frantumazione di carcasse di autoveicoli dismessi" – è stato stipulato dalla M. s.r.l. e che, dunque, è quest’ultima ad avere "interesse allo smaltimento del carfluff".

L’eccezione de qua è infondata.

E’, infatti, evidente che l’interesse al ricorso deve essere valutato esclusivamente sulla base degli atti e documenti che caratterizzano il procedimento amministrativo e, dunque, essenzialmente sulla base dell’atto ritenuto lesivo e, pertanto, impugnato.

Nel caso in esame, il procedimento amministrativo di cui trattasi risulta avviato dalla M. S.p.A. con l’inoltro di apposita domanda alla Regione Lazio in data 10 febbraio 2009.

Nell’ambito del procedimento amministrativo di cui sopra è, poi, intervenuto il verbale di conferenza di servizi – oggetto di impugnativa – da cui risulta che:

– "ad oggi non ci sono le condizioni per poter dare parere positivo alla proposta della M.T. S.p.A.";

– "pertanto, la formale chiusura del procedimento avverrà con l’espressione del parere negativo dell’Area VIA".

Ciò detto, non appare che possa essere messo in discussione l’interesse della M.T. S.p.A. alla rimozione del verbale impugnato, palesemente ostativo alla realizzazione dell’interesse sotteso che la stessa ha manifestato di perseguire.

Del resto, questioni del tipo di quella sollevata dal Comune di Anagni – ove fondate – avrebbero dovute essere opposte direttamente nell’ambito della conferenza di servizi, in quanto influenti sulla stessa legittimazione della società all’inoltro dell’istanza di adeguamento dell’impianto.

Posto che ciò non è avvenuto, le stesse questioni non possono essere introdotte in sede giurisdizionale, pena il realizzarsi di un’ingerenza del giudice amministrativo nell’esercizio dei poteri di amministrazione attiva, chiaramente inaccettabile.

Rilevato, dunque, l’obbligo per il giudice amministrativo di sindacare gli atti impugnati per come gli stessi risultano formulati, senza possibilità di valutare ulteriori profili che – ove correttamente intesi – investono (non l’interesse al ricorso, bensì) l’individuazione di eventuali ulteriori preclusioni alla realizzazione da parte del privato dell’interesse sotteso, di inequivoca competenza dell’Amministrazione, l’eccezione de qua non può trovare positivo apprezzamento.

2. Nel merito, il ricorso è infondato e, pertanto, va respinto.

2.1. Al fine del decidere, appare necessaria una ricostruzione – in sintesi – della vicenda prospettata.

Come già in precedenza evidenziato, tale vicenda trae origine dall’inoltro in data 10 febbraio 2009 alla Regione Lazio da parte della M.T. S.p.A. di un’istanza di V.I.A. – AIA, ai sensi rispettivamente dell’art. 13 del d.lgs. 4/2008 e del d.lgs. n. 59/2005 (ora abrogato dalla lettera a) del comma 4 del d.lgs. 29 giugno 2010, n. 128), per l’"adeguamento tecnico del termovalorizzatore di Pneumatici Fuori Uso di Anagni al trattamento di residui di frantumazione autoveicoli (indicati anche come "car fluff o ASR) nel Comune di Anagni".

In particolare, da quanto riferito dalla ricorrente e dai documenti agli atti risulta che:

– a monte di tale istanza, aveva avuto luogo "l’esecuzione di una sperimentazione, presso l’impianto di Anagni, finalizzata a valutare l’idoneità della tecnologia dello stesso e le modifiche da apportare per la ricezione del carfluff" (cfr. Accordo di Programma del 21 aprile 2006 del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio con M. s.r.l., società del Gruppo M.);

– tale sperimentazione è stata condotta in diverse fasi, prevedendo l’effettuazione di differenti prove di combustione, le quali avrebbero "prodotto ottimi risultati";

– a seguito dell’istanza di cui sopra – corredata da "progetto", "studio di impatto ambientale", "sintesi non tecnica" e dall’avviso a mezzo stampa di "attivazione della procedura" – ha preso avvio il procedimento;

– già in medesima data, l’Area VIA ha avviato la propria istruttoria, "provvedendo con distinte note a richiedere i pareri di altre strutture regionali ed integrazioni prima dell’indizione della Conferenza dei Servizi", la cui prima riunione ha avuto luogo in data 22 ottobre 2009 (cfr. pag. 5 della memoria difensiva della Regione Lazio prodotta il 21 settembre 2010).

Come denunciato dalla ricorrente e, comunque, ammesso dalle parti resistenti, l’Area Via ha poi chiesto integrazioni anche in sede di conferenza dei servizi, per far fronte a carenze istruttorie, particolarmente avvertite anche in ragione della complessità della questione.

La conferenza dei servizi decisoria ha avuto inizio il giorno 14 giugno 2010 e ha avuto esito negativo per la ricorrente, atteso che – "in base all’intendimento espresso dall’Area VIA regionale" ed "anche in base ai dissensi motivati dall’Amministrazione Provinciale e Comunale nonché in base ai pareri del Servizio Spresal della ASL di Frosinone e dell’ARPA Lazio" – non sono state riscontrate "le condizioni per poter dare parere positivo alla proposta di M. T. S.p.A." (cfr. verbale impugnato).

Appare, pertanto, evidente che la proposta della ricorrente ha incontrato numerosi dissensi, palesemente ostativi alla realizzazione del progetto presentato.

Ciò detto la ricorrente cerca di confutare i pareri resi dalla singole autorità, al fine di dimostrare l’illegittimità del verbale in contestazione.

Nonostante la formulazione di numerose ed articolate censure, il Collegio ritiene che non sussistano i presupposti per procedere all’annullamento del provvedimento impugnato per le ragioni di seguito esposte.

2.2. Al riguardo, appare necessario ricordare – come già rilevato dalla giurisprudenza amministrativa (cfr., tra le altre, C.d.S., Sez. IV, 7 maggio 2004, n. 2874) – che la conferenza di servizi (in special modo quella c.d. decisoria) costituisce un modulo organizzativo (funzionale alla concreta attuazione dei principi costituzionali che presiedono all’azione amministrativa, come individuati dall’art. 97 Cost.) per l’acquisizione, su di un dato provvedimento da adottare, dell’avviso di tutte le amministrazioni preposte alla cura degli interessi coinvolti in quest’ultimo, idoneo a produrre un’auspicata accelerazione dei tempi procedurali e, dunque, la speditezza, l’efficacia e l’economicità dell’azione amministrativa mediante un esame contestuale di tutti gli interessi pubblici coinvolti.

Tale istituto giuridico non implica – tuttavia – la creazione di un nuovo, apposito ufficio della pubblica amministrazione, separato dai soggetti che vi hanno partecipato, con la conseguenza che l’avviso espresso in conferenza dei servizi dai rappresentanti delle varie amministrazioni partecipanti resta pur sempre imputabile alle sole singole amministrazioni e – in quanto tale, ossia in relazione alle competenze di quest’ultime – permane sindacabile.

2.3. Ciò detto, apprezzabile è l’orientamento assunto dalla ricorrente di contestare uno ad uno i pareri contrari resi dalle autorità coinvolte nella conferenza di servizi, in quanto logicamente teso a privare di rilevanza e consistenza – per quanto possibile – le manifestazioni di volontà di quest’ultime, rivelatesi ostative alla realizzazione dell’adeguamento richiesto.

In relazione alle censure all’uopo formulate, il Collegio ravvisa l’opportunità di dare precedenza a quelle formulate avverso il "parere dell’Area VIA" della Regione Lazio, dotato di un valore indiscutibilmente "determinante", desumibile dalla formulazione dell’atto impugnato ma anche palesato nelle memorie prodotte dalle parti.

Al riguardo, è necessario premettere che l’Area VIA – dopo aver fatto presente che la situazione della zona in cui è ubicato l’impianto è critica e, dunque, "per la valutazione di impatto ambientale in corso deve essere effettuata un’attenta analisi al fine di verificare che la nuova configurazione impiantistica non vada a peggiorare i livelli di inquinamento di un territorio già fortemente antropizzato" – ha rilevato una "serie di criticità", riportate in un’apposita nota allegata al verbale (all. n. 6), le quali – in sintesi – possono essere così rappresentate:

– da un confronto "tra le emissioni attuali e quelle previste nel nuovo assetto impiantistico", risulta un incremento per le sostanze organiche di 2,5 volte, un incremento per HCL pari a 5 volte, un incremento per HG pari a 2 ed un incremento per PCDD e PCDF pari a 2,5;

– per altri valori (quali SO2 e NOx), è configurato un decremento, il quale – però – non trova riscontro nei "risultati delle analisi in continuo effettuate durante il periodo di sperimentazione";

– "continuano a non essere chiare le modalità di conduzione delle prove effettuate, non è chiaro come siano state controllate entro i limiti autorizzativi le emissioni di NOx, non è chiaro se sia stata usata urea o composti ammoniacali seppur non nel campo di temperatura ottimale, o quali altri accorgimenti siano stati adottati..";

– "non sono stati forniti i valori delle sperimentazioni effettuate sui campioni di car fluff N° 1/2/3";

– "nella documentazione presentata mancano inoltre indicazioni sul processo di gassificazione e sulle condizioni operative dell’impianto e, in particolare, le temperature in gioco nelle diverse camere ove avviene il processo termico";

– era stato richiesto uno studio ambientale per il monitoraggio dell’area circostante il sito del termovalorizzatore "in cui vengono misurati e valutati per un periodo significativo" "diossine, furani, metalli pesanti, mercurio, composti clorurati e IPA", ma tale studio non è stato fornito;

– il progetto non sembra essere coerente con il piano di gestione dei rifiuti "in virtù dell’ubicazione dell’impianto stesso a ridosso di nuclei abitati".

In ultimo, l’Area VIA precisa che la "Conferenza di Servizi ha richiesto in più fasi integrazioni alla proponente" e che le integrazioni inviate da quest’ultima "non hanno risposto compiutamente a quanto richiesto" e "non hanno colmato le gravi lacune informative presenti nella documentazione presentata".

Dal dato testuale della note de qua, risulta, pertanto, che l’Area VIA "ritiene debba essere emesso parere negativo" "alla luce dell’evidente criticità ambientale del sito oggetto di intervento (l’area industriale è in prossimità ad insediamenti abitativi), del notevole incremento rispetto allo stato attuale dell’impianto di alcuni inquinanti atmosferici previsti nel progetto, e in considerazione delle previsioni del Piano regionale di gestione dei rifiuti, anche in base al principio di precauzione", con successiva elencazione di eventuali modifiche da apportare al progetto, connotate da evidente carattere propositivo.

Ciò detto, appare evidente che l’Area VIA si è espressa nei termini sopra riportati sulla base di una valutazione complessiva del progetto presentato, e non – come, invece, la ricorrente vuole indurre a far credere – in ragione della mera inottemperanza ad istanze relative alla produzione di informazioni e documenti, comunque sussistente (almeno in relazione ai valori delle sperimentazioni effettuate sui campioni di car fluff nn. 1, 2 e 3).

Si è, pertanto, in presenza di una valutazione di carattere tecnico, caratterizzata dalla complessità delle discipline di riferimento e da opinabilità dell’esito, sindacabile – come noto – dal giudice amministrativo in sede di legittimità entro ben precisi limiti o, meglio, sotto specifici profili, quali quelli dell’erroneità e/o del travisamento dei fatti, del difetto di motivazione, della incoerenza della procedura e dei relativi esiti e della contraddittorietà, con l’ulteriore precisazione che le illegittimità e incongruenze debbono essere "macroscopiche" e "manifeste" (cfr., tra le altre, C.d.S., Sez. VI, 19 febbraio 2008, n. 561; C.d.S., Sez. V, 17 maggio 2005, n. 2460).

Ebbene, tali vizi – nel caso di specie – non sono riscontrabili.

Quanto riportato nella nota dell’Area VIA trova pacifico riscontro nella documentazione agli atti:

– la criticità ambientale è comprovata – oltre che dalla vicinanza dell’impianto ad insediamenti abitativi, per nulla posta in discussione dalla stessa ricorrente – dalla situazione accertata a seguito dell’incidente occorso nel 2009 – e, dunque, di recente – ad altro impianto della M.T., la quale ha richiesto l’adozione di ordinanze di estrema gravità perché interdittive del consumo e della commercializzazione di prodotti della terra ed impositive dell’abbattimento di animali. Si tratta di circostanze non certo trascurabili ma, anzi, di sicura rilevanza perché influenti sul livello di accettabilità dei "rischi" connessi alla realizzazione di impianti del genere di quello richiesto. A fronte di circostanze del tipo di quelle sopra indicate, il rischio deve essere, infatti, praticamente pari a zero, pena la violazione di valori fondamentali, tutelati a livello di previsioni costituzionali, quali la salute;

– l’incremento di "alcuni inquinanti atmosferici" previsti nel progetto risulta dalla stessa tabella "tratta dal SIA" (ossia, lo studio di impatto ambientale) della ricorrente. Ciò detto, si tratta di un dato la cui esistenza non può essere messa in discussione. Al riguardo, è da aggiungere che la ricorrente sostiene che "qualunque eventuale incremento di emissioni è compensato dalla riduzione di emissioni determinate da altri materiali" e, quindi, richiama il decremento riguardante ulteriori inquinanti. Il Collegio ritiene che tale circostanza non possa essere invocata in quanto non vale a sconfessare l’esistenza del presupposto in trattazione e, comunque, imporrebbe valutazioni di carattere tecnico che la stessa Amministrazione non ha ritenuto necessario espletare. Al riguardo, non va dimenticato che – come più volte rilevato dal giudice amministrativo – "il sindacato giurisdizionale sulla discrezionalità tecnica non può" comunque "sfociare nella sostituzione dell’opinione del giudice e, a maggior ragione, della parte a quella espressa dall’organo amministrativo", a meno che quest’ultima non si riveli palesemente errata sul piano della tecnica (cfr., tra le altre, C.d.S., Sez. IV, 15 agosto 2005, n. 4196; TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, 11 marzo 2011, n. 398);

– le previsioni del Piano Regionale di risanamento dell’aria e del Piano regionale di gestione dei rifiuti rilevano in quanto imponenti il rispetto di determinate condizioni, la quali si prestano ad acquisire una maggiore rilevanza proprio nei casi in cui – come quello di cui trattasi – la zona riveli problemi di salute negli abitanti definibili "particolari" e/o "anomali" (aumento dei tumori, della sterilità e degli aborti spontanei).

Gli elementi sopra indicati sono, dunque, sussistenti e, nel contempo, ben valgono a supportare la posizione assunta dall’Area VIA, rappresentando adeguatamente valide ragioni ostative alla futura emissione di un parere favorevole al progetto della ricorrente.

Per completezza, è necessario ancora considerare il motivo afferente la "violazione procedimentale".

In particolate, la ricorrente denuncia che – attraverso le "richieste di integrazione" e chiarimenti formulate dall’Area VIA – "la Regione ha consentito una irragionevole ripetizione di una fase istruttoria già espletata, in una sede (conferenza di Servizi) che non era quella propria falsando quindi l’intero procedimento".

Anche tale censura non è meritevole di condivisione.

In relazione all’ipotesi in esame, non è, infatti, possibile trascurare che – in seguito all’attivazione da parte della ricorrente del procedimento con l’inoltro in data 10 febbraio 2009 dell’istanza di AIA – si sono verificati eventi nuovi, c.d. sopravvenuti.

Come già accennato, il 25 marzo 2009 ha avuto luogo l’incidente all’impianto di produzione dei pneumatici della M..

Tale incidente ha dato avvio all’effettuazione di esami nelle aree circostanti.

In particolare, venivano effettuate analisi dall’I.Z.P.S. di Lazio e Toscana su campioni animali prelevati in prossimità dell’impianto M.T., le quali evidenziavano una presenza significativa di diossinosimili, PCB, metalli pesanti, tanto che il Commissario Straordinario del Comune di Anagni veniva indotto a emanare ordinanze dirette a vietare il consumo e la commercializzazione di prodotti vegetali ed animali.

Anche ulteriori analisi risalenti al novembre 2009 confermavano la "contaminazione" dell’area da sostanze pericolose, come – del resto – confermato dall’adozione di ulteriori ordinanze interdittive del "razzolamento" ma anche impositive dell’abbattimento di animali.

Tale grave situazione – portata all’attenzione della Conferenza di Servizi anche mediante la produzione di appositi atti (cfr., tra gli altri, la petizione dei Sindaci limitrofi e la nota dell’associazione Agnani Viva) – non poteva essere trascurata ed, anzi, andava adeguatamente considerata.

Ciò detto, l’espletamento di ulteriore attività istruttoria appare più che giustificata ed, anzi, doverosa.

In definitiva, il parere dell’Area VIA – nei termini e nei limiti in cui effettivamente rileva – è correttamente formulato.

Posto che il parere dell’Area VIA è idoneo – di per sé solo – a giustificare l’esito negativo della conferenza di servizi, quanto rilevato è sufficiente a determinare il rigetto del ricorso.

E’, infatti, noto che, sulla base di un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, richiamato anche dalla Regione Lazio (cfr. memoria depositata in data 21 settembre 2010, pagg. 10 e 11), allorché un atto è fondato su una pluralità di motivi e/o elementi, ha carattere preclusivo all’annullamento la legittimità di almeno uno di essi ove quest’ultimo sia sufficiente a supportare la decisione amministrativa adottata (ex multis: C.d.S., Sez. IV, n. 551 del 1998; TAR Lazio, Sez. I, n. 7134 del 2005).

Nel caso di specie, il verbale della Conferenza di Servizi poggia, tra l’altro, "sull’intendimento espresso dall’Area VIA".

Preso atto della legittimità di tale intendimento e dell’idoneità dello stesso a supportare l’esito negativo della Conferenza di Servizi, non può, dunque, procedersi all’annullamento del provvedimento impugnato.

2.4. A conferma della conclusione a cui si è pervenuti e, quindi, della legittimità del verbale in contestazione, il Collegio avverte ancora la necessità di soffermarsi sul "principio di precauzione".

Tale necessità trae – in verità – origine già dalla formulazione della nota dell’Area VIA (tenuto conto che in quest’ultima il principio di cui sopra risulta espressamente richiamato): preso atto della particolare importanza che riveste il principio de quo, dimostrata anche dai rilievi formulati dalle altre parti interessate, appare però preferibile la soluzione di procedere ad una trattazione specifica ed autonoma dello stesso.

Come noto, il principio di precauzione, recepito dal Trattato dell’Unione europea e in precedenza dal Trattato comunitario, sancito – a livello nazionale – nell’art. 178 del d.lgs. n. 152/2006 (c.d. Codice dell’ambiente), si fonda in termini giuridici sull’art. 15 della Dichiarazione di Rio del 1992, per cui "In order to protect the environment, the precautionary approach shall be widely applied by States according to their capabilities. Where there are threats of serious or irreversibile damage, lack of full scientific certainty shall not be used as a reason for postponing costeffective measures to prevent environmental degradation", il che – tradotto – suona "al fine di proteggere l’ambiente, un approccio cautelativo dovrebbe essere ampiamente utilizzato dagli Stati in funzione delle proprie capacità. In caso di rischio di danno grave o irreversibile, l’assenza di una piena certezza scientifica non deve costituire un motivo per differire l’adozione di misure adeguate ed effettive, anche in rapporto ai costi, dirette a prevenire il degrado ambientale".

Come è pure noto, il principio di precauzione ha dato luogo a dispute scientifiche, filosofiche e politiche sul suo effettivo valore, sembrando ad alcuni interpretabile in modo estremo; si è sostenuto, infatti, che esso equivarrebbe alla "prudenza imposta per legge", ovvero al divieto di utilizzare tutti i risultati della ricerca scientifica prima di essere certi della loro assoluta non pericolosità per l’ambiente; si è sostenuto, poi, che la certezza in merito non si potrebbe mai raggiungere, perché le verità scientifiche sono sempre "provvisorie" e suscettibili di modifica.

Per quanto riguarda il caso in trattazione, va sottolineato che tale lettura estrema del principio – quale che sia l’opinione intellettuale che si ritenga di condividere – non è quella adottata dalla giurisprudenza europea e nazionale, che – invece – è prudente.

Essa ha, infatti, affermato che "protective measures", ovvero "misure preventive", adottate in base al principio stesso e comprensive dell’evidenza della proibizione preventiva di una certa attività "may not properly be based on a purely hypothetical approach to risk, founded on mere suppositions which are not yet scientifically verified", ovvero "non si possono fondare sull’apprezzamento di un rischio puramente ipotetico, fondato su mere supposizioni allo stato non ancora verificate in termini scientifici" (cfr. Corte CE 9 settembre 2003 C236/01 Monsanto; Corte CE 5 febbraio 2004 C24/00 Commissione vs. Repubblica Francese; C.d.S., Sez. VI, 19 gennaio 2010, n. 183).

In ragione di tale principio, è evidente che chiunque sia interessato a porre in essere attività che possono rivelarsi dannose per l’ambiente – realizzando gli impianti all’uopo necessari – e si sia visto negare i relativi provvedimenti ampliativi, sulla base dell’allegazione di un rischio ritenuto reale in quanto desunto da dati di carattere oggettivo, è tenuto necessariamente a dimostrare la sussistenza di un errore di rilevamento e/o apprezzamento da parte dell’Amministrazione.

Orbene, nel caso in esame tale dimostrazione è carente.

In particolare:

– la documentazione prodotta agli atti rivela un’assoluta carenza di certezze circa l’insussistenza di rischi, determinata dalla peculiarità della situazione (caratterizzata anche dalla circostanza che si tratta di un adeguamento volto alla realizzazione di un impianto privo di precedenti in Italia ed, anzi, in Europa) ed anche dagli esiti della sperimentazione (la quale – sotto svariati profili – non è stata soddisfacente), ed, anzi, attesta un aumento della produzione di sostanze nocive, sicuramente inaccettabile in ragione delle già critiche condizioni ambientali della zona;

– la ricorrente non è stata in grado di confutare adeguatamente le circostanze di cui sopra, ossia di dimostrare l’incongruità e l’irragionevolezza della decisione adottata rispetto all’interesse ambientale e sanitario tutelato o, ancora, di attestare l’assoluta impossibilità del verificarsi di un peggioramento della situazione ambientale in applicazione del principio di precauzione, in relazione alla estrema criticità delle condizioni ambientali derivante dalla rilevata e non contestata concentrazione di sostanze tossiche, cancerogene e persistenti, difficilmente rimuovibili dopo la loro diffusione nell’ambiente e suscettibili di causare un grave inquinamento e, conseguentemente, danni non reversibili alla salute della popolazione esposta;

– al fine di dimostrare l’illegittimità del giudizio dell’Amministrazione, la ricorrente si limita a lamentare una contraddittorietà tra la nota dell’Area VIA ed il parere espresso dalla competente Area Regionale della Conservazione Qualità dell’Ambiente e Promozione sostenibilità ambientale, il parere dell’ARPA Lazio nonché la relazione conclusiva prodotta dall’ISPRA;

– tale contraddittorietà – comunque – non sussiste. Quanto riportato nelle note richiamate è, anzi, in linea con la valutazione dell’Area VIA. In particolare: – dal primo dei pareri indicati risulta che "la ditta proponente ha presentato studi modellistici di simulazione per la valutazione della ricaduta degli inquinanti, dai quali non si evince un particolare peggioramento della qualità dell’aria" in relazione ad alcuni inquinanti specificamente indicati (CO, SO2, NO2 e HC1) – e, dunque, non a tutti – ma, nel contempo, dà atto che l’impianto è classificato in zona "dove i livelli degli inquinanti superano o sono altamente a rischio di superamento dei valori limite di legge", confermando la "criticità ambientale"; – il parere dell’ARPA Lazio impone l’espletamento di verifiche nonché monitoraggi. Si tratta, dunque, di un parere strettamente tecnico che – mediante gli aspetti problematici trattati – conferma, e certo non esclude, le "ricadute al suolo" e, dunque, la sussistenza del rischio ambientale; – la relazione ISPRA – risalente al 9 dicembre 2008 – riguarda la fase della sperimentazione (propriamente estranea al procedimento per il rilascio dell’AIA e della VIA avviato in data 10 febbraio 2009). Tale relazione dà conto: – di "criticità"; – della presenza non trascurabile di elementi pericolosi; – di "superamenti, rispetto al limite previsto per l’ammissibilità in discarica per rifiuti non pericolosi, per quanto attiene ai parametri Zn e DOC, mentre, con riferimento all’ammissibilità in discariche per rifiuti pericoli, per il solo DOC"; – valori di concentrazione rilevanti per composti con proprietà cancerogene; – un elevato contenuto di composti pericolosi.

In definitiva:

– la ricorrente non è stata in grado di rappresentare la commissione di specifici ed inequivoci errori nell’ambito della conferenza di servizi;

– per contro, risulta dimostrato che l’Amministrazione ha correttamente operato anche in ragione del principio di precauzione, stante la indefettibile necessità di tenere conto dei dati rilevati sia in ordine alla zona che in relazione all’attività da svolgere e della particolare rilevanza della presenza di rischi per la salute delle persone e per l’ambiente.

Per concludere, va ricordato – in linea con i rilievi delle parti resistenti – che, in casi del genere di quello in esame, è necessario prescindere da una generica accettabilità del progetto separata da valutazioni inerenti all’inserimento dello stesso in un peculiare contesto ambientale: posto che la finalità della VIA è proprio quella di apprezzare gli effetti che la realizzazione dell’opera è destinata ad avere sull’ambiente, considerando le caratteristiche specifiche dell’area sulla quale è prevista la realizzazione dell’opera, "anche in presenza dei più moderni accorgimenti tecnico – progettuali può non esservi… compatibilità ambientale fra un determinato progetto e l’area sulla quale l’opera è destinata ad essere realizzata" (cfr., tra le altre, C.d.S., Sez. VI, 4 aprile 2005, n. 1462).

In altre parole, si intende affermare che, in presenza di fattori di rischio già evidenziatisi in una determinata zona, il principio di precauzione assume maggiore consistenza, tanto da legittimare l’Amministrazione ad assumere la decisione di non aggravare la situazione mediante la realizzazione di un impianto che presenta chiare ed inequivoche problematiche per la sicurezza ambientale.

Posto che il caso in esame, rivela una situazione ambientale caratterizzata da profili di specifica e documentata sensibilità, anche la semplice "possibilità" di un’alterazione negativa del grado di inquinamento non può essere trascurata ed, anzi, assurge a valido motivo di opposizione alla realizzazione dell’attività.

Sotto questo profilo, la valutazione di impatto ambientale perde la sua natura di mero giudizio tecnico per assumere profili particolarmente intensi di discrezionalità amministrativa sul piano degli interessi pubblici in rilievo (cfr., tra le altre, C.d.S., n. 1462 già citata; C.d.S., Sez. VI, 30 gennaio 2004, n. 316), con la conseguenza che la scelta – in ultimo – effettuata di non sottoporre beni di primario rilievo costituzionale – quali la salute e l’ambiente – ad ulteriori fattori di rischio sfugge al sindacato giurisdizionale.

Può, pertanto, soltanto confermarsi quanto già in precedenza affermato: la nota dell’Area VIA ed anche il verbale della conferenza di servizi non si presentano irrazionali, in rapporto alla natura del giudizio in esame ed alla primarietà degli interesse tutelati.

In ragione di quanto rilevato, le circostanze evidenziate dalla ricorrente in ordine alla conformità dell’impianto a regole tecniche finisce con il perdere rilevanza, mentre – ai fine dell’attivazione di un eventuale riesame – non potrebbero che valere fattori storici e conoscitivi successivi all’intervento della conferenza di servizi oggetto di gravame.

3. Per le ragioni illustrate, il ricorso n. 7697/2010 va respinto.

Tenuto conto delle peculiarità che connotano la vicenda in esame, si ravvisano giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese di lite tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso n. 7697/2010, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa tra le parti le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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