Cass. civ. Sez. I, Sent., 27-01-2012, n. 1251 Dichiarazione di adottabilità

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale per i minorenni di Trieste, con sentenza n. 94 del 6.10.2010, dichiarava lo stato di adottabilità delle minori D. L.D. e M., nate rispettivamente il (OMISSIS), dai coniugi D.L.L. ed P.E., dei quali pronunciava la decadenza dalla potestà genitoriale, con inibizione delle visite con le figlie. Con sentenza del 27.01- 7.02.2011, la Corte di appello di Trieste, sezione per i minorenni, respingeva l’impugnazione proposta dal D.L. e dalla P. contro la sentenza di primo grado.

La Corte territoriale, premesso anche il richiamo al contenuto della sentenza appellata, riteneva:

in relazione al motivo di gravame inerente alla violazione dell’obbligo di audizione in primo grado delle minori e segnatamente di D.L.D., che tale obbligo presupponeva la maturità del minore, in genere coincidente con il compimento del dodicesimo anno di età, evento che per la figlia D. si sarebbe avverato solo nel (OMISSIS), e che, inoltre, la capacità di discernimento di entrambe le minori nel caso concreto era pregiudicata non solo dall’immaturità dell’età, ma anche dal ritardo psichico indotto dalla situazione di deprivazione familiare nella quale erano costrette a vivere dai loro genitori.

– che il TM aveva sia analiticamente descritto e compiutamente valutato il lungo percorso di sostegno attuato in favore del nucleo familiare e rimasto privo di risultati positivi, non per carenze professionali degli operatori, ma per la pervicace volontà elusiva della coppia, che non tollerava intromissioni nella sua sfera privata, e sia specificamente richiamato l’attento lavoro di analisi e sostegno del nucleo familiare, compromesso unilateralmente dal rifiuto degli odierni appellanti a farsi sostenere e guidare nello svolgimento della loro genitorialità.

– che i capitoli di prova orale proposti dagli appellanti riguardavano circostanze ininfluenti ai fini del fatto da dimostrare che a nulla rilevava che nel (OMISSIS) i genitori avevano curato la figlia facendola operare in (OMISSIS) e sopportando le relative spese, perchè quel che contava era accertare se(dieci anni dopo, le minori crescevano in un ambiente familiare sereno, che consentisse loro un normale sviluppo. che gli altri nove capitoli erano valutativi o irrilevanti o in aperto contrasto (assenza di violenze fisiche di cui al capitolo 7) con i risultati delle intercettazioni ambientali che offrivano la prova palpabile di uno stato non solo di abbandono, ma addirittura di maltrattamenti in famiglia al quale erano costantemente sottoposte le minori che le violenze fisiche erano ridotte a tre episodi (riportati nelle intercettazioni del 31-1-2010 ore 09,41; 3-2-2010 ore 07,37; 4- 2-2010 ore 16,45), ma la lettura della sintesi delle intercettazioni (cfr allegato alle richieste del PM depositate in data 5-2-2010) evidenziava che nel frangente la P. si era accorta di essere intercettata, in quanto si faceva riferimento ad una presunta intrusione di ladri che avrebbero spostato i mobili, inoltre per tutto il corso delle registrazioni la madre non faceva altro che ripetere alle bambine l’ordine di stare zitte, accompagnato da bestemmie, insulti, minacce solo parzialmente descritte nella sentenza impugnata e consultatali integralmente nel citato documento depositato dal PM specializzato che circostanza più inquietante era che la madre, pur sapendo di essere controllata, non si asteneva da insulti e minacce, proprio perchè li considerava normali e non si curava di nasconderli agli ascoltatori sconosciuti che quelle stesse intercettazioni evidenziavano l’infondatezza delle accuse di abusi sessuali (cfr sintesi della registrazione del 3-2-2010 ore 18,09), ma questa circostanza dimostrava ancor di più l’inadeguatezza genitoriale della P.; infatti, se la bambina aveva falsamente accusato la madre(lo aveva fatto per sottrarsi a quella situazione di insopportabilità della convivenza familiare, alla quale la P. costringeva le figlie sottoponendole a continue vessazioni che le bambine non erano state sentite dal giudice, ma i fatti allarmanti descritti nelle relazioni sociali non erano mai stati specificamente contestati dagli appellanti. che si erano limitati ad una sterile critica sul mancato sviluppo dall’inconsistente prova orale offerta. che il nucleo familiare era noto agli operatori sociali fin dal (OMISSIS) (cfr relazione 31-5-2002 fascicolo del PM) per l’anomala situazione di convivenza dei genitori con il marito della P.. che l’episodio avvenuto in pubblico alla stazione ferroviaria nel (OMISSIS). aveva nuovamente allertato i servizi sociali, che avevano proposto alla coppia, nel maggio di quell’anno, un efficace strumento educativo rappresentato dall’iscrizione all’asilo nido della primogenita, ma l’offerta Normalmente accolta dai genitori, non era stata attuata fino al settembre del (OMISSIS) e solo per pochi giorni, a causa del comportamento elusivo della coppia a qualsiasi intervento pubblico che fosse diverso dagli aiuti economici, i quali rappresentavano l’unico stimolo che induceva i genitori al contatto con la struttura sociale. che nel frattempo era nata (dopo due interruzioni volontarie di gravidanza) la secondogenita e la coppia aveva iniziato a risiedere con una certa stabilità nel (OMISSIS). che, infine, il Tribunale, nel novembre del 2006, aveva emesso un primo decreto di monitoraggio più incisivo, al quale avevano fatto seguito relazioni sempre più allarmanti sullo stato di sottosviluppo fisico e psichico delle minori che faticavano ad inserirsi nel contesto scolastico, non per una loro carenza fisica o psichica, ma per l’ambiente familiare nel quale stavano crescendo. che non appariva in sintonia con lo spirito collaborativo a ricevere l’aiuto dei servizi, apoditticamente professato dagli appellanti, lo sconcertante episodio relazionato in data (OMISSIS) dall’operatrice sociale domiciliare costretta ad assistere (insieme alle bambine) ad un imbarazzante litigio fra la P. e suo padre P. M., connotato da inusitata violenza fisica e verbale, accompagnata da accuse di infamanti abusi sessuali a carico del padre che dopo quell’episodio i servizi si erano visti costretti ad interrompere gli aiuti domiciliari e la P. aveva potuto godere di un breve periodo di riservatezza domestica, fino a quando la figlia D., non aveva mosso le sue false accuse di abusi sessuali, alle quali avevano fatto seguito le intercettazioni, che attestavano la situazione di maltrattamenti in famiglia. che dal (OMISSIS) le bambine erano state sottratte al loro stato di abbandono e stavano recuperando il loro ritardato sviluppo, determinato esclusivamente dai sistemi educativi della madre, ai quali il D.L. aveva prestato totale ed incondizionata adesione, assumendo di esserne l’ispiratore e l’ideatore, con specifica dichiarazione confessoria, resa al verbale d’udienza nel primo grado del giudizio. che il concorso morale al sistema educativo materno confessato dal padre trovava duplice riscontro autonomo esterno; il primo nelle intercettazioni ambientali, dalle quali emergeva che la madre faceva riferimento alla figura paterna quando impartiva ordini e minacce alle figlie, affermando esplicitamente che avrebbe riferito al D. L. delle loro manchevolezze in particolare al dovere di segretezza, sempre raccomandato dal padre, mentre l’altro riscontro era desumibile dalla partecipazione oggettiva e diretta alle deprivazioni patite dalle figlie (già manifeste nel (OMISSIS) all’epoca del primo decreto tribunalizio) nel periodo anteriore alla sua carcerazione iniziata nel marzo del 2008 che il solido materiale probatorio raccolto evidenziava un manifesto stato di abbandono, lumeggiato dalle palesi condizioni di deprivazione fisiopsichica delle minori.

Che le relazioni immediatamente successive all’ingresso in comunità delle bambine, veniva descritto un allarmante stato di denutrizione, trascuratezza igienica (le bambine non avevano mai fatto la doccia in vita loro), gravi turbe psicologiche (comportamenti smodatamente ipersessualizzati verso chiunque: coetanei e adulti di entrambi i sessi) e cattivi fondamenti educativi, insegnamenti su come rubare nei grandi magazzini) che erano il risultato dei sistemi educativi degli odierni appellanti che la situazione era irreversibile perchè i genitori neppure comprendevano le loro manchevolezze, limitandosi semplicemente ad ignorarle, mentre il costante miglioramento delle minori (ancorchè afflitte da notevoli criticità psicologiche) deponeva univocamente nel senso di un pregresso ambiente inadatto al loro sviluppo fisico e psichico che reinserire le minori in quello stesso ambiente, che le aveva ridotte in così gravi condizioni di salute fisica e psichica, avrebbe significato condannarle ad un nuovo processo involutivo del loro sviluppo, giacchè i loro genitori avevano dimostrato l’incapacità a gestire le figlie e non vi era alcuna remota speranza di miglioramento, perchè gli appellanti non riconoscevano alcuna carenza genitoriale e non potevano essere aiutati dai servizi a migliorare la loto responsabilità genitoriale, perchè essi neppure pensavano di dovere migliorare ritenendosi ottimi genitori che il nonno paterno risultava persona inadatta a prendersi cura delle bambine – che l’oggettiva irreversibilità della situazione di abbandono delle minori imponeva adesione alla richiesta del PG e del tutore delle minori con conferma dell’impugnata sentenza in ogni sua parte.

Avverso questa sentenza, notificata il 12.02.2011, il D.L. e la P. hanno proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, notificato a mezzo posta l’11 ed il 16.03.2011 all’A.S.S. n. 4 Medio Friuli ed al Comune di S. Giovanni al Natisone, ente affidatario delle minori, ed all’Avv.to M.M. tutrice delle medesime minori, la quale ha resistito con controricorso notificato il 12-14/15.04.2011 al PG% il giudice a quo, nonchè al D.L. ed alla P., nonchè ancora al Sindaco del Comune di S. Giovanni al Natisone ed all’A.S.S. n. 4 Medio Friuli. Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva.

Motivi della decisione

Preliminarmente va ritenuta la procedibilità del ricorso.

Sebbene il deposito nella cancelleria della Corte degli atti dei ricorrenti, compresa l’istanza di trasmissione del fascicolo d’ufficio, sia avvenuto dopo la scadenza del termine fissato dall’art. 369 c.p.c., comma 1, gli stessi possono giovarsi della rimessione in termini prevista dall’art. 184 bis c.p.c. (in tema, tra le altre, cfr cass. n. 14627 del 2010; n. 22245 del 2010; n. 19836 del 2011), applicabile ratione temporis, avendo dimostrato la non imputabilità del mancato tempestivo adempimento, in quanto dipeso dal denunciato furto degli atti di parte, avvenuto in pendenza di detto termine. A sostegno del ricorso il D.L. e la P. denunziano:

1. "Violazione dell’art. 12 delle norme della convenzione di New York del 20/11/1989, ratificata e resa esecutiva in Italia dalla L. n. 176 del 1991 in relazione anche alla L. 4 maggio 1983, n. 184, art. 10.", circa la mancata audizione in primo grado delle minori, che assumono immotivata, ed in appello giustificata con contraddittoria motivazione, deducendo anche che la figlia D., prossima ai 12 anni, era per il profilo psichico matura per essere ascoltata.

2. "Violazione dell’art. 183 c.p.c., comma 7", premesso che in primo grado è mancata la valutazione delle istanze istruttorie da loro dedotte, si dolgono dell’immotivato diniego di ammissione in appello dell’articolata prova testimoniale, inerente a circostanze volte secondo loro a smentire lo stato di abbandono delle figlie e di cui contestano la ritenuta irrilevanza.

3. "Violazione della L. n. 184 del 1983, art. 1 come sostituito dalla L. n. 149 del 2001.", in merito al desunto stato di abbandono delle minori ed ai dati valutati per l’adozione di questa conclusione.

I motivi, non soggetti ratione temporis alle prescrizioni imposte dal previgente art. 366 bis c.p.c., non meritano favorevole apprezzamento.

In tema di procedimento per la dichiarazione dello stato di adottabilità, la L. 4 maggio 1983, n. 184, art. 15, comma 2 nel testo novellato dalla L. 28 marzo 2001, n. 149, pone nel giudizio di primo grado (cfr cass. n. 14216 del 2010) l’obbligo di audizione del minore che abbia compiuto i 12 anni e anche del minore di età inferiore, in considerazione della sua capacità di discernimento; la nullità della sentenza conseguente alla violazione di tale obbligo può essere fatta valere nei limiti e secondo le regole fissate dall’art. 161 cod. proc. civ. e, dunque, è deducibile con l’appello e, se riscontrata, non implica la rimessione al primo giudice, esulando dalle ipotesi previste dall’art. 354 c.p.c.. Nella specie la Corte distrettuale si è attenuta a tali principi processuali e nel merito ha ineccepibilmente negato l’audizione delle minori, una volta verificato sia che entrambe all’epoca non avevano ancora compiuto i 12 anni e sia che non presentavano adeguata capacità di discernimento. A quest’ultimo riguardo ha chiarito, con argomentazioni esaurienti, logiche e non scalfite dalle generiche contrarie asserzioni, che le bambine si rivelavano immature per età e per ritardo psichico, che seppure non dovuto a loro carenze fisiche o psichiche da intendersi con evidenza genetiche, era stato indotto dalla situazione familiare di deprivazione.

Anche le valutazioni d’irrilevanza fai fini della dimostrazione della insussistenza e comunque del superamento della situazione di abbandono delle minori (nonchè di superfluità della prova testimoniale dedotta dagli appellanti, appaiono congruamente e logicamente sostenute in rapporto agli articolati capitoli, puntualmente esaminati, e, quindi, non censurabili).

Inoltre, in aderenza al dettato normativo ed alla relativa elaborazione giurisprudenziale, i giudici d’appello hanno irreprensibilmente espresso in relazione ai proposti motivi di impugnazione; le ragioni, solo genericamente avversate, della conferma della pronunzia di primo grado circa lo stato di abbandono delle minori, in modo che la decisione risulta corretta e fondata su percorso argomentativo appagante, giacchè la riaffermata conclusione si rivela correlata ad evidenziati plurimi e significativi elementi concreti realmente in grado di incidere negativamente sul processo di evoluzione fisica, psichica ed intellettuale delle medesime minori, atti ad impedirne una crescita serena ed un accudimento adeguato, quali emersi all’esito di un rigoroso accertamento. Conclusivamente il ricorso deve essere respinto.

Giusti motivi, essenzialmente desunti dalla natura e dalle peculiarità del caso, giustificano la compensazione per intero,tra le parti costituite, delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di legittimità.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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