Cass. civ. Sez. I, Sent., 27-01-2012, n. 1250

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale per i minorenni di Firenze, con decreto, immediatamente esecutivo, del 26.11-13.12.2010, accoglieva l’istanza proposta (tramite ricorso del PM in data 19.08.2010), ai sensi della L. 15 gennaio 1994, n. 64, art. 7 e della Convenzione de l’Aja del 25 ottobre 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori, ratificata e resa esecutiva dalla citata L. n. 64 del 1994, da R.M.T., residente a (OMISSIS), disponendo che il minore R.N.S., nato a (OMISSIS), figlio dell’istante e dell’ex moglie .

M.K.J., facesse ritorno immediato in (OMISSIS), presso il padre.

Il Pm aveva chiesto di disporre l’ordine di restituzione o comunque il ripristino del violato diritto paterno di visita.

La vicenda trae origine dall’iniziativa assunta dalla M. di trasferire e trattenere il figlio minore in Italia, dal 11 marzo del 2010.

Il Tribunale per i minorenni di Firenze, sentiti in camera di consiglio i genitori del bambino ed i loro difensori, letti i documenti e le memorie, riteneva illegittimo il trasferimento in Italia del minore, osservando e ritenendo:

che con sentenza del 12.5 – 7.06.2009, pronunciata su istanza della M., il Tribunale regionale di Poznan (Polonia) aveva dichiarato lo scioglimento del matrimonio contratto il (OMISSIS) dai genitori del minore, adottando le seguenti statuizioni; affida l’esercizio della potestà parentale del minore figlio delle parti S.R., nato il (OMISSIS), all’attrice (cioè alla madre) riservando al convenuto il diritto di decidere insieme alla madre dei più importanti problemi di vita relativi al figlio nonchè il diritto di visita nei termini stabiliti di comune accordo dalle parti". che il bambino, nato in (OMISSIS), era in pratica sempre vissuto in quel paese, a parte un breve periodo trascorso in Italia nella seconda metà dell’anno 2004, ed inoltre era stato iscritto il (OMISSIS) alla scuola elementare di (OMISSIS), nel periodo antecedente il suo trasferimento in Italia, e viveva con la madre mentre il padre gli faceva visita che dall'(OMISSIS) la M. (secondo quanto anche da lei dichiarato) era venuta da sola in Italia lasciando il bambino al padre, cui aveva anche consegnato le chiavi della propria casa, affinchè potesse viverci con il figlio, dal momento che l’ex coniuge disponeva di un’abitazione di dimensioni insufficienti che una volta tornata in patria la M. aveva ripreso a vivere nella sua casa con il figlio, l’ex marito le aveva riaffidato il bambino, lasciandolo presso amici comuni, e poi continuato a fare visita al figlio, secondo quanto previsto che la M. aveva sostenuto di avere anche in precedenza, tra la fine di settembre ed i primi di (OMISSIS), lasciato il bambino con il padre per una decina di giorni che il (OMISSIS) la M. era improvvisamente partita dalla (OMISSIS), recando con sè il figlio, senza il consenso del padre e senza un provvedimento giudiziario che a tanto l’autorizzasse che attualmente la M. viveva con un nuovo compagno in (OMISSIS) ed il figlio era stato iscritto ad una scuola (OMISSIS) che al momento del trasferimento in Italia la M. era in attesa di un secondo figlio, poi nato il (OMISSIS) che il (OMISSIS) si era svolto un incontro, autorizzato dal TM e protetto, tra il R. ed il figlio, durante il quale il bambino era corso ad abbracciare il padre e non aveva manifestato alcun disagio verso di lui che non dovesse procedersi all’audizione del minore, chiesta dalla difesa della madre ed alla quale il difensore del padre si era opposto, dal momento che:

a) il bambino aveva 8 anni e dunque un’età che rendeva improbabile che egli avesse maturato un sufficiente discernimento;

b) il fatto che da ultimo avesse vissuto sempre con la madre lo poneva in situazione psicologica tale da non rendere attendibile l’eventuale suo desiderio di restare in Italia;

c) soprattutto l’audizione appariva pregiudizievole per il minore stesso, che ancora in tenera età, senza essere dotato di strumenti adeguati, si sarebbe sentito investito della per lui enorme responsabilità di concorrere a determinare con le sue dichiarazioni una decisione favorevole all’uno o all’altro dei genitori, con conseguente inevitabile riconduzione a sè della causa della sofferenza di uno dei due e connessi presumibili fortissimi sensi di colpa;

che nel merito ricorrevano i presupposti per ordinare il rimpatrio del minore che in primo luogo era indubbio che al marzo (OMISSIS), il minore avesse in (OMISSIS), ove era sempre vissuto, a parte un breve periodo nella metà del (OMISSIS), la sua residenza abituale (preambolo ed art. 4 della Convenzione dell’Aja del 25.10.1980), ossia che avesse in quel paese il centro dei propri legami, non solo parentali, ma anche di amicizia, scolastici, di svolgimento della sua quotidiana vita di relazione che quanto all’illiceità del trasferimento del minore (art. 3 della Convenzione dell’Aja), per effetto del sopra menzionato provvedimento di divorzio, la M. non poteva considerarsi affidataria esclusiva del bambino e libera di trasferirne la residenza senza il consenso del padre, nè quest’ultimo era stato privato della potestà sul figlio, ma conservava il diritto dovere di partecipare insieme alla madre alle scelte di maggiore interesse per la vita del minore, tra cui rientrava, anche alla luce della giurisprudenza polacca, la decisione di trasferire il bambino in Italia, implicante una scelta di estrema rilevanza nella sua vita che rispetto alla normativa italiana la condizione della madre si avvicinava a quella di un genitore collocatario in situazione assimilabile all’affidamento condiviso che il trasferimento del minore non poteva ritenersi avvenuto in stato di necessità, tale stato non essendo riconducibile nè alla scelta materna di partorire in Italia il secondo figlio nè correlabile a fondati timori connessi a contegni o all’indole del R. che non emergeva in termini chiari che il R. avesse mostrato un’indole violenta e/o un atteggiamento volutamente persecutorio nei confronti della moglie, segnatamente in data antecedente il loro divorzio, e che d’altra parte il fatto che successivamente e per circa tre mesi la M. gli avesse lasciato il bambino lasciava pensare che anche per lei fosse un padre idoneo che del pari non poteva ritenersi ostativo all’ordine di rimpatrio del minore il fatto che in (OMISSIS) non si sarebbe potuta ristabilire la sua precedente situazione, ossia la prevalenza di vita con la madre ormai stabilitasi in Italia, posto anche che una volta ripristinata la legalità violata, sarebbe spettato al Tribunale polacco decidere, sulla base dell’evoluzione della situazione, se dichiarare la decadenza defila potestà della madre, come il padre aveva nelle more chiesto, o invece, per il futuro autorizzare legalmente la madre a trasferire S. in Italia.

Contro questo decreto la M. ha proposto ricorso per cassazione affidato a sette motivi, notificato il 26.12.2010 al R., che non ha opposto difese. All’udienza pubblica del 5.07.2011 la causa è stata rinviata a nuovo ruolo per l’integrazione necessaria del contraddittorio nei confronti del PM presso il Tribunale per i minorenni di Firenze, incombente cui la ricorrente ha provveduto nel termine assegnatole.

Motivi della decisione

A sostegno del ricorso la M. denunzia:

1. "Violazione e falsa applicazione della L. n. 64 del 1994, art. 7 laddove si è inteso ripristinare un diritto di affidamento che non esisteva nè in diritto nè in fatto".

Censura:

che non si sia indicato specificamente dove il minore sarebbe andato a vivere che, poichè in diritto il padre era titolare del solo diritto di visita ed in fatto l’ambiente paterno non era mai stato quello del minore, si sia illegittimamente violata la situazione di diritto e determinato un nuovo assetto giuridico che l’eventuale violazione del solo diritto del padre di partecipare alla decisione sul trasferimento del figlio non avrebbe consentito l’adozione dell’avversata pronuncia;

2. "Violazione delle norme sulla competenza e sulla giurisdizione".

Sostiene che il rimpatrio del minore comporta di fatto la modifica delle disposizioni inerenti al suo affidamento, già stabilite dal tribunale di Poznon effetto non devoluto alla competenza giurisdizionale del TM e non conseguibile con rito sommario.

3. "Omessa o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio consistente nell’idoneità in concreto di collocazione di lunga durata del minore lontano dalla madre".

Sostiene che non si sono esaminate le condizioni di vita del minore una volta rimpatriato e che è mancata sul punto una doverosa, piena istruttoria, non consentita dal procedimento.

4. "Violazione e falsa applicazione della L. n. 64 del 1994, art. 7 alla luce dell’art. 12 Convenzione New York 1989, degli artt. 3, 6 e 12 della Convenzione di Strasburgo del 25 gennaio 1996 sull’esercizio dei diritti dei bambini ratificata in Italia con L. n. 77 del 2003, dell’art. 13, commi 1 e 2 Convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980 recepita in Italia con L. n. 64 del 1994 e art. 11 comma 2 Re CE 2201/2003 sotto il profilo del mancato ascolto del minore". 5. " Omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo del giudizio ovvero circa l’inopportunità dell’ascolto del minore". 6. "Violazione e falsa applicazione dell’art. 12 Convenzione New York 1989, artt. 3, 6 e 12 della Convenzione di Strasburgo del 25 gennaio 1996 sull’esercizio dei diritti dei bambini ratificata in Italia con L. n. 77 del 2003, dell’art. 13, commi 1 e 2 Convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980 recepita in Italia con L. n. 64 del 1994, e art. 11, comma 2 Re CE 2201/2003 sotto il profilo del mancato accertamento della sufficiente maturità del minore." 7. "Nullità del decreto e del procedimento".

Sostiene che l’omesso ascolto del minore, se non "parte processuale" almeno "parte sostanziale" del procedimento, seppure caratterizzato dall’urgenza e dalla finalità ripristinatoria, ha comportato la violazione del diritto di difesa del minore stesso, di cui il principio del contraddittorio è il maggiore corollario, violazione da sanzionare con la nullità assoluta dell’impugnato provvedimento conclusivo.

Il primo motivo del ricorso è fondato; al relativo accoglimento nei sensi in prosieguo precisati, segue anche l’assorbimento di tutte le ulteriori censure.

Giova premettere (per quanto in questa sede rileva, che la Convenzione dell’Aja del 1980, sugli aspetti civili della sottrazione internazionale dei minori, dispone:

– all’art. 1 che "La presente Convenzione ha come fine:

a) di assicurare l’immeditato rientro dei minori illecitamente trasferiti o trattenuti in qualsiasi Stato contraente;

b) di assicurare che i diritti di affidamento e di visita previsti in uno Stato contraente siano effettivamente rispettati negli altri Stati contraenti".

– all’art. 3 che "Il trasferimento o il mancato rientro di un minore è ritenuto illecito:

a) quando avviene in violazione dei diritti di custodia assegnati ad una persona … congiuntamente o individualmente, in base alla legislazione dello Stato nel quale il minore aveva la sua residenza abituale immediatamente prima del suo trasferimento o del suo mancato rientro e:

b) se tali diritti sono effettivamente esercitati, individualmente o congiuntamente, al momento del trasferimento del minore o del suo mancato rientro, o avrebbero potuto esserlo se non si fossero verificate tali circostanze." – all’art. 13 che nonostante le disposizioni del precedente articolo, l’Autorità giudiziaria o amministrativa dello Stato richiesto non è tenuta ad ordinare il ritorno del minore qualora la persona, … che si oppone al ritorno, dimostri:

a) che la persona … cui era affidato il minore non esercitava effettivamente il diritto di affidamento al momento del trasferimento o del mancato rientro.

Sul tema va ribadito:

che la Convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980 ha la finalità di tutela dell’interesse del minore dal pregiudizio derivante dai trasferimenti indebiti, che il suo scopo è la reintegrazione della situazione di fatto in cui viveva il minore stesso prima dell’illecita sottrazione (cfr. cass. 2954 del 1998; n. 6235 del 1998, n. 9501 del 1998; n. 3701 del 2000, n. 2748 del 2002; n. 5944 del 2003; n. 19544 del 2003; n. 16831 del 2006; n. 5236 del 2007).

– che qualora sia chiesta la reintegrazione della situazione di fatto anteatta, l’eventuale provvedimento giurisdizionale straniero concernente l’affidamento assume rilievo esclusivamente quale mero elemento integrante detta situazione di fatto (cfr. cass. n. 2954 del 1998; n. 6235 del 1998: n. 501 del 1998; n. 3701 del 2000; n. 2748 del 2002; n. 5944 del 2003; n. 19544 del 2003; n. 16831 del 2006; n. 5236 del 2007). che compito del giudice di merito è quello di accertare la sussistenza dei requisiti per ritenere illecito il trasferimento o il mancato rientro del minore alla stregua di quanto previsto dall’art. 3 di detta Convenzione, a tenore del quale, a tale scopo, occorre che questi siano avvenuti in violazione dei diritti di custodia spettanti in base alla legislazione dello Stato in cui il minore ha la residenza abituale, ed inoltre che detti diritti siano effettivamente esercitati (da ultimo, cfr cass. n. 277 del 2011). che a tal fine, per il caso di titolarità congiunta dei diritti di custodia del minore, si deve verificare se il genitore che ne lamenta la violazione li abbia in concreto esercitati e cioè se l’iniziativa del trasferimento all’estero non solo abbia arbitrariamente variato il luogo di residenza del minore prima concordato con l’altro genitore, ma abbia anche pregiudicato il rapporto di effettiva cura del minore da parte del genitore coaffidatario, impedendogli di continuare a soddisfare le molteplici esigenze fondamentali del figlio e, a quest’ultimo, di mantenere consuetudini e comunanza di vita con lui, ancorchè in misura inferiore rispetto all’altro genitore. Altrimenti, l’ordine di ristabilimento della custodia verrebbe indebitamente ad integrare tutela del solo diritto del genitore di stabilire o concordare la residenza del minore, violato a seguito del trasferimento illegittimo, e si risolverebbe in un non consentito ampliamento delle modalità concrete di esercizio del diritto di custodia, con sostanziale modifica ampliativa del regime di affidamento e delle precedenti condizioni di vita quotidiana del minore stesso (cfr cass. n. 12293 del 2010). che per le vicende relative alla sottrazione internazionale di minori la Convenzione de L’Aja 25 ottobre 1980 traccia percorsi assai differenti in ragione della (diversa) natura del diritto del genitore che si assume leso, nel senso che, in caso di violazione del diritto di custodia, attribuito al medesimo genitore in via esclusiva o congiunta, va ripristinata la situazione preesistente alla sottrazione, consentendo al minore di tornare a vivere con il genitore al quale è stato illecitamente sottratto, laddove, nel caso in cui sia compromesso il diritto di visita del genitore non affidatario, difettando il presupposto dell’illiceità del trasferimento ai sensi dell’art. 5 della Convenzione stessa, va garantita a quest’ultimo, con l’ausilio dell’autorità centrale, l’effettività dell’esercizio del suo diritto, anche attraverso una nuova definizione dei suoi rapporti con il figlio, alla luce del diverso contesto ambientale in cui egli si sia trasferito (cfr cass. n. 14960 del 2006).

– che il trasferimento all’estero o il mancato rientro in Italia di minori figli di genitori separati o divorziati non è qualificabile come illecita sottrazione all’altro genitore, allorchè l’allontanamento avvenga ad opera dell’affidatario, con la conseguenza che in tale ipotesi è inapplicabile la Convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980 (in tema, cfr SU n. 22238 del 2009), Ciò premesso, l’impugnato decreto non si rivela aderente al dettato normativo ed ai richiamati principi di diritto. Il TM, pur avendo accertato in fatto che il minore sin dall’epoca del divorzio dei genitori, conviveva con la madre e che il padre si era limitato a fargli visita, salvo che nei brevi periodi di permanenza della prima in Italia, durante i quali peraltro padre e figlio avevano convissuto nell’abitazione materna e dopo i quali le frequentazioni paterne avevano riassunto l’originario limitato assetto, e, dunque, circostanze fattuali arte ad escludere il presupposto legittimante l’ordine di rimpatrio, ha, invece, accolto la domanda, valorizzando essenzialmente ed indebitamente, oltre ai legami affettivi ed alle consuetudini di vita all’estero del minore, rilevanti per il diverso profilo della competenza giurisdizionale, le statuizioni giudiziarie sull’affidamento, adottate in sede di divorzio dall’autorità estera, al riguardo pure discostandosi dal loro tenore letterale, per il quale al padre spettava solo il diritto di visita del figlio, e dando preminente rilievo alla disposta riserva al R. del diritto di decidere insieme alla M. dei più importanti problemi di vita relativi al figlio, ricomprendendovi il trasferimento all’estero della sua residenza, espressa limitazione che di per sè sola, secondo i canoni interni ( art. 155 c.c., comma 3, art. 155 bis c.c. e L. n. 54 del 2006, art. 4, comma 2), non consentiva nemmeno di attendibilmente assimilare il disposto regime a quello dell’affidamento condiviso, in luogo di quello ad un solo genitore, evidenziato dal testo della decisione.

Conclusivamente si deve accogliere il primo motivo di ricorso, dichiarare assorbiti tutti gli altri motivi, cassare il decreto impugnato e poichè non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, respingere la domanda di rimpatrio del minore, con decisione della causa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2.

Giusti motivi, essenzialmente desunti dalla natura e dal contenuto della controversia, giustificano la compensazione integrale delle spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri motivi, cassa il decreto impugnato e decidendo nel merito, respinge la domanda di rimpatrio del minore. Compensa tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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