T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 07-10-2011, n. 7815 Demolizione di costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato all’Amministrazione comunale di Roma in data 20 dicembre 2010 e depositato il successivo 14 gennaio, si espone che dei ricorrenti rispettivamente padre, madre e figlio, quest’ultimo è nudo proprietario di un terreno per atto notarile del 18 novembre 2008; come risulta dal rogito sul terreno insiste anche una abitazione composta da piano terra e sottostrada con attiguo piccolo magazzino. Con lo stesso atto notarile il padre, in regime di separazione di beni dalla moglie, trasferiva il diritto di usufrutto vitalizio del medesimo terreno alla consorte, seconda ricorrente, la quale, a sua volta, in qualità di usufruttuaria unitamente al figlio nudo proprietario, gliene concedeva l’affitto unicamente per la destinazione di orto domestico, con scrittura privata del 6 ottobre 2009.

Espongono ancora che successivamente il padre, senza richiedere alcuna autorizzazione, dava inizio alla costruzione sul fondo dell’opera oggetto del provvedimento impugnato, che intendeva adibire a deposito e ricovero attrezzi per l’attività agricola sul terreno preso in affitto dalla moglie.

A seguito di sopralluogo a cura dell’U.O.T del XIX Municipio in data 3 dicembre 2009 veniva disposto il sequestro a carico del padre relativamente all’opera realizzata, dopo di che tutti e tre si vedevano notificare la determinazione di demolizione del manufatto realizzato, meglio oltre indicato ed avverso la quale i ricorrenti insorgono, deducendo:

– violazione e/o falsa applicazione dell’art. 15 della L.R. Lazio 11 agosto 2008, n. 15 e dell’art. 31 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380; eccesso di potere per contraddittorietà, inesistenza e/o erroneità dei presupposti.

– violazione degli articoli 1, 7 e 8 della legge 7 agosto 1990, n. 241, violazione dei principi del giusto procedimento, trasparenza, imparzialità e partecipazione.

Concludono con istanza di sospensione dell’efficacia del provvedimento impugnato e chiedendo l’accoglimento del ricorso proposto.

L’Amministrazione comunale si è costituita in giudizio, producendo una compiuta relazione sulla vicenda.

Alla Camera di Consiglio del 3 febbraio 2011 l’istanza cautelare è stata accolta limitatamente, in ordine alla paventata acquisizione dell’intero lotto al patrimonio comunale ed il ricorso è stato rinviato alla pubblica udienza del 7 giugno 2011, alla quale, infine, è stato trattenuto in decisione.

Motivi della decisione

1.Il ricorso è infondato e va pertanto respinto.

Con esso gli interessati impugnano la determinazione con la quale Roma Capitale – Municipio XIX ha ingiunto loro la demolizione di "manufatto in muratura in corso d’opera composto da piano seminterrato di mt. 12,00 x 9,00 x 2,60 circa coperto a solaio in c.a. e tegole. Internamente tutto al grezzo con tramezzature in forati al piano rialzato e controtelai in ferro alle finestre, esternamente intonacato e verniciato", in assenza di titolo abilitativo. Il Comune comminava pure il ripristino dei luoghi con l’avvertenza che in caso di inottemperanza l’intero lotto di mq. 960 sarebbe stato acquisito gratuitamente al patrimonio comunale, senza pregiudizio dell’azione penale e ponendo a carico di tutti e tre i ricorrenti sia la demolizione sia le spese della demolizione di ufficio, oltre che l’eventuale acquisizione del fondo in caso di inottemperanza.

2. Premesso che i ricorrenti sono padre, nonché in rapporto di affitto per il suolo con la moglie, madre usufruttuaria vita natural durante del ridetto suolo donato dal padre al figlio e concedente del suolo rispetto al marito; e figlio, nonché nudo proprietario del ridetto suolo sul quale l’abuso è stato realizzato, i predetti lamentano quanto segue.

2.1 Con la prima censura essi fanno valere che il provvedimento impugnato sarebbe illegittimo sotto il profilo del minacciato effetto acquisitivo anche nei confronti del nudo proprietario, atteso che quest’ultimo, come pure la madre, è completamente estraneo al manufatto realizzato dal padre, mentre l’art. 15, comma 5 della L.R. Lazio n. 15 del 2008 impedisce che si possa dar luogo alla acquisizione dell’area in caso di opera abusiva, laddove il proprietario non sia responsabile dell’abuso. Anche dalle dichiarazioni dei verbalizzanti risulta che alla data dell’accertamento del 3 dicembre 2009 "da un sopralluogo effettuato circa tre mesi fa in un lotto adiacente, l’abuso in oggetto non era ancora realizzato", con ciò dimostrandosi che l’abuso è stato, appunto, realizzato dall’affittuario del terreno e non dal nudo proprietario né, tanto meno, dalla usufruttuaria.

La doglianza non può essere condivisa.

L’art. 15 della L.R. Lazio n. 15 del 2008, che sul punto riprende in maniera pedissequa l’art. 31, comma 2 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 consente all’Amministrazione comunale, una volta accertata l’esecuzione di interventi in assenza di permesso, – come è quello in esame – in totale difformità dal medesimo, ovvero con variazioni essenziali, determinate ai sensi dell’articolo 32, di ingiungere al proprietario e al responsabile dell’abuso la rimozione o la demolizione, indicando nel provvedimento l’area che viene acquisita di diritto, ai sensi del successivo comma 3.

Sotto il profilo soggettivo dunque l’ingiunzione appare sprovvista degli aspetti di illegittimità dedotti, posto che essa colpisce non solo il figlio e nudo proprietario del bene e la madre che gode dell’usufrutto vita natural durante, soggetti che, pur essendo titolari di diritti reali sul bene non ne hanno svolto alcuna modificazione, ma anche il responsabile dell’abuso cioè il padre e affittuario del terreno. E che questi sia il responsabile dell’abuso si ricava pure da una dichiarazione in data 5 agosto 2010 esibita in atti dal Comune e dalla quale si evince che egli ha realizzato il manufatto in economia, lavorandoci personalmente e per consentire al figlio di avere una abitazione.

Ma il provvedimento appare corretto anche sotto altro profilo. La circostanza che nella determinazione impugnata vi sia la indicazione dell’area da acquisire risponde alla lettera alla norma ivi riportata, sempre l’art. 15 della L.R. Lazio sopra citata, stante il cui primo comma l’ingiunzione di demolizione, rivolta al proprietario ed al responsabile dell’abuso, deve recare pure l’indicazione "dell’opera e dell’area che vengono acquisite di diritto nel caso previsto dal comma 2" e cioè se il responsabile dell’abuso non esegue la demolizione o il ripristino dello stato dei luoghi nel termine di novanta giorni, pure del tutto correttamente comminato dall’Amministrazione comunale. In ogni caso prodromico all’acquisizione è l’atto di accertamento dell’inottemperanza, nel quale viene indicata precisamente l’area da acquisire al patrimonio comunale rispetto al quale, nel caso in esame, si è ancora in una fase del tutto preliminare.

2.2 Con la seconda censura gli interessati sostengono che il Comune non ha dato nessuna comunicazione del procedimento in questione, né ha giustificato tale mancanza adducendo particolari esigenze di celerità. Non può neppure essere invocato l’art. 21 octies della legge n. 241 del 1990, perché se i ricorrenti fossero stati messi in condizione di proporre le proprie deduzioni avrebbero potuto dimostrare l’intenzione di produrre domanda ex art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001, laddove ai sensi della citata norma di cui all’art. 21 octies l’Amministrazione non ha neppure dimostrato in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.

La censura non può essere condivisa.

L’Amministrazione comunale ha, infatti, prodotto in atti la comunicazione di avvio del procedimento sanzionatorio ai sensi dell’art. 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241 e s.m.i., ricevuta dal genitore del primo ricorrente in data 31 luglio 2010 ed in esito alla quale egli ha, appunto, rappresentato l’esigenza sottostante alla realizzazione del manufatto abusivo.

Cade, quindi, anche l’aspetto della doglianza con il quale gli interessati fanno valere la violazione dell’art. 21 octies della ridetta norma sul procedimento, dal momento che, con tale produzione, l’Amministrazione ha dimostrato che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello adottato, sempre ferma restando la giurisprudenza del Collegio stante la quale, quand’anche la comunicazione di avvio del procedimento fosse mancata, a fronte di provvedimenti vincolati, come sono le ordinanze di demolizione, non sono predicabili utili apporti degli interessati opponibili in sede di risposta alla comunicazione ex art. 7/L. n. 241 (TAR Lazio, sezione I quater, 10 dicembre 2010, n. 36046).

3. Per le superiori considerazioni il ricorso va respinto in ogni sua parte.

4. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna i ricorrenti A.P., M.C. e E.P. al pagamento di Euro 1.500 per spese di giudizio ed onorari a favore di Roma Capitale.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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