Cass. civ. Sez. I, Sent., 27-01-2012, n. 1245 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con decreto emesso il 7 aprile 2008 la Corte d’appello di Roma condannava la Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento della somma di Euro 6000,00 in favore di C.C. e di ciascuno degli altri 50 ricorrenti indicati in epigrafe, a titolo di equa riparazione, ex art. 6, paragrafo 1 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, per la violazione, di sei anni, del termine ragionevole dei due gradi del processo da essi promosso dinanzi al Tar nei confronti del Ministero della Giustizia per ottenere la rivalutazione monetaria e gli interessi legali sul compensi tardivamente percepiti a seguito dell’inquadramento definitivo nelle qualifiche professionali; con gli interessi legali dalla data del decreto e la rifusione delle spese di giudizio liquidate in complessivi Euro 7.280,00 di cui Euro 6.330,00 per diritti ed onorari, oltre gli accessori di legge, da distrarre in favore dei due difensori antistatari.

Avverso il provvedimento non notificato, i suddetti soggetti proponevano ricorso per cassazione notificato l’8 giugno 2009 deducendo, in due motivi, l’erronea decorrenza degli interessi dalla data della decisione, anzichè della domanda, nonchè la liquidazione riduttiva delle spese processuali poste a carico della Presidenza del Consiglio dei Ministri soccombente.

Quest’ultima non si costituiva in giudizio.

All’udienza del 28 novembre 2011 il Procuratore generale ed il difensore precisavano le rispettive conclusioni come da verbale, in epigrafe riportate.

All’esito della deliberazione in camera di consiglio, il collegio disponeva la redazione della motivazione in forma semplificata.

Motivi della decisione

E’ fondato il primo motivo relativo alla decorrenza degli interessi che, come in tutti i giudizi di condanna al pagamento di una somma a titolo indennitario per un’obbligazione ex lege ( art. 173 cod. civ.), va fissata a partire dalla data della domanda.

Il decreto impugnato deve essere quindi cassato in parte qua e in assenza della necessità di ulteriori accertamenti di fatto va riformato nel merito, con la condanna della Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento della sorte-capitale di Euro 6000,00 per ciascuno dei ricorrenti, con gli interessi legali dalla domanda.

L’accoglimento del predetto motivo comporta l’assorbimento dell’ultima censura, riguardante il regolamento delle spese processuali ( art. 336 c.p.c., comma 1).

Le stesse vanno quindi liquidate, come in dispositivo, sulla base del valore della causa ritenuto in sentenza e della semplicità delle questioni trattate; e compensate per la metà, in ordine alla fase di legittimità, tenuto conto dell’accoglimento solo parziale del ricorso.

Al riguardo, occorre rilevare, in punto di diritto, che nel proporre frazionatamente numerosi ricorsi aventi eguale oggetto e contenuto, fondati come sono sulla medesima violazione del termine ragionevole di un unico processo promosso dinanzi al Tar e proseguito poi in secondo grado dinanzi al Consiglio di Stato, le parti hanno commesso un evidente abuso del processo, dilatando, senza necessità alcuna, gli oneri processuali fino al provvedimento di riunione ex art. 74 cod. proc. civ. (Cass. sez. unite, 15 Novembre 2007 n. 23.726).

Pertanto sin dall’inizio – e non solo dalla riunione, secondo la regola di cui al D.M. 8 aprile 2004, n. 127, art. 5, comma 4, applicabile agli ordinari casi di connessione di cause pendenti dinanzi al medesimo giudice ( art. 274 cod. proc. civ.) – si deve procedere alla liquidazione di un’unica voce di onorari, così come di diritti, come correttamente ritenuto già dalla Corte d’appello di Roma (Cass., sez. 1, 3 maggio 2010, n. 10634).

P.Q.M.

– Accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato nei sensi di cui in motivazione e, decidendo nel merito, condanna la Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento dalla data della domanda degli interessi legali sulla somma di Euro 6000,00 liquidata dalla Corte d’appello di Roma a ciascuna delle parti ricorrenti;

– condanna la Presidenza del Consiglio dei Ministri, con distrazione in favore degli avv. Ferdinando Emilio Abbate e Giovambattista Ferriolo, alla rifusione delle spese del primo grado, liquidate in complessivi Euro 6.550,00, di cui Euro 5.450,00 per diritti ed Euro 1000,00 per onorari, oltre le spese generali e gli accessori di legge, nonchè, con distrazione in favore dell’ avv. Ferdinando Emilio Abbate di metà delle spese del giudizio di cassazione, frazione liquidata in complessivi Euro 950,00, di cui Euro 900,00 per onorari, oltre le spese generali e gli accessori di legge, con compensazione della residua metà.

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